Governo
Non si può tornare indietro / Ritorno al presente
Difficile da individuare, difficile da definire, difficile anche da trovare eppure oggi se dovessimo esprimere una definizione precisa di questi anni dieci italiani, IL sarebbe probabilmente lo strumento più esatto nel dare la misura del cambiamento in atto. Nato nel cuore del Sole 24Ore e datosi forma e natura sotto la direzione di Christian Rocca, IL è oggi in Italia la spia migliore di quanto bolle e ribolle in quel calderone che in Italia forse ancor più che in altri paesi contempla politica e costume, sport e letteratura, moda e potere, innovazione e fama.
Con Non si può tornare indietro (Marsilio, 2015) Rocca costruisce più di un’antologia, ma da forma al senso culturale e politico di una generazione in gioco. Una generazione dentro agli schemi quanto decisa a romperli, colta e competente, ma anche divertita e sorridente. Renziani verrebbe da dire e se in parte lo è non è così che si esaurisce l’idea culturale espressa da Non si può tornare indietro che traccia con forza una linea generazionale chiara, una possibilità per certi versi imprevista di presa del potere come partecipazione e costruzione reale e concreta di un desiderio e di un immaginario che la retorica soprattutto a sinistra ha voluto represso e confinato in forme spesso d’infantilismo democratico o ancor più tristemente di basso cabotaggio. È ancora fresco il ricordo di quei piccoli spazi di gioco venduti come illusorie sacche di resistenza.
Non si può tornare indietro è una dichiarazione d’intenti e di partecipazione che va presa sul serio, ma anche con la giusta ironia, un po’ alla John Belushi. Il tempo dei trentenni/quarantenni è ora e non il futuro (per dirla con Mourinho) e quindi anche chi ha sperato nei paradigmi TQ è bene che si faccia avanti con quello che c’è e non è detto che debba andare poi così male. Diviso in sette sezioni, il volume attraversa l’attualità italiana contenendola tra i capitoli Intellettuali del XXI secolo e Giornalismo brillante, indicando in un certo senso dove tutto ebbe inizio (e quindi fine) e da dove tutto potrebbe ricominciare.
Con testi di Vincenzo Latronico, Michele Masneri, Arianna Giorgia Bonazzi, Francesco Pacifico, Camilla Baresani e molti altri, Non si può tornare indietro è un’antologia generazionale, politica e anche narrativa perché una delle cose che contraddistingue IL è saper proporre angolazioni nuove con un linguaggio puntuale e curato. Cose nuove spiegate bene per dirla con il SEO.
Un volume godibile che racconta molto di chi siamo e di cosa diventeremo ancor di più di quanto crediamo di essere e di diventare (cosa già di per sé rara in Italia) e che prova ad alzare l’asticella sula competenza e sulla qualità proponendo a suo modo l’utopia di un giornalismo diverso che al posto dell’opinione abbia uno sguardo e al posto della passione anche del sano pregiudizio, da sempre ottimo preludio alla scoperta.
Forse non è il libro emblema di una generazione come recita la quarta di copertina, ma di certo Non si può tornare indietro ha l’ambizione di essere il pensiero e la visione culturale di una generazione che ha tramutato la propria inquietudine in scrittura e azione. Una generazione che ha rigettato la responsabilità passiva della vittima per provare a rigenerare un discorso partendo anche da meno di zero. Anche con ardore e ingenuità, ma provandoci con tutti gli strumenti possibili di un realismo sognante e ambizioso.
Non si può tornare indietro e quindi IL sono la rappresentazione non di una brigata e non di un collettivo (e tanto meno di una o della ditta), ma di un gruppo di autori che attraverso le proprie individualità sta riuscendo ad esprimere un punto di vista indipendente – ma non avulso dalla complessità internazionale – del nostro paese (strapaese compreso). Un punto di vista un po’ meno straccione, un po’ meno spassionato e un po’ meno banale. Anzi per nulla.
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