Governo
Salute o profitto? Il cortocircuito delle democrazie liberali
Dove va il Governo?
Non sono giorni facili per l’Esecutivo e la sensazione diffusa è che, questa volta, il Presidente del Consiglio non goda più di venti propizi.
Questa seconda ondata sta mettendo il Paese, l’Europa e, più in generale, le democrazie occidentali spalle al muro. La concitazione dell’emergenza primaverile aveva favorito un moto collettivo di adesione alle scelte del decisore politico, di condivisione, compartecipazione, radicati in un comune sentire forte e spontaneo. I più ricorderanno che, prima ancora che entrasse in vigore la prima serrata generale, molti esercenti anticiparono le decisioni del Governo, chiudendo le proprie attività per mettersi al riparo dal contagio. Oggi, quel moto collettivo si è affievolito davanti alle crepe, diventate via via voragini, che le democrazie liberali hanno iniziato progressivamente a mostrare.
I modesti politici che le corde emotive della Storia avevano assurto a illustri Statisti, piombano oggi nel baratro del disprezzo e della rabbia. L’eroe di ieri, combattente a mani nude per il suo popolo, è oggi il tiranno da abbattere, il carnefice da combattere. Questa sorte investe, basta guardarsi intorno, il Presidente del Consiglio ma pure livelli di Governo più prossimi ai cittadini. Le proteste napoletane, nella loro complessa e articolata anatomia, sono un esempio luminoso: il Presidente della Regione, investito da un plebiscito popolare, sembra schiacciato sotto il peso di quello stesso decisionismo che ne ha garantito la rielezione trionfale.
Perché ciò accade? Perché nessuno degli uomini di Stato sembra oggi in grado di indicare la strada da seguire nel buio in cui sprofondano i nostri contesti collettivi?
Se guardiamo all’Europa, con un’attenzione peculiare alle vicende nostrane, la risposta pare essere la seguente: perché nessuno di essi poteva esserlo.
Il paradigma in cui si muove il Governo non contempla una rottura così forte dei riferimenti della democrazia che è chiamato a governare. Le democrazie liberali ergono le proprie strutture su un sistema in cui l’iniziativa economica privata non trova ostacoli se non in quella altrui e nell’interesse generale, limiti questi che si sono declinati fino ad oggi in maniera sostanzialmente fisiologica. Per intenderci, i nostri schemi restano validi fino a quando l’homo oeconomicus è dominus incontrastato e l’intervento dello Stato è volto a tutelare fisiologiche esigenze collettive. Quello che abbiamo di fronte è invece uno stress test di portata enorme che, per la prima volta, dal secondo conflitto mondiale ad oggi, la nostra democrazia si trova ad affrontare. Per questa ragione, il mantra lungamente reiterato in questi mesi della “convivenza con il virus” è un evidente ossimoro.
Non è possibile convivere con un’entità più potente dell’homo oeconomicus se il totem del profitto ci porta a rifugiarci nel modello che abbiamo sempre abitato fino ad oggi, perché, inevitabilmente, sono o le esigenze dell’uno o la lotta contro l’altro che devono affermarsi in ultima istanza. L’esperimento dei mesi di transizione, quelli estivi, ha mostrato la propria fallacia, conducendoci oggi ad una seconda ondata le cui proporzioni promettono di essere maggiori della prima. Ridotta ai minimi termini, questa controversia teorica ci pone innanzi al seguente, perentorio, interrogativo: salute o profitto?
Le decisioni del Governo in occasione della prima ondata hanno testimoniato la primazia accordata al diritto alla salute, come d’altronde emerge dalla trama costituzionale. Oggi, le spinte interne ed esterne all’Esecutivo nonché il fisiologico istinto all’autoconservazione che anima ogni Governante mostrano una realtà diversa, in cui l’alternativa di cui sopra diventa sempre più un demone da scongiurare, sventolando l’illusione di poter praticare un compromesso.
La cronaca politica di queste ore restituisce anche un altro dato con cui fare i conti: la pazza idea di un governo di larghe intese per archiviare la stagione Conte. Si tengano d’occhio, ad esempio, le singolari iniziative di Italia Viva, che di notte lavora ai Decreti per picconarli di giorno. Con ogni probabilità, non dispiacerebbe neppure ai partiti maggiori, M5S e PD compresi, disfarsi del Presidente del Consiglio, facendo leva sulle fibrillazioni di questi giorni, giovandosi di quei venti che, come si è detto in principio, sono sempre meno favorevoli.
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