Governo
Giustizia, ecco come Renzi arricchisce gli ufficiali giudiziari
Roma – «Se c’è qualcosa che ho imparato in questi anni di attività è che il valore di un progetto politico si misura spesso dalle piccole cose, dai dettagli». L’avvocato Michelangelo Rutigliano non usa mezzi termini e con toni sferzanti apostrofa le modifiche operate dal governo Renzi con il decreto sulla giustizia, in particolare quelle relative agli ufficiali giudiziari, come «totalmente irragionevoli e illogiche».
Ad ogni modo, se una logica ci sia o meno, la si deve cercare tra le pieghe del d.l. n. 132/2014, con il quale il governo, nel settembre dello scorso anno, ha varato la riforma della giustizia civile.
Il testo del decreto, votato per lo più ad introdurre “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione” e di smaltimento dell’arretrato del contenzioso civile, tra le novità previste opera una sostanziale modifica dello statuto dell’attività degli ufficiali giudiziari. Una riforma, quella della giustizia, definita dallo stesso Renzi come epocale, ma che è passata sotto traccia per la modesta carica dirompente, per finire poi dimenticata. E che in questi giorni è tornata sotto la lente d’ingrandimento di alcuni esperti, che la vorrebbero portare dinnanzi alla Corte Costituzionale.
Cosa prevede la norma. Il decreto della fine dell’estate del 2014 ha modificato una vecchia legge della fine degli anni ’50, il D.P.R. n. 1229/59, che disciplina l’ordinamento, e quindi l’attività e la retribuzione, degli ufficiali giudiziari. Fino a qui nulla di strano: aggiornare un testo di più di cinquanta anni è sempre auspicabile, anzi doveroso. A patto che non lo si peggiori.
Di qui il nodo. «Il governo Renzi ha inserito, infatti, nel testo della riforma della giustizia civile una novità che non c’entra assolutamente nulla con lo scopo originario. È andato a modificare la disciplina della retribuzione degli ufficiali giudiziari, prevedendo che percepiscano, oltre al normale stipendio di cui godono, anche una percentuale sul ricavato della vendita dei beni venduti all’asta o sul valore dei crediti pignorati. È stato previsto, insomma, che intaschino, in aggiunta allo stipendio pubblico, “un aggio” cospicuo, che puó arrivare fino al 6%», spiega con linearità l’avvocato..
La previsione di una percentuale, per cosi dire “premiale”, che funga, cioè, da incentivo alla diligenza e alla rapidità con cui gli ufficiali giudiziari debbano operare, non è un meccanismo nuovo. Già la legge del 1959 lo prevedeva, limitandolo, però, solo al caso in cui il creditore fosse lo Stato. Solo nel caso di crediti erariali. Si era deciso, pertanto, che, nel caso in cui l’Erario avesse dovuto recuperare una somma e l’attività dell’ufficiale fosse andata a buon fine, a questi venisse liquidato un “premio di produzione” del 15 per cento della somma riscossa. Soldi sottratti all’Erario, che non venivano pagati dal debitore.
Del tutto diversa, chiosa l’avvocato Rutigliano, la natura del nuovo “premio” introdotto dal governo Renzi in favore degli ufficiali giudiziari. L’aggio previsto dal d.l. n. 132/2014 non è più un semplice “incentivo” versato dallo Stato al dipendente per la riscossione dei crediti pubblici, ma è diventato «un prezzo» che viene pagato dal debitore e da qualunque creditore, che si vedrà sottratto una parte del denaro che gli spetta per pagare l’ufficiale giudiziario.
La norma astratta meglio la si comprende con un esempio concreto e immediato. Alla fine di ottobre del 2014, all’A.t.a.c., l’azienda dei trasporti pubblici del Comune di Roma, furono pignorati beni e crediti per un valore di 77 milioni di euro. Se la norma introdotta dal governo Renzi fosse stata in vigore già all’epoca, l’ufficiale giudiziario avrebbe intascato quasi 2 milioni e mezzo di euro per la sua attività.
I motivi di incostituzionalità e l’idea di presentare ricorso. L’unica mossa possibile, anche per evitare che in futuro si verifichino ipotesi del genere, era presentare ricorso alla Corte Costituzionale per farne dichiarare l’illegittimità. «L’idea di presentare ricorso alla Consulta è nata nell’ottobre dello scorso anno, in un bar di Roma, parlando con alcuni colleghi dello Studio Russo di Roma e con il Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, che ci ha fatto l’onore di concerdere il patrocinio», insiste l’avvocato Rutigliano. Dalle quelle quattro chiacchere al bar è scaturito un dossier corposo e dettagliato che Gli Stati Generali hanno letto in anteprima.
Gli avvocati intendono minare le fondamenta della norma: ritengono che sia irragionevole, per lo più in tempi di grave congiuntura economica, come quella attuale, che una categoria di dipendenti pubblici venga remunerata, oltrechè con il normale stipendio, con cifre che affermano «sproporzionate» e «inconcepibili». Lamentano inoltre che la novella del governo Renzi non permetta che un’attività analoga a quella degli ufficiali giudiziari possa essere svolta anche dagli avvocati, con remunerazioni che dicono rimarrebbero comunque «modeste ed irrisorie». A ciò si aggiunga che la modifica del 2014 esclude la possibilità di sanzionare gli ufficiali che svolgano male i propri compiti: viene attenuata la responsabilità in caso di omissione o nullità di atti e addirittura esclusa nei casi di grave negligenza. Un principio questo davvero difficile da comprendere se l’obiettivo rimane quello di “cambiare verso” anche alla pubblica amministrazione, giustizia compresa.
L’attuazione della norma. Sebbene l’Avvocatura invochi da tempo un intervento chiarificatore del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, non sono ancora pervenuti in merito né circolari né regolamenti del Guardasigilli. In attesa di avere risposta da Roma, «stiamo aspettando di trovare un processo in cui sollevare l’eccezione di incostituzionalità e sperare che questa venga rinviata alla Consulta», si sfoga Rutigliano. Per adesso, i grandi Tribunali che hanno applicato le modifiche del governo sono quelli di Napoli e Taranto. Sono pronti, dicono: «speriamo solo che questa volta ci facciano fare giustizia».
Per vedere l’intervista completa all’Avv. Michelangelo Rutigliano: clicca qui.
Si ringrazia per la cortese collaborazione la dott. Roberta Rutigliano.
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