Governo
Pasquino: “La governabilità dipende anche dalla qualità dei governanti“
Gianfranco Pasquino è professore Emerito di Scienza Politica, Università di Bologna. Il suo più recente volume è Partiti, istituzioni, democrazie (Il Mulino 2014).
Professor Pasquino, come giudica l’architettura dell’Italicum ?
Mi pare una brutta architettura per una pessima legge. Non è questione di gusti, ma di parametri di valutazione. Il mio parametro, fortunatamente condiviso da molti studiosi di varie scuole è che un buon sistema elettorale conferisce molto potere agli elettori, il massimo compatibile con una rappresentanza parlamentare non troppo frammentata e con un governo, anche di coalizione, non troppo composito. L’Italicum persiste nel dare potere ai capi partito e ai capicorrente consentendo ai cittadini-elettori niente di più che tracciare una crocetta su un simbolo. Troppo poco, quasi niente con la conseguenza che un parlamento di nominati non può vantare nessuna rappresentanza e non ha nessuna conoscenza delle preferenze di un elettorato che neppure sa chi sono i suoi rappresentanti.
“Conoscere il governo il giorno delle elezioni” ha sempre ripetuto il Presidente Renzi. Un sistema così congegnato garantisce davvero una governabilità certa?
La governabilità non consiste affatto nel “conoscere il governo il giorno delle elezioni”. Faccio solo un esempio, quello tedesco. Si è votato a fine settembre 2013, il terzo governo Merkel, una grande coalizione, è entrato in carica il 17 dicembre, due e mesi e mezzo dopo. Chi avrebbe il coraggio di dire che la Germania non è governabile? La formuletta Renzi-Boschi pappagallescamente ripetuta da Serracchiani ed altri (e, ahivoi, mai criticata dai giornalisti e dai commentatori) è sostanzialmente priva di senso. Governabilità è, non la rapidità della formazione del governo, ma “stabilità politica più efficacia decisionale”. Entrambe dipendono tanto dalla legge elettorale quanto dalla qualità dei partiti e dei governanti. Vedo poco di questa qualità nell’attuale governo.
Un premio di maggioranza assegnato a percentuali così basse si concilia con una democrazia parlamentare? Ci si espone a nuove censure della Consulta?
Sì, una nuova censura della Corte è possibile anche se sembra che la soglia verrà portata al 40 per cento. La mia proposta, che darebbe reale potere agli elettori, è che il ballottaggio fra le due liste o le due coalizioni più votate, debba tenersi comunque, a prescindere dalle percentuali ottenute al primo turno. Sarebbero gli elettori a ragion veduta ad attribuire il premio in seggi e quindi a dare vita al governo (lo stesso giorno del ballottaggio: evviva!).
Hanno senso le soglie di sbarramento se non si impone un divieto di coalizione?
Più soglie di sbarramento sono insensate. Una sola chiara soglia di sbarramento ad un livello percentuale “europeo”, 5 per cento come in Germania oppure 4 per cento come in Svezia, ha molto senso e produce proprio quel che si deve desiderare e apprezzare: il contenimento o la riduzione della frammentazione dei partiti.
Liste corte ma bloccate, in ottemperanza alle obiezioni della Consulta, solo capolista bloccato o preferenze? Cosa ritiene sia migliore?
Sono contrarissimo alle liste bloccate; sono anche contrario al capolista bloccato perché continuo a non volere un parlamento di tutti nominati o anche di alcuni nominati (i famosi tutti eguali, ma alcuni più eguali giustamente derisi da George Orwell). Sono favorevole a un solo voto di preferenza oppure, ancora meglio, a collegi uninominali. Non temo la corruzione politico-elettorale, che può essere contrastata dalla magistratura, ma anche dai partiti. Desidero fortemente che gli eletti si guadagnino la carica convincendo gli elettori a votarli (lo dirò meglio sperando di soddisfare le esigenze della Presidente Boldrini. Vorrei che “le elette vincano convincendo le elettrici delle loro qualità”).
Professore, cosa proporrebbe al posto dell’Italicum?
La mia proposta non riguarderebbe la sola legge elettorale, ma la forma di governo. Proporrei, anzi, ho già variamente proposto, di imitare la Quinta Repubblica francese: elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica con poteri anche di governo e di scioglimento del Parlamento (sostanzialmente tutta la parabola di Napolitano è quella di un Presidente “semipresidenziale”, malgré lui, ma per nostra grande fortuna); parlamentari eletti in collegi uninominali con sistema maggioritario a doppio turno con clausola di passaggio al secondo turno: 5 per cento nelle prime elezioni; 8 per cento nelle seconde elezioni; 10 per cento a regime. Bicameralismo fortemente differenziato con un Senato che rappresenti le regioni, opportunamente ridisegnate e accorpate.
Infine, lo stallo dei processi decisionali è un problema di regole o di uomini?
Dov’è lo stallo? Nel 1991 gli elettori hanno votato per la preferenza unica (una buona ragione per re-introdurla anche nell’eventuale nuovo sistema elettorale); nel 1993 hanno abolito cinque ministeri e il finanziamento pubblico dei partiti e hanno imposto con referendum una legge elettorale ¾ maggioritaria in collegi uninominali e un quarto di recupero proporzionale; nel 1993 il Parlamento sulla possente spinta di un referendum ha formulato buone leggi elettorali per i comuni; nel 2001 il centro-sinistra ha fatto una brutta riforma costituzionale del Titolo V (che, infatti, i giovani governanti vogliono cambiare); nel 2005 il centro-destra ha fulmineamente approvato il Porcellum e fatto una pasticciata riforma di 56 articoli della Costituzione, respinta in un referendum nel giugno 2006. Non è poco direi anche se c’è molto di sbagliato. Se, poi, qualcuno dice che lo stallo dei processi decisionali dipende dal Parlamento, allora si guardi i numeri. Il nostro Parlamento bicamerale paritario è quello che produce più leggi e recepisce più decreti di TUTTI i parlamenti bicamerali europei. Semmai, non fa quel che dovrebbe fare: controllare, criticare, castigare governi frettolosi e inetti. L’affabulazione dei governanti riformatori solipsistici è semplicemente un inganno. Serve a coprire la loro incapacità di governare e di cambiare in meglio.
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