Governo

Se vince, De Luca va sospeso in automatico senza poter nominare un vice

30 Maggio 2015

 

Un finale degno della migliore tragedia. Un colpo di scena, assestato all’improvviso, un epilogo al fulmicotone che avrà delle ripercussioni anche oltre la campagna elettorale delle Regionali. Alla fine, quello che nessuno sospettava, si è avverato comunque: per la Commissione parlamentare bicamerale antimafia presieduta da Rosy Bindi, Vincenzo De Luca, il candidato democratico alla presidenza della Regione Campania, è un “impresentabile”. Anche il suo nome, difatti, figura tra i 17 inseriti nella lista di candidati ritenuti non opportuni, secondo il codice di autoregolamentazione di cui il Parlamento poco più di un anno fa si è dotato, perchè con un processo penale ancora in corso o una condanna, almeno in primo grado, alle spalle.

Quella di Vincenzo De Luca è una storia giudiziaria vecchia, pur tuttavia ancora aperta. A gennaio scorso, il sindaco di Salerno è stato condannato in primo grado ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio, relativamente alla costruzione di un termovalorizzatore. Oltre a questo, sul capo di De Luca pendono dal 2005 le accuse di concussione e di un’altra serie di reati (si va dall’abuso d’ufficio alla truffa aggravata) per una vicenda che ha origine nel 1998, relativa ad un progetto di realizzazione di un parco marino al posto dello stabilimento della Ideal Standard di Salerno. Il giudizio di primo grado, attualmente sospeso, riprenderà il 23 giugno, dopo le elezioni regionali. Che rischiano così un serio contraccolpo. E per giunta doppio. Infatti, dopo la querelle dovuta all’inserimento nella lista della Commissione, il candidato De Luca, qualora diventasse Presidente della Campania, rischierebbe di subire l’applicazione della legge Severino, che commina la sospensione immediata dalla carica per tutti gli amministratori locali che sono stati condannati anche in via non definitiva. Insomma, anche se De Luca vincesse, verrebbe subito dopo sospeso, senza avere nemmeno titolo a nominare un vice, osserva il costituzionalista Massimiliano Mezzanotte.

 

Prof. Mezzanotte, se dovesse vincere, cosa succederebbe a Vincenzo De Luca il giorno dopo le elezioni in Campania?

Come è noto, l’attuale sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, ha subito una condanna in primo grado per abuso di ufficio. Questo comporta che il giorno dopo l’eventuale elezione dovrebbe essere attivato il procedimento volto alla sospensione, secondo quanto stabilito dalla c.d. legge Severino, il d.lgs. n. 235 del 2012.

Come funzione la legge Severino? Chi agirà per far valere la sospensione dalla carica?

La legge Severino, nel caso del sindaco di Salerno, prevede la sospensione di diritto dalla carica.
Il funzionamento è complesso perchè la cancelleria del Tribunale o la segreteria dell’ufficio del pubblico ministero competente comunicano i provvedimenti giudiziari, che comportano la sospensione, al Prefetto del capoluogo, il quale, a sua volta, ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Dovrà essere, pertanto, il Presidente Renzi, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell’interno, ad adottare il provvedimento che accerti la sospensione. Il provvedimento verrà poi notificato, a cura del Prefetto del capoluogo di Regione, al Consiglio regionale per l’adozione dei conseguenti provvedimenti.
L’atto del Presidente del Consiglio, secondo quanto stabilito dalla legge, è dovuto, senza alcun margine di scelta: si limita, appunto, ad “accertare” la ricorrenza della fattispecie prevista dalla legge.

Se il Presidente del Consiglio dichiarerà la sospensione di De Luca, si dovrà votare di nuovo in Campania?

Nella recente ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 11131 del 28 maggio 2015), che ha attribuito la competenza per decidere sulle controversie riguardanti la legge Severino al giudice ordinario, si precisa che, nel caso di sospensione degli amministratori locali (come si ricorda, il caso riguardava il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris), il Prefetto (competente nel caso di specie ad adottare il provvedimento di sospensione) non ha alcun potere di modulare la decorrenza o la durata del provvedimento “sulla base di ponderazione di concorrenti interessi pubblici”. Insomma, il provvedimento dovrebbe essere applicato de plano (ossia, senza alcuna formalità, nda). Nel caso di De Luca, alcuni hanno prospettato uno scenario in cui, prima del provvedimento di sospensione, il Presidente della Giunta nomini un vicepresidente, che ne assuma le funzioni a seguito del provvedimento di sospensione. Ciò presuppone però che il Presidente del Consiglio attenda (e quindi non provveda immediatamente) che si perfezionino le nomine regionali. Uno scenario simile, però, a mio modo di vedere, si porrebbe in contrasto sia con lo spirito della norma sia con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, secondo la quale le tempistiche regionali restano indifferenti all’applicazione della legge.

È ragionevole una legge, come quella di cui stiamo parlando, che sacrifica il volere dell’elettore e il principio della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva?

Com’è noto, la legge Severino è stata portata all’attenzione della Corte costituzionale per diversi profili di illegittimità, come l’eccesso di delega o la disparità di trattamento che prevede, ad esempio, tra consiglieri regionali e parlamentari nazionali ed europei. La possibilità di prevedere provvedimenti di sospensione non contrasta con il diritto di accedere alle cariche politiche. È sicuramente irragionevole permettere di svolgere incarichi pubblici a coloro che si sono macchiati di reati contro la pubblica amministrazione. Si tratta solo di una disposizione provvisoria, che cessa a seguito di sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione.
Insomma, una disposizione che non mi sembra priva di ragione, sempre che si verifichi adeguatamente se ci sia stato il rispetto delle indicazioni contenute nella legge di delega.

 

Massimiliano Mezzanotte (Chieti, 1971) è ricercatore di Istituzioni di diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza di Teramo. Ha conseguito nel 2014 l’abilitazione nazionale a professore associato di diritto costituzionale. Ha svolto numerosi incarichi di docenza presso l’Ateneo teramano. Attualmente insegna ‘Diritto regionale e degli enti locali’. Ha partecipato a progetti scientifici di rilievo nazionale e ha svolto periodi di ricerca in Germania e negli Stati Uniti. E’ esperto di Unione europea e Democrazia diretta. È autore di una monografia e numerosi articoli.

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