Governo
Riforma del Senato + Italicum: il diavolo è meno brutto di come lo si dipinge
Sgombriamo subito il tavolo: la riforma del Senato è poco di più di un pasticcio. Una legge disordinata che era nata per abolire Palazzo Madama (nelle originali intenzioni di Matteo Renzi) e che si è gradualmente trasformata nella testa d’ariete del potere esecutivo per rendere sempre più forte, appunto, il potere esecutivo (che avrà anche una corsia preferenziale per i suoi disegni di legge, con tanti saluti alle proposte di legge parlamentari che già vedono la luce con una rarità sconfortante).
Di più, la modalità di elezione “indiretta ma diretta” dei futuri senatori è grottesca: questi saranno selezionati dagli elettori tra i consiglieri regionali durante le varie amministrative, la loro elezione sarà poi ratificata dal consiglio regionale stesso, a cui spetta quindi (o almeno così sembra di capire) l’ultima parola. Il tutto in un Senato che avrà poteri limitatissimi e che sarà completamente estromesso dalle faccende più importanti (tranne le riforme costituzionali). Tutto il potere, quindi, passa alla Camera. Che sarà eletta con l’Italicum: legge elettorale che garantisce al partito (o lista) vincitore una maggioranza solida.
Il combinato di Italicum + Riforma del Senato dà come risultato che un partito solo diverrà maggioranza stabile nell’unica camera che conta, mentre il governo che è espressione di quel partito godrà di una corsia preferenziale per le leggi di emanazione governativa. Il quadro è abbastanza inquietante.
Il potere legislativo svanisce. O meglio, viene assorbito dal potere esecutivo con tanti saluti a quei residui di separazione dei poteri che ancora erano in vigore in una repubblica in cui, da tempo, la decretazione aveva superato ogni limite consentito. Messa in questo modo, sembra che si stia andando incontro a una repubblica di stampo sud-americano, semi-dittatoriale.
Ma è davvero così? Un forte potere esecutivo, una Camera sola capace di varare le leggi rapidamente, una maggioranza solida che non rischia di traballare appena il “Mastella di turno” si alza e porta via il suo 1%, la fine del ping pong estenuante tra Camera e Senato che ha reso molte leggi la pallida ombra di quello che dovevano essere all’inizio sono davvero una cosa così negativa?
D’accordo, il governo sarà forte, forse troppo forte. Si può però avere il dubbio che la situazione che si verrà a creare non sarà peggiore di quella attuale, in cui un governo debole è ostaggio di una maggioranza vittima dei ricatti incrociati dei partiti che formano la coalizione. In fondo, i meccanismi tesi a evitare uno strapotere dell’esecutivo hanno impedito il ritorno della dittatura o hanno semplicemente impedito che le istituzioni funzionassero a dovere?
Non riesco a essere preoccupato a pensare che, a partire dalle prossime politiche, chi ha un potere che nel mondo reale è microscopico non potrà più ricattare il governo; che ci sarà un esecutivo votato dalla maggioranza degli italiani attraverso il doppio turno (ci fosse stato l’uninominale sarebbe stato meglio, ma pazienza) che potrà governare per cinque anni senza guardarsi alle spalle tutti i giorni; che le larghe intese saranno impossibili o quasi.
E nemmeno mi spaventa il fatto che sarà solo una Camera a decidere le leggi più importanti. Prima di tutto perché il bicameralismo perfetto era una stortura che non ha mai garantito la bontà delle leggi stesse; secondariamente perché i contropoteri che sono rimasti mi sembrano più che sufficienti.
Alzare il quorum per l’elezione del presidente della Repubblica è cosa sacrosanta, visto che altrimenti anche quel ruolo sarebbe stato espressione della maggioranza. La possibilità che la Corte Costituzionale esamini preventivamente le nuove leggi elettorali con la possibilità di bocciarle è, pure, un meccanismo importante. Così come è importante che non ci sia il vincolo di mandato per i deputati (con buona pace del Movimento 5 Stelle): nel momento in cui un governo dovesse fare male, basterà che parte del partito di maggioranza abbandoni quel gruppo parlamentare per far venir meno la fiducia. Semplicemente, far cadere un governo diventa un po’ più difficile, non certo impossibile.
Infine, in una Terza Repubblica come quella disegnata dal governo Renzi vale la pena di dimenticarsi una volta per tutto il presidenzialismo. È impensabile, adesso, che il controllo delle Forze Armate finisca nelle mani del governo; mentre è fondamentale che rimanga compito di un presidente della Repubblica super-partes. Massima rassicurazione per chi teme i risvolti peggiori.
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