Governo
Per un disegno di legge a favore dei debitori impoveriti
Il caso Bramini, balzato alle cronache dei quotidiani nazionali e capace anche di polarizzare l’interesse della classe politica oggi impegnata per la formazione del nuovo governo, impone fondamentali considerazioni, foriere certamente di proposte che possano costituire la traccia di un disegno di legge.
Bramini, infatti, è stato dichiarato fallito, pur vantando nei confronti dello Stato, delle Regioni dei Comuni ed aziende a prevalente capitale pubblico credito per oltre 4 milioni di euro.
Perché è una persona perbene ed un sano imprenditore, ha chiesto ed ottenuto mutui dalle banche che ovviamente hanno accesso ipoteca sulla sua abitazione.
Non è riuscito a rientrare delle sue esposizioni ed ha subito l’espropriazione immobiliare dei suoi cespiti sino allo sfratto coattivo il giorno 18 maggio, nonostante che abbiano espresso la loro solidarietà sia Di Maio che Salvini, recatisi a casa sua, definitivamente sloggiata.
Il contratto tra la Lega ed il Movimento 5 Stelle al punto 5 dedica un passaggio decisivo e dirimente per il recupero dei crediti di cui sono titolari le banche: “intendiamo sopprimere le norme che consentono di poter agire nei confronti dei cittadini debitori senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria”.
Bisogna dare un contenuto fattivo a questo principio e contemporaneamente indicare una traccia di un disegno di legge che dovrebbe portare il nome di Sergio Bramini, capro espiatorio di un’ingiustizia di Stato.
Si deve articolare in pochi e salienti punti:
1- Tutte le società o gli imprenditori che hanno crediti nei confronti dello Stato, dei Comuni e delle Regioni o di enti a partecipazione pubblica non possono essere dichiarate fallite;
2- Sia le società che gli imprenditori, i loro garanti e fideiussori che risultano in uno stato di insolvenza per non aver potuto riscuotere crediti nei confronti dello Stato, dei Comuni e delle Regioni o di enti a partecipazione pubblica, non possono subire pignoramenti o altri rimedi esecutivi o cautelari;
3- Il ricorso al sovra-indebitamento di cui alla legge 3/2012, come avviene per le procedure concordatarie, deve avere effetto sospensivo e si deve disporre che dal momento del suo deposito i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Questo significa che le azioni esecutive non possono essere iniziate e quelle in corso hanno un immediato arresto;
4- Tutte le modifiche legislative previste dal c.d. “decreto banca” (L. 119/2016), che hanno conferito uno strapotere al creditore esecutante, devono essere annullate ripristinando lo status quo ante normativo, certamente più conforme al principio del favor debitoris in un contesto più costituzionalmente orientato;
5- Va completamente rivisto l’art. 560 cpc che oggi conferisce al custode giudiziario poteri ancora più incisivi dell’ufficiale giudiziario. Si deve statuire, con adeguato spirito riformatore, che l’esecutato non può essere sloggiato fino al momento in cui non sia notificato il decreto di trasferimento da parte dell’aggiudicatario.
6- Deve essere riformato, altresì, l’art. 591 c.p.c. che consente il ribasso di un quarto del valore della stima del bene sottoposto ad esecuzione forzata, ad ogni esperimento d’asta andato deserto. In questo caso, per evitare che il valore del bene si svilisca e che il medesimo sia venduto coattivamente a prezzo irrisorio senza che siano tacitati i creditori ipotecari e senza che lo stesso debitore sia liberato di tutte le sue pendenze, bisogna obbligare i Magistrati del processo esecutivo ed i notai delegati a sospendere la vendita o a riproporla a prezzo di mercato, in aderenza a quanto già disciplinato dal codice di rito all’art. 586 cpc.
7- Bisogna impedire che sia immediatamente azionato il pignoramento immobiliare nei confronti di debitori che diano fondata dimostrazione che la loro insolvenza ed inadempimento, sia dipesa dalla perdita di posto di lavoro o da circostanze (si pensi ad un’improvvisa malattia ad un incendio ect.) ad essi non imputabili e così incisive da non consentire più una percezione di reddito.
Sono questi i capisaldi di un disegno di legge che dovrà portare il nome di Sergio Bramini, affinché il suo sacrificio non sia stato vano.
Come lui in Italia ci sono altre 500 mila famiglie nelle stesse condizioni che attendono giustizia.
Devi fare login per commentare
Accedi