Governo

Qualcosa dobbiamo aver sbagliato

26 Settembre 2017

La scuola è iniziata. E – naturalmente questa è la communis opinio – gli insegnanti tornano a lamentarsi. Però qualcosa si sta muovendo. Non si capisce quanto sia sincera, eppure l’ammissione della ministra Fedeli è davvero un passo avanti. “Qualcosa dobbiamo aver sbagliato”è una frase rivoluzionaria: forse è uno spot elettorale, ma, comunque, è stata detta. L’errore è conclamato. La “buona scuola” non è “buona”.

Ora guardiamo oltre.

Non si tratta del solito cahier de doléance che i docenti sempre insoddisfatti stilano, tra un’ora di buco e un’assemblea sindacale (eh, certo, mica insegnano!) … così, perché questo sanno fare: “hanno tre mesi di vacanze e si lagnano!”

No. Non ci lamentiamo, invece. Abbiamo subito ore di formazione inutile. Abbiamo accettato il verticismo dirigistico della 107/2015. Abbiamo constatato la totale esautorazione degli organi collegiali. Stiamo imparando a muoverci nella pestilenziale aria di una competizione assurda alla conquista di una miseria: la mancia di un bonus concesso dalla discrezionalità di dirigenti “illuminati” dalla consulenza di staff sospesi tra adulazione e sfruttamento (eh, sì, il codice della scuola prevede anche questo: inimmaginabile!). Ci siamo adattati alla mutazione antropologica del nostro ruolo: da mediatori culturali ci siamo trasformati in addestratori informatici, in addetti al controllo dei pc in classe. E siamo diventati persino capaci di stare al gioco: per assuefazione anche noi chiamiamo questo ludocentrico sistema learning by doing, e non ci fa più effetto. Non ci sorprendiamo ormai quando siamo costretti come automi a firmare due volte, due registri, perché quello elettronico è virtuale e quello cartaceo è reale e allora, non si sa mai, meglio stare a posto, tanto che vuoi che sia … una firma in più …

E va bene anche la costruzione autistica e anaffettiva di classi virtuali sulle piattaforme digitali, va bene così: a chi importa se poi i ragazzi hanno voglia di parlare, scoppiano di emozioni e non sanno con chi confidarsi perché i genitori lavorano e gli amici non li trovi mai quando li cerchi?

Tanto, nella classe virtuale tutto questo non c’è: un video, un link, un test … e via.

Ci siamo abituati, noi. I ragazzi chissà.

Lo schermo era illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita fessura. Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare. E i maestri erano persone… L’insegnante meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le frazioni 1/2 + 1/4… Margie stava pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà come si divertivano!, pensò. (Isaac Asimov, Chissà come si divertivano!)

 

 

 

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