Governo

Paradossale Zingaretti. Dice No al Referendum, tace sul #tagliodeiparlamentari

23 Febbraio 2020

“Non condivido quel referendum e credo sia stato un errore sottoscriverlo, anche se rispetto chi lo ha fatto, anche nel Pd. Abbiamo votato sì alla riforma non perché convinti, ma perché era nell’accordo di governo, assieme a garanzie di cui tutti ora si devono fare carico. Ma rischia di diventare un referendum sul parlamentarismo, in tempo di populismi”.

Così Nicola Zingaretti sabato 22 febbraio comunica all’Assemblea nazionale del PD che il problema non è la clava anti-parlamentarista del taglio dei parlamentari, voluta dai 5 Stelle e dal Pd tardivamente imbracciata, ma il referendum confermativo che quella furia demagogica dell’anti-parlamentarismo para grillino vuole invece combattere. Zingaretti non vuole il referendum perché lo imbarazza – e c’è da capirlo. Ma il problema dell’imbarazzo è suo. Lo stravolgimento della Costituzione invece è un problema nostro.

Il Partito democratico di Nicola Zingaretti sa che il taglio dei Parlamentari arreca un danno alla democrazia costituzionale italiana e non porta alcun beneficio né alla macchina parlamentare né ai cittadini contribuenti. Infatti per tre volte in aula il Pd ha votato no. Poi, alla quarta votazione, a governo giallo-rosso formato, invece ha detto sì. Non per convinzione, per convenienza. Serviva chiudere l’accordo con i 5 Stelle e Luigi Di Maio, oltre alle poltrone per sé, voleva anche l’ok a quel provvedimento simbolico: il taglio delle poltrone altrui.

Zingaretti dunque ha imposto ai suoi parlamentari di votare contro le proprie stesse convinzioni, e dare il via libera ad una legge costituzionale che altera la rappresentanza calibrata dai padri costituenti, e farlo in nome di nulla. Il risparmio – unico argomento evocato dai 5 Stelle per saziare la fame anti-casta dell’opinione pubblica – infatti non c’è, come ha dimostrato l’Osservatorio sui conti pubblici del prof Cottarelli.

In nome di cosa allora si taglia del 40% la rappresentanza dei cittadini nel Parlamento italiano? Questo dovrebbe spiegare agli italiani Nicola Zingaretti, visto che il taglio è passato solo perché lui ha dato l’ordine ai suoi di votarlo. Il segretario di un partito che ha ancora l’ardire di chiamarsi Democratico, invece di assumersi la responsabilità pubblica, politica delle proprie scelte, condanna l’iniziativa referendaria – l’unica possibilità costituzionale che i cittadini hanno di arginare gli arbitri, la demagogia, la strumentalità istituzionale del potere.

Il problema, caro segretario Zingaretti, non è lo strumento costituzionale del referendum confermativo, ma il taglio dei parlamentari – cioè quello stravolgimento della Costituzione delle cui implicazioni i cittadini italiani non ancora avuto la possibilità di capire nulla. Cosa comporta per noi cittadini, cosa ci perdiamo, cosa ci guadagniamo? Ce lo spiega lei, segretario?

Si vota il 29 marzo – poco più di un mese da oggi – e ci sono ancora giornalisti come Enrico Mentana che ironizzano sul fatto che parlarne sia inutile, tanto l’esito è scontato. Lo è forse per lui e il sistema dell’informazione parassitario e supino al quale si fregia di appartenere. Ma senza conoscenza non può esservi deliberazione – non può esservi cioè democrazia.

Per me e i comitati per il No che in queste settimane stanno nascendo un po’ ovunque, l’esito del referendum non è scontato per nulla. Soprattutto non è scontato che si possa continuare a tacere per non creare imbarazzo all’ipocrita segretario del Partito Democratico che è contrario nel merito della riforma, ma non ha il coraggio di spiegare le ragioni per cui ha deciso nonostante questo di votare Sì. E infatti quella scelta è incomprensibile.

@kuliscioff

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