Governo
Salvini, i lenzuoli e Martin Luther King
La campagna elettorale di queste Europee sarà sicuramente ricordata per la protesta dei lenzuoli contro i comizi di Matteo Salvini.
Iniziata in modo spontaneo è stata paradossalmente rilanciata dalla sua repressione.
Il 13 maggio i vigili del fuoco hanno rimosso uno striscione su una casa di Brembate, in provincia di Bergamo, e da quel giorno sui social l’indignazione ha acceso propositi sempre più battaglieri.
In ogni città in cui Salvini è passato si sono contati decine e decine di striscioni, cartelli, scritte, immagini appese a finestre, balconi e tetti.
Sul piano politico la vicenda sembra ricalcare quella di Renzi.
Ormai quattro anni fa, i primi indizi che il grande consenso che si era coagulato attorno a Matteo Renzi stava sgretolandosi vennero dalle piazze. Quando ancora l’allora presidente del consiglio impazzava negli schermi televisivi e nei sondaggi, in giro per il paese cominciarono a contarsi e riconoscersi contestazioni. Dapprima episodiche, poi ricorrenti al punto che Renzi si trovò a dovere annullare apparizioni e comizi.
Lo stesso Salvini ha cercato di disinnescare la protesta e di rompere l’assedio, dichiarando: “Con tutto il rispetto per tutte le infrazioni al codice civile e al codice penale preferisco occuparmi di arresti di mafiosi e spacciatori che non di rimozione di striscioni. Anzi, per quello che mi riguarda, più sono colorati e più sono simpatici, più divertenti sono gli striscioni meglio è. Sono disposto a offrire un bel caffè a chi fa lo striscione più ironico. Non tollero minacce di morte, insulti o inviti alla violenza”.
Che sia proprio lui a stigmatizzare il linguaggio violento pare una vera e propria eterogenesi dei fini, molto vicina al disastro di Topolino apprendista stregone del film Fantasia. Da pochi secchi d’acqua il crescere della tempesta porta al diluvio.
In realtà parecchi striscioni contengono un linguaggio di rifiuto e di negazione del tutto mimetico a quello violento del ministro.
E questo comincia a divenire un problema. Urge trovare repliche adeguate che pur segnalando i termini dell’opposizione, lo facciano con un linguaggio democratico e non violento.
Su questo piano si è collocata ad esempio Unione popolare a Cinisello Balsamo.
E in suo comunicato ha dichiarato: “noi di UP vorremmo invece che balconi e finestre fossero tappezzate con lo slogan della campagna per il diritto di voto ai neri, che fece Martin Luther King nel 1957: Give us the ballot! (dateci il voto).
Guardiamo a tutti coloro che stanno pensando o hanno già deciso di astenersi.
Li invitiamo, come faremo noi, a votare nell’area della sinistra quei candidati che vogliono un Europa di pace, di inclusione solidale, di diritti.
Pensiamo che una protesta politica debba passare attraverso il primo e fondamentale strumento della democrazia: il voto”.
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