Governo

Matteo Renzi, prenditi una vacanza prima che sia troppo tardi

14 Luglio 2017

Neanche il lancio in pompa magna della propria fatica editoriale sembra che abbia permesso a Matteo Renzi di uscire dal circolo vizioso in cui è ricaduto dopo il breve trend positivo della vittoria alle primarie per il congresso Pd. Avanti infatti è l’ennesima riprova di come chi era considerato il “genio della comunicazione politica” in Italia non sia più in grado di azzeccarne una, proprio nel campo in cui avrebbe dovuto primeggiare.

Il claim di rilancio post primarie – tutto incentrato sul collettivo, una nuova dimensione comunitaria, un partito fatto di noi e non più dell’idolatria dell’Io – è stato subito eclissato per far riemergere con prepotenza la soggettività (meglio dire, forse, l’isolamento) di una leadership. Che spreco di energie e risorse tutti i mesi buttati dopo il 4 Dicembre nel tentativo di cambiare approccio ai temi politici e alla rappresentazione di sé nei confronti dell’opinione pubblica, che così severamente aveva bocciato proprio l’ex-premier (più che la riforma del bicameralismo perfetto…) nel voto referendario. Questa autobiografia di Matteo Renzi infatti sembra essere utile solo nel far riemergere tutte le negatività personali e politiche che l’elettorato aveva già sanzionato.

A cosa serve d’altronde insultare di nuovo Enrico Letta e dargli della vittima? Che utilità può avere mettere i puntini sulle i rispetto un percorso politico ormai passato? Così si guarda al futuro? Rimuginando? Schiere di fanatici difensori diranno: “il libro del segretario non è solo questo! Anzi lancia nuove proposte e nuove idee“; tutte però subito marchiate dalla nuova personalizzazione impressa da Renzi stesso, messe alla berlina (le imprecazioni di Padoan se non facessero ridere, dovrebbero solo far piangere…), addirittura risultate palesi figuracce. La proposta sull’immigrazione, così sfacciatamente superficiale e fuori luogo da parte di chi ha guidato con forza ed energia il Paese, è veramente il sunto di come oggi Renzi debba prendersi delle ferie obbligatorie. Forse già il fatto di aver azzerato l’intera struttura della comunicazione, affidando il “volto” del Partito ad un politico rispettato come Richetti, può essere inteso come il segnale di aver compreso che la deriva bonapartista intrapresa non potrà che portare verso la definitiva Waterloo elettorale.

Se anche un personaggio estremamente cauto come Franceschini ha sentito l’esigenza di dover esprimere un forte disagio rispetto la rotta intrapresa dopo la débâcle elettorale delle amministrative, o addirittura un fan della prima ora come Claudio Velardi abbia percepito la necessità di scrivergli – con intelligenza e lealtà – che così non si può più andare avanti, vuol dire che la misura è veramente colma. Proprio la figura di Renzi infatti sembra oggi essere un problema insuperabile, e questo dovrebbe far seriamente preoccupare il leader del Pd. La reazione, ormai principalmente avversa, alla sua continua esposizione pubblica e mediatica eclissa qualsiasi altra cosa: la nuova fase economica in cui anche l’Italia sembra essere attrice positiva; il tracollo elettorale in cui è precipitato il M5S dopo le incompetenti prove di governo a Roma e Torino; le contraddizioni insite all’amalgama politico delle destre.

Tutto scompare rispetto l’astio, certe volte veramente incomprensibile, che genera il segretario del Pd. Per poter uscire da questa trappola auto-innescata Renzi oggi non sembra avere una soluzione, anzi sembra essere l’unica causa. Un disastro politico e comunicativo.

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