Governo
Mettere a reddito milioni di ossessionati: chi lo fa vincerà le elezioni
Ogni mattina milioni di cittadini, appena giù dal letto, si preparano a una meravigliosa giornata di ossessione. L’ossessione per questo governo. È un vero, nuovo, lavoro di questo tempo, un grande popolo che si muove con l’unico pensiero di liberarsi dei barbari. Gli ossessionati diventano ossessi, dimenticando affetti, figli, svaghi, passioni, tenerezze, e forse anche l’amore. È un’esigenza insopprimibile (h24) che si esercita su tutte piattaforme possibili e in tutte le forme più tradizionali, bar, uffici, campetti di calcio, ecc. Da questo popolo, nessuno è escluso.
Ne fanno parte intellettuali, scrittori, (Sandro Veronesi, per esempio, ne è fulgido esempio), registi, musicanti, giornalisti e un sacco di altra gente tra cui, persino scontato doverlo dire, la quasi totalità dei politici. Buon ultimo, si è aggiunto al carrozzone anche il professor Cacciari, protagonista l’altra sera di una patetica gazzarra con la ministra Bongiorno. Questo popolo crede in assoluta buona fede di essere un partito, è strutturato, pur senza sedi fisiche, come tale e come tale agisce, perché ha un programma assolutamente chiaro e cristallino: abbattere il cosiddetto «governo del cambiamento». È un unico punto programmatico, ma di presa immediata. Questo partito è gigantescamente più grande della semplice e classica opposizione, cioè il Partito Democratico, del quale, certificato il decesso, semmai farebbe ampiamente le veci. Racchiude un’indignazione così larga che il confine della politica è persino stretto e innaturale, è un supplente spirituale e populista che abbraccia tutti i temi possibili: dalla solidarietà agli immigrati al bail-in bancario.
Nel tempo del “gilet jaunes”, anche in questo caso non c’è un leader riconosciuto. Non si è formato, non si è distinto, non è stato identificato. Probabilmente è la forza (e probabilmente anche la debolezza) di questo enorme agglomerato, così variopinto e variegato che immaginarne una sola persona al comando, è un esercizio impossibile. Non avere un leader produce l’effetto straordinario di attribuire a ognuno (di noi) la «mission impossible» di salvare il Paese dai barbari, ognuno diventa leader dei suoi luoghi, delle sue piattaforme, ognuno ha un popolo, piccolo o grande che sia, da educare e da portare alla vittoria. È un esercizio incessante, che costa tempo e fatica. Alla fine di ogni giornata, il vecchio spazzino di una volta avrebbe di che ramazzare. A differenza della Francia, e questa è una prima differenza sensibile, non c’è un passaparola concreto e organizzato per portare questo fiume di indignazione in piazza. Nessuno ci pensa davvero, è un passo troppo strutturato e significherebbe perdere singolarmente un pezzo di potere per consegnarlo a un potere “centrale”. In questo modo, invece, restiamo saldamente padroni dei nostri piccoli luoghi, li presidiamo, li custodiamo, li coccoliamo se necessari. È una grande sconfitta per la politica, che ha generato solo diffidenza per i vecchi riti.
In qualunque altro paese al mondo, questo gigantesco “muoversi” quotidiano con un “passo di ossessione”, come i ballerini di una vecchia rumba (cit. Paolo Conte), produrrebbe un qualche effetto visibile, qualche scossa tellurica, almeno qualche crepa sul terreno di lorsignori. I quali danno materia, molta materia, perché questa immensa centrifuga indignatoria abbia come autoalimentarsi ogni giorno e ogni giorno di più. È un avvitamento che sembra persino organizzato, un circo gigantesco che ha le sue dinamiche che però via via si stanno cristallizzando, pur nelle forme diverse di ogni singolo episodio. Ciò che appare immensamente paradossale è la sproporzione tra il furioso impazzimento di una ossessione collettiva e gli effetti sulle intenzioni reali degli italiani, ancora l’altro giorno lo confermava il professor D’Alimonte sul Sole 24 Ore e settimanalmente lo testimonia qui Paolo Natale. I numeri più o meno restano quelli. Ma come è possibile, come è possibile che l’impegno sincero di milioni di italiani non venga in qualche modo premiato?
A questo grande popolo, che ogni mattina come la gazzella sa che dovrà correre, nessuno ha consegnato altri strumenti che la propria ossessione. Un’ossessione che è molto più della semplice indignazione, che pure è sentimento nobile. È una forma malata di inaccettabilità di un particolare corso della storia, una forma di indiscutibile superiorità morale che ogni giorno si abbatte senza dubbi e senza incertezze sui comportamenti altrui (ci si bea perfino della loro bassa scolarità), in questo caso dei barbari di cui sopra. È un’ossessione corroborata anche dai mezzi di informazione, che dovrebbero invece selezionare per noi, farci pensare, dubitare, proporci una via laterale, immaginare un aggiramento del nemico invece che il solito attacco frontale. È come se al fondo ci bastasse questo, di consolatorio: sapere di essere in tanti, tantissimi, milioni e milioni, e tutti dalla stessa parte. Senza neppure confrontarci più tra noi, sulle nostre diversità che pure ci sono, su quelle diversità che emergerebbero e emergeranno impietose il primo giorno della liberazione dai barbari. Che faremo quel giorno, sparita l’ossessione, sparito il gioco di società che ci ha tenuto (in)felicemente tutto questo tempo?
Eppure, il primo (partito) che metterà a reddito questo enorme contenitore di ossessioni avrà buone chances di vincere le prossime elezioni nazionali. Come nel ciclo virtuoso dell’immondizia, trasformandolo in energia pulita. Se qualcuno di più illuminato capirà che è esattamente l’ossessione, la nostra, moltiplicata per milioni, a fare da stampella sociale a un governo che non ci piace, si passerà a uno stadio nuovo della politica. Ai partiti fa molto comodo questa condizione, in cui il fiume in piena dei cittadini supplisce al vuoto delle idee. Solo che i cittadini non stanno producendo nuove idee, attingono semplicemente a un pozzo senza fondo che è stato avvelenato da tempo. Da molto tempo. I partiti (i giornali, i centri intellettuali di un paese) dovrebbero avere il coraggio di staccarsi dai cittadini, dovrebbero dire: fermatevi! non è l’ossessione che può generare un cambiamento, è solo un’illusione. Già, ma chi l’ha creata questa illusione?
Devi fare login per commentare
Login