Governo
PD: l’alternativa a Renzi è Matteo Richetti
L’alternativa a Matteo Renzi c’è. E’ Matteo Richetti, da Modena. E’ un renziano della prima ora, ma ora è un renziano critico. Perfetto: solo un renziano può battere Renzi. E mi sa proprio che lui avrebbe voglia di provarci. Del resto chi spera in Speranza o roba simile, spera nell’assurdo: convincere Renzi a riconoscere le ragioni di una minoranza che non ha la forza di spaccare e di andarsene. Fanno più ridere di Terence Hill e Bud Spencer, che quando dichiaravano “Altrimenti ci arrabbiamo”, poi iniziavano a menare sganassoni. Bersani e Speranza, invece, quando si incazzano iniziano a ricordare: i meriti della sinistra che Renzi disconosce, e il bel tempo andato che non torna più. Appunto. L’alternativa a Renzi nel PD si costruisce soltanto con un progetto maggioritario, che include i renziani. E l’uomo giusto per questa operazione esiste: è Matteo Richetti. Stesso nome di battesimo (e il battesimo conta), stesse iniziali. Stessa ambizione e stessa sicumera di provincia, parrocchia e famigliuola incluse: ma con meno permalosità e più simpatia. E’ emiliano, non è toscano: nel pantheon ha Fellini, non Machiavelli. Ha cioè un approccio alla politica che istintivamente guarda alla società, alla collettività, alle facce della gente prima che al Principe che giustifica il mezzo (qualsiasi mezzo) in virtù del fine. Ad esempio Verdini per il voto di fiducia. Questo porta Richetti ad essere profondamente più a sinistra di Renzi: ascoltate il suo intervento sul pasticcio Cirinnà che posto sopra in separata sede (Otto e mezzo del 23/02/2016) e capirete. Richetti fa l’unica critica sensata alla destra e alla sinistra del PD: le decisioni sui punti importanti della linea politica vanno prese (meglio specificare: VANNO PRESE) dal collettivo, non dalla Segreteria e nè, tantomeno, da singoli esponenti delegati (e poi magari smentiti, vedi Cirinnà). Ha perfettamente ragione: non è il renzismo ma il verticismo la malattia del PD, ed è questa malattia che provoca la rissa continua fra parti che non si capiscono perché nemmeno si parlano, nemmeno sanno l’una dell’altra. Il doppio ruolo Premier-Segretario assurdamente appoggiato “al buio” spiega, in parte, il casino. La smisurata ambizione poltronista della nuova generazione di giovani (vatti a fidare dei giovani…) ne spiega un altro pezzo. Ma, certo, la colpa prima sta a sinistra, nella sinistra “storica” del Pd: consiste nel non aver mai ammesso, che l’incontro tra tradizione cattolico-democratica e tradizione laico-comunista (cioè fra “loro” e “gli altri”) NON significava di per sè essersi mangiati “gli altri” (tutt’altro che scemi) per ingrassare “loro”. Domandarsi oggi, ancor oggi, come mai Renzi non corrisponda, nelle scelte e negli atteggiamenti, a quell’ideale di leader di sinistra che scalda i cuori della tradizione che arrivò fino ai DS è stupido: il PD è un’altra cosa e lo avete fatto voi. Ma pretendere una gestione più democratica del Partito Democratico è doveroso, perché solo così un partito di CENTROSINISTRA (scandire c e n t r o) resta vivo e aperto al futuro. Per questo ci vuole un renziano, un renziano critico da abbracciare con gioia, affinché riesca ad essere anche più bello, più piacione, e più democristiano di Renzi. E il soggetto c’è: Matteo Richetti. E’ parlamentare PD in Commissione Affari Costituzionali, ok: il curriculum è giusto (anche in vista della battaglia sul Referendum). E’ abilmente telegenico, più duttile di Renzi: sa sorridere ma anche no. E’ l’uomo che D’Alema, Veltroni, Bersani e tutti i renziani critici insieme dovrebbero appoggiare al prossimo Congresso, che può essere chiesto e vinto soltanto da un tipo del genere. Altro che Speranza, Cuperlo, Orfini (Orfini!!!), Zingaretti, Bray o Braille… Eyes wide open: Renzi al Governo, Richetti segretario.
p.s.: non è mio cugino, manco lo conosco. Sono etero.
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