Governo
Lupi, il mediano di periferia sempre sul filo del fuorigioco
ROMA – Che la politica sarebbe stata lo sbocco finale, lo si era compreso da quando aveva i calzoni corti. Fin da ragazzino, infatti, Maurizio Lupi, venuto su in periferia da una famiglia modesta, come orgogliosamente rivendica ogni volta che può, mostra una spiccata attitudine per l’accumulo di cariche e poltrone. All’università, dove si laureò alla Cattolica in Scienze politiche, fondò una cooperativa di servizi agli studenti di cui divenne amministratore. L’adesione al gruppo dei fedeli di Don Giussani segnerà la sua esistenza: «Nell’incontro con Comunione e Liberazione si è rafforzato in me l’idea che uno debba essere protagonista del proprio destino». Un destino che gli consentirà di entrare al Sabato, un settimanale di Cl, come assistente personale dell’amministratore delegato, per poi passare alla direzione del marketing. Il ’93 è l’anno di grazia o, come preferisce dire l’attuale ministro quando ricorda quei momenti, l’anno della discesa in campo.
Il terremoto di Tangentopoli si abbatte su Milano spazzando via una intera classe dirigente. Anche i suoi amici, Antonio Intiglietta, all’epoca vice sindaco, e Antonio Simone, assessore alla Regione che poi ritroveremo protagonista dello scandalo-Maugeri che coinvolgerà anche Formigoni circa vent’anni dopo, vengono travolti dalle inchieste del pool di Mani pulite. La Democrazia cristiana del capoluogo lombardo esce a pezzi dalla scosse giudiziaria e decide che nessuno della vecchia guardia potrà ricandidarsi. Fu in quel contesto che il trentaquattrenne Lupi toglie i calzoni corti e scende in campo per difendere la causa dello scudocrociato. E per iniziare una nuova era di protagonismo politico diretto da parte del suo movimento, Comunione e Liberazione. La prima tappa è quella da consigliere comunale: «Fui l’ultimo democristiano eletto a Milano», ama dire. All’epoca aveva già la passionaccia per le Infrastrutture e i Lavori pubblici. È nel 1997 il sindaco Gabriele Albertini lo nomina assessore all’urbanistica. Carica che svolge mantenendo il ruolo, assunto tre anni prima, di amministratore delegato di Fiera Milano Congressi.
Proprio la Fiera, facendo perno attorno a Lupi, diventerà uno degli epicentri del potere ciellino a Milano: sarà proprio nel sistema fiera, ad esempio, che ritroverà un ruolo Antonio Intiglietta, e proprio attorno alla fiera che Comunione e Liberazione getterà operosi ponti verso il mondo delle cooperative rosse, tanto da vedere, in quegli stessi anni, un ex-Pci come Massimo Ferlini assumere ruolo chiave e la presidenza della Compagnia delle Opere. Di recente del resto, proprio nel pieno della bufera di Mafia Capitale, Lupi è stato protagonista sul palco del Congresso Nazionale di Legacoop, lo scorso dicembre. Un discorso vibrante, acceso, in difesa della cooperazione e dei suoi valori, proprio mentre nella pancia del movimento cooperativo erano in tanti a chiedere più severità e più controlli interni rispetto a infiltrazioni come quelle emerse dall’inchiesta romana.
Lupi è dunque un giovane protagonista in anni delicati, in cui la città verrà ridisegnata: è proprio in quei momenti che si decidono i destini urbani della Milano del futuro e si decidono e progettano grandi pezzi di città come il nuovo quartiere di Garibaldi-Repubblica (un successo per Milano e per l’immobiliarista Manfredi Catella e Hines) o il nuovo quartiere di Santa Giulia Rogoredo (un disastro sia per Milano che per la carriera di Corrado Zunino, imprenditore immobiliare che poteva contare su appoggi trasversali, dal mondo delle cooperative fino a quello di Cl). O, ancora, è in quegli stessi anni che si decide la costruzione della faraonica fiera di Rho, progettata da Massimiliano Fuksas, destinata ad essere una cattedrale eretta al potere ciellino, mentre nel vuoto lasciato dalla vecchia Fiera cittadina si decide di far nascere, ad opera di tre archistar come Isozaki Liebeskind e Hadid, il nuovo quartiere di City Life. Non solo grandi opere e nuovi quartieri: Lupi è anche un collezionista di gaffe. Memorabile fu quella con la regina d’Inghilterra, quando ancora era assessore a Milano. Fece una domanda a Sua Maestà quando era tassativamente vietato dal protocollo. E lui si difese così: «Fu lei a farmi per prima una domanda chiedendomi cosa facessi. E io, per spiegarle che ero assessore all’Urbanistica, le chiesi: “Do you like Piazza Scala?”, perché era la prima cosa che avevo fatto risistemare non appena entrato in giunta. Ci fu il panico»
In quegli anni, Lupi è una la giovane ma già attivissima promessa della politica milanese del centrodestra, e si muove nel mezzo di reti fitte di ottimismo imprenditoriale e dotate dei capitali bancari freschi che negli anni Novanta e nei primi Duemila circolavano senza stare troppo a sottolizzare sulla sostenibilità di lungo periodo dei progetti che finanziavano. Prudente, attento ai rapporti forza, collezionista di amicizie trasversali. Già allora è amico di Angelo Scola, a quel tempo lontano dal diventare arcivescovo di Milano, vicino a Cl. Intrattiene buoni rapporti con la famiglia La Russa e, per loro tramite, con Salvatore Ligresti: ancora potentissimo, negli anni Novanta, e lontano dall’essere travolto malamente. Non perde mai di vista Luigi Casero, oggi vice ministro all’Economia del governo Renzi. «Totò e Peppino» li chiamava Maria Stella Gelmini. Consolida, in quegli anni, il rapporto con Roberto Formigoni. Del Celeste, governatore della Lombardia per quasi vent’anni, è l’uomo ombra e in una seconda fase l’emissario del formigonismo nella Capitale. A Montecitorio l’attuale ministro alle Infrastrutture viene eletto per la prima volta nel 2001 tra le file di Forza Italia. Anche qui, come conviene al personaggio, inizia a collezionare incarichi. Capogruppo in commissione Trasporti, vice presidente della Camera, portavoce tv per diffondere e difendere il berlusconismo. Di lui si ricordano le apparizioni televisive a Ballarò in cui issava la bandiera di Forza Italia alla stessa stregua di un Emilio Fede. È in quegli stessi anni che, al Meeting di Rimini, introduce così Incalza: «Volevo presentare e fare un applauso a Ercole Incalza che è, credo, una persona eccezionale e un patrimonio per il nostro Paese».
Ma, dicevamo sopra, la trasversalità contrassegna ogni suo passo. È Lupi, infatti, il principale sponsor dell’Intergruppo per la Sussidiarietà cui aderiscono Angelino Alfano, e, soprattutto, Enrico Letta, Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. Un intergruppo coordinato spiritualmente da Monsignor Fisichella, il cappellano di Montecitorio e per molti anni ambasciatore ufficioso d’Oltretevere nei palazzi della politica. E curiosità: Fisichella fra gli oggetti di casa tiene su un comò una foto di Maurizio Lupi.
«Sono un giovane volto della politica italiana. Dimostro assolutamente meno anni di Angelino Alfano». Gli anni passano e il “giovane”, si fa per dire, Lupi prende quota e inizia a smarcarsi da Silvio Berlusconi. Quando nel 2011 il Cavaliere viene sostituito da Giorgio Napolitano, Lupi è tentato di salire sul carro di Mario Monti, e tra i primissimi parla a favore di una discontinuità. Per lui, narrano i retroscena del Transatlantico, è già pronta una postazione da ministro. Alle infrastrutture? Non è dato sapere.
Di certo, Lupi è fra i tifosi delle “larghe intese” all’indomani delle elezioni politiche del febbraio del 2013. Approda al ministero delle Infrastrutture con Enrico Letta, compagno nell’intergruppo per la sussidarietà restando in sella anche con la nascita del governo Renzi. Al dicastero l’uomo di Cl, da sempre vicinissimo a Formigoni e alla Compagnia delle Opere, chiude la strada a ogni ripensamento sulla politica della grandi opere. Il Tav prima di tutto, ma anche il Ponte sullo Stretto di Messina, il Mose di Venezia, strade e autostrade. Una rete di amicizie, quella di Lupi, diffusa e ben radicate che parte da Milano e arriva fino a Roma. L’europarlamentare Vito Bonsignore, europarlamentare in quota Ncd, che attraverso la sua holding Management Engirineering Consulting Spa ha finanziato la campagna elettorale di Angelino Alfano (8.400 euro), del sottosegretario Giuseppe Castiglione (20 mila euro) e di Fabrizio Cicchitto (20 mila euro). Raffaele Vignali, ex presidente della Compagnia delle Opere, oggi deputato di Ncd. E non deve essere un caso che Alfano abbia scelto come tesoriere di Ncd, proprio Vignali. E poi ancora il presidente di Aiscat Fabrizio Palenzona, e i gruppi autostradali (Gavio, Benetton e Toto) che hanno benificiato con il dicastero Lupi di una proroga ulteriore alle concessioni autostradali.
(Vito Bonsignore, a sinistra, durante una serata di campagna elettorale di Maurizio Lupi per le ultime europee)
Il dispiego di forze e relazioni, tuttavia, non spiana la strana a grandi successi dal punto di vista elettorale. Alle Europee del 2014, quelle del trionfo renziano, nel suo Nordovest (e di Bonsignore e di tanti affari su cui sta facendo luce l’inchiesta della procura di Firenze, proprio la città del premier Renzi) Lupi prende pochi voti. Quarantacinquemila preferenze in tutto, di cui la misera cifra di 15 mila voti a Milano e provincia. Troppo pochi per chi sperava in un destino da sindaco di Milano? Sì e no: Lupi è tenace e non si dà per vinto, tanto da aver sperato (davvero contro ogni logica) di poter essere lui il candidato per il dopo-Pisapia di un centrosinistra allargato o – in alternativa, visto che il trasversalismo a qualcosa dovrà pur servire – per un centrodestra che torni alle origini del moderatismo milanese. Scenari tramontati, dopo la bufera sollevata dagli intrecci emersi dall’inchiesta, che non vede Lupi indagati ma sicuramente al centro di un reticolo di rapporti non proprio sicuri, con tanto di impiego per il figlio Luca.
Matteo Renzi non lo difende e starebbe per scaricarlo, tanto da affidare a retroscena giornalistici, tutti convergenti, l’indifendibilità del Lupi. Il Nuovocentrodestra di Angelino Alfano è sempre più accerchiato. Potrebbe dunque concludersi la parabola del giovane dai calzoni corti che sognava la politica e aveva la passione per i Lavori pubblici. E forse, anche una fase di governo allargato al minuscolo centrodestra di Alfano. È forse arrivato il tempo di riallineare la rappresentanza politica con gli umori del paese: un esercizio che a Renzi piace e riesce sempre piuttosto bene. Chissà che la spiacevole vicenda di Maurizio Lupi non sia un buon viatico per “aprire una fase nuova”, che passa naturalmente dalle urne.
@GiuseppeFalci
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