Governo
Modello Bergamo
Se ci ammaliamo tutti insieme ne moriranno molti di più, perché sono finiti i respiratori, perché il personale è stremato e limitato, perché dobbiamo rallentare e spalmare l’emergenza.
Il modello Bergamo ci dice anche cosa succede quando la sanità diventa una porta che anche bussando, potrebbe non aprirsi. Dopo l’emergenza c’è la rassegnazione e dopo la rassegnazione ci si arrangia.
Quindi se non vogliamo aspettare sei, sette ore un’ambulanza, se non vogliamo attenderne un altro paio per essere sbarellati dall’ambulanza al reparto, se desideriamo tornare al modello di sanità pre-covid dobbiamo aspettare che ci si organizzi.
Ma aspettare cosa?
I mega ospedali da campo? I medici che arrivano da tutto il mondo ? Le forniture regalo di paesi amici?
Sia chiaro, la gratitudine verso tutte queste iniziative sarà sempre totale e indiscutibile, ma il punto è: quanto tutto questo potrà davvero incidere sull’esito di questa vicenda?
Spalmare l’emergenza non cancellerà la tragedia e potrà salvare chi, in un regime sanitario normale, sarebbe salvo ma va accettato anche che per molti di quelli che se ne vanno non ci sarebbero comunque cure.
Tra lo stoico modello inglese dell’abituarsi alla catastrofe e quello italiano che invece la catastrofe la vuole spalmare ci deve essere un punto di incontro.
Il caso Bergamo è quello di una popolo che viene travolto da un’ondata mortale e che richiama alla memoria tragedie di separazioni forzate, di scomparse e sepolture ignote.
E’ inenarrabile il silenzio di chi perde i propri cari con una progressione sistematica, il silenzio del timore che l’onda non si fermi e nell’impossibile ansia di quell’attesa veder sfinire la speranza.
Una terra fortissimamente caparbia, con la sua popolazione di lavoratori infaticabili fa da sacrificio e da guida a una catastrofe che bisogna gestire sapendo che non la potremo evitare.
In fondo questo è anche il lato debole della democrazia, il modello cinese non si può applicare perché nel momento in cui si è cittadini e non sudditi, non si può demandare allo stato l’amministrazione della propria coscienza.
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