
Governo
Salvini, l’ingegnere immaginario
Appunti tragicomici dal Ministero dei Trasporti
Nota dell’autore: questo è un testo satirico. Ogni episodio, dichiarazione o dettaglio qui riportato è frutto di invenzione narrativa. Ma non del tutto improbabile.
Nel corridoio del Ministero dei Trasporti c’è un plastico del ponte sullo Stretto costruito con i Lego. Nessuno l’ha mai toccato. Nessuno sa chi l’abbia portato. Qualcuno, sottovoce, dice che sia opera del Ministro. Una notte d’ispirazione. Mattoncino dopo mattoncino.
Matteo Salvini governa le infrastrutture come si organizza una sagra di paese. Entusiasmo, volantini, elmetto in testa e taglio del nastro. Il suo piano strategico sembra avere due certezze, una rotatoria ogni due settimane. Una diretta ogni tre giorni. Quando può, inaugura entrambe insieme. La comunicazione prima della circolazione.
Nel suo ufficio, tra un bandierone e un santino, c’è una cartina dell’Italia dove la Sicilia è più grande della Lombardia. L’ha definita una “scelta di comunicazione meridionalista”. Nessuno ha osato contraddirlo.
Il progetto del ponte sullo Stretto va avanti da mesi, dice lui. Non si vede, ma va avanti. Esiste un “gruppo operativo” — parola sua — composto da un geometra in pensione, due influencer calabresi e un signore che ha costruito treni in miniatura per quarant’anni. Tutti volontari. Tutti patrioti. Nessuno ingegnere.
Durante l’emergenza treni dell’autunno, ha convocato un vertice urgente. La soluzione, si è capito, non stava nei binari, ma nei simboli. Rilanciare il treno come bandiera nazionale. Un’idea che ha portato a proposte di nuova denominazione: Freccia Tricolore. Rotaia Sovrana. Binario della Libertà. Il patriottismo scorre sui binari. Magari in ritardo, ma con orgoglio.
Nei G7 dei trasporti chiede se può presentarsi in divisa da capotreno. Quando gli rispondono “non è previsto”, arriva con il fischietto. E lo usa.
In un momento particolarmente creativo ha immaginato di rendere obbligatoria una bandiera italiana sul parabrezza di ogni mezzo pubblico. La motivazione ufficiale: senso di appartenenza. Quella reale. Piace a lui.
Nel frattempo, treni soppressi. Autobus spariti. Strade dimenticate. Ma Salvini taglia nastri, abbraccia sindaci, saluta con il cuore. Ogni volta che un’opera viene rimandata, ripete che è colpa della burocrazia. Ma siamo a buon punto. Sempre.
Il Ministro dei Trasporti non ama governare. Ama essere visto mentre sembra governare. È l’uomo che dà l’impressione che qualcosa stia accadendo, anche quando tutto è fermo. È una cerimonia in movimento. Un’infrastruttura di entusiasmo. Una diretta con retromarcia.
E poi c’è il Viminale. Il suo primo amore. Lì, dicono, ci torna ancora. In incognito. Quando sa che il Ministro dell’Interno è in trasferta. Arriva con un cappellino da baseball, chiede “un caffè al distributore” e poi si infila lungo i corridoi. Una volta ha lasciato un bigliettino sulla scrivania: “Torniamo presto. Abbiamo solo preso il Telepass.” Firmato: Nessuno. Un’altra volta ha cambiato la suoneria dell’interfono. Al posto del bip, partiva l’inno di Mameli. Solo il primo verso. Poi una voce che diceva: “Matteo c’è.” L’hanno scoperto. Ma non hanno fatto in tempo a ripristinare nulla. Il Ministro era già tornato al MIT. Con un sorriso soddisfatto e una brioche in tasca.
Ogni tanto, ai suoi collaboratori, dice a mezza voce: “Il ponte sullo Stretto va bene, ma il mio vero progetto è tornare di là.” E con “di là” non intende Dio. Intende il Viminale.
Ogni tanto, quando l’agenda lo consente, si ferma davanti al plastico di Lego. Sposta un mattoncino. Lo guarda da lontano. E dice, tra sé e sé: “Avanti tutta.”
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