Governo
Matteino e la tassa sulla fiducia
Fuori due cortei: quello della Fiom e della lista Tsipras, ordinatamente in marcia, e separatamente, quello dei centri sociali alla ricerca dell’assedio, del blocco delle strade e dello scontro con carabinieri e polizia. Dentro, in fabbrica, il Presidente del Consiglio che alla assemblea degli industriali di Brescia offre un conflitto anche serrato sul Jobs Act ma chiude con durezza all’idea di dividere il mondo del lavoro tra imprenditori e lavoratori, tra lavoratori e disoccupati e precari perchè l’Italia, e lo dice appositamente a Brescia, è unica e indivisibile. In mezzo, dentro fino a quelle parole e poi uscito vistosamente per protesta, il segretario della Camera del Lavoro di Brescia. Questa non è la sintesi della giornata ma del conflitto sociale e politico che attraversa il governo e la maggioranza del centrosinistra renziano.
Gli applausi convinti sono arrivati all’appassionato intervento del Premier non sulla tiritera per il credito d’imposta sulla ricerca o per gli investimenti per l’Alta Velocità Milano-Padova ma in chiusura, quando ha ricordato che chi era in sala faceva quel mestiere non solo per soldi ma per fiducia e passione, la stessa che lui ha tutte le mattine quando prova a rimettere il piedi l’Italia.
Poco importano i passaggi su siderurgia e banche, la rottura è tra chi guarda al futuro nella propria vita e nella cosa pubblica e chi guarda al passato sulla pelle del dolore e della insicurezza. Siamo lontani anni luce dal centro sinistra prodiano che era in assoluta minoranza nel Nord del Paese e sfiorava l’idea delle 35 ore; o del centrodestra berlusconiano che parlava alla pancia del piccolo imprenditore disintermediandolo dalla rappresentanza di Confindustria dicendo “io sono come voi”. E’ quello di Renzi un messaggio più esplicito e unificante che costruisce un blocco sociale composito intorno al governo in profonda rottura con il bipolarismo sociale di un ventennio nutrito col pane del conflitto all’interno del ceto medio, con la frattura tra le partite iva e il lavoro dipendente. Tutti, dal precario al disoccupato all’imprenditore sono sulla stessa barca del governo. Lo chiamano Partito della Nazione, Partito del Premier? Forse e’ vero ma è qualcosa di più intelligente, comprensibile, raffinato e allineato con l’umore di una parte che è maggioranza nel Paese.
Dove cade rumorosamente questo disegno? Sulla quasi silenziosa stecca del Tenore, giunta all’orecchio solo dei più avveduti e istintivamente lasciata passare dalla platea così in orgasmo da speranza da non voler ascoltare: per usare il bel canto del tenore, il “dimagrire della politica e dei politici per fare investimenti”.
La citazione ha il sapore del miglior Clinton, quello dello “Stato Leggero” che si ritira dalla ribalta del mercato, pienamente fiducioso negli animal istinct degli imprenditori, nella capacità di Wall Street, nell’economia liberal e non ideologicamente liberista. Ma fa a pugni con una legge di bilancio “espansiva” che per la prima volta dopo anni torna al deficit spending senza aver fatto nulla per dimagrire l’apparato statale e avendo scaricato su regioni e comuni l’onere della razionalizzazione della spesa. Soprattutto basata sulla costanza fiscale, una Legge di Bilancio più social democrat nel suo trasferire ai ceti deboli che fiduciosa nel mercato.
Matteino cade qui, ed eccetto che per l’Irap smontata con gli argomenti “di sinistra’ (la tassa sul lavoro), non può dire nulla sulla questione centrale che riguarda quel blocco sociale e che passata la sbornia ritroverà nella propria vita: la impossibilità di ridurre la pressione fiscale non riuscendo a ridurre il costo annuale dello Stato, quel “dimagrimento della politica” che non trova alcuna traccia nell’azione di governo e che minerà gli investimenti.
Torneremo su questo argomento ma fare investimenti non significa solo avere fiducia nel futuro: significa anche sapere che questi investimenti renderanno, produrranno ricchezza disponibile, remunereranno il capitale investito a condizioni almeno pari di quelle che si troverebbero investendo in un paese limitrofo. E questo riguarda l’imprenditore sagace quanto la famiglia che pensa al futuro dei figli.
Senza investimenti quel blocco sociale si sfarinerà perché non troverà ragioni per stare insieme e il conflitto alimentato dalle paure e dalle incertezze tornerà a rinforzare le schiere dei cortei degli assedianti.
Noi non ce lo auguriamo proprio e abbiamo molte convenienze a ricordarlo ogni giorno a Matteino.
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