Governo

Livorno “Stalingrado” grillina, ma il modello M5S è il kirchnerismo-peronista

1 Dicembre 2015

In questi giorni è da poco scoppiata una bomba politico-mediatica in casa M5S, dovuta alla crisi amministrativa vissuta dalla Giunta Nogarin nella città di Livorno, scippata circa 18 mesi fa al lungo regno della sinistra italiana, dal PCI fino al PD. Qui un link per avere un punto di vista il più oggettivo possibile con il quale capire cosa stia succedendo: http://www.ilpost.it/2015/11/30/rifiuti-livorno/

Molti adesso manifestano le proprie doti di cassandre inascoltate, verbalizzano più o meno pubblicamente l’abusata dichiarazione “io l’avevo detto” riguardo le capacità amministrative del M5S. Dalla dimensione locale e livornese si è passati infatti ad una propagazione nazionale dei problemi e delle polemiche conseguenti scatenate da questo affair spazzatura (grazie anche ad una furba ed efficace strategia comunicativa aizzata dalle strutture nazionali del PD tramite social network e il circolo mediatico-giornalistico), che sta dimostrando il lato più debole di tutta la strategia politica-comunicativa del movimento di Beppe Grillo, cioè la difficoltà di passare dalla teoria delle urla populiste alla pratica dell’assunzione di responsabilità riguardo le scelte di governo. Livorno comunque non è il primo ne sarà l’ultimo caso. Parma, Civitavecchia, Assemini, Bagheria, Quarto, Pomezia, etc., sono tanti i momenti di iato vissuti dalle amministrazioni grilline rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale. Sicuramente il caso della città toscana però è il più clamoroso e comunicativamente devastante per il movimento anti-sistema per antonomasia.

Ecco allora spiegate le ragioni per cui Grillo e Casaleggio vogliono evitare in tutti i modi di spendere i loro migliori campioni, televisivamente parlando, rodati da quasi tre anni di vita parlamentare, come Di Battista per Roma e Di Maio per Napoli. I due veri capi del movimento hanno ben presente infatti come l’amministrare una città – pur se più diretto e quindi più vicino agli standard dei grillini – produca delle assunzioni di responsabilità, ma soprattutto l’esigenza di un’efficiente capacità gestionale che anche i più assidui frequentatori odierni dei talk show politici non possono neanche immaginare di avere. Le urla strepiti di una “portavoce” Taverna qualunque in aula parlamentare infatti non varranno mai la competenza necessaria per governare macchine burocratiche composte da migliaia di persone come quelle delle città più importanti in cui si andrà a votare nelle elezioni amministrative della primavera 2016.

Si dipana così la vera strategia del duo genovese-milanese: salvaguardare le migliore energie e le facce più spendibili per tentare il colpaccio, vincere cioè le prossime elezioni politiche che vedono – ad oggi – il MS5 come il più credibile e serio sfidante del PD di Matteo Renzi. Meglio ancora se poi la finta opposizione ai provvedimenti sistemici condotti in porto dall’attuale maggioranza –  la legge elettorale Italicum e la prossima approvazione definitiva della riforma costituzionale ddl Boschi – porterà frutti e quindi la possibilità di far ereditare ad un governo M5S un potere esecutivo, un equilibrio con le prerogative parlamentari e degli enti locali, modernizzati e più efficienti.

Proprio negli scorsi giorni però possiamo aver incontrato una finestra sul futuro di questo eventuale buon esito della strategia di Grillo-Casaleggio. Le elezioni in Argentina (qui una breve sintesi: http://www.internazionale.it/notizie/2015/11/23/il-nuovo-presidente-dell-argentina) hanno chiuso l’epoca, più di un decennio, del governo kirchnerista-peronista. Questa stagione politica oggi sconfitta in Argentina può essere infatti un’ ottima pietra di paragone con un verosimile governo Movimento 5 Stelle: risposta ad una grave crisi di un Paese in disfacimento costruita su promesse risolte poi in un insieme di atti politici populisti, demagogici e nazionalisti. Tutte scelte che si sono però rilevate fallimentari, hanno infatti sprofondato il Paese in una situazione economica drammatica quanto quella ereditata, senza aver risolto un solo problema strutturale della società argentina (in primis la spaventosa diseguaglianza sociale madre di una povertà di massa…) e avendo per lo più sprecato l’occasione di una favorevolissima congiuntura economica internazionale – non si può dimenticare come infatti dopo il crack del debito pubblico argentino del 2001, il Paese di Papa Bergoglio abbia vissuto una stagione di estremo vantaggio rispetto ai suoi punti forti economici, quali le commodities di soia, carne bovina, rame, minerali rari ed altre che hanno avuto un grande mercato e quindi prezzi altissimi grazie all’espansione delle economie emergenti, subendo così in minima parte la crisi vissuta dopo il 2008 delle nazioni più industrializzate. E’ evidente come tutto ciò possa assomigliare molto ad un modello (ed, allo stesso tempo, all’infausto esito…) per le proposte grilline. Proviamo ad elencarle: sovranità nazionale con l’uscita dall’euro; retorica benecomunista riguardo i servizi pubblici locali; promessa di un eden oltrelavorativo con l’impegno di distribuire ogni mese 800 euro a ciascuno grazie al reddito di cittadinanza; fuoriuscita dagli organismi di collaborazione internazionali come una Unione Europea non riformata o la Nato; politiche della Decrescita felice invece della riconversione ecologica; etc.

Questo, inoltre, può essere un punto di vista per un’analisi utile anche a tutte le più variopinte formazioni della sinistra italiana. Non unire quel campo, non trovare argomenti e strategie comuni, evidenziare invece sempre le possibili fratture e divaricazioni, assumere un atteggiamento per lo più ideologico, non creerà le condizioni per essere vincenti ed alternativi alle scelte politiche oggi adottate, ma anzi permetterà solo di radicarsi ulteriormente in quei contesti sociali e in quella storia  – rivendicati dalle varie sinistre – proprio al progetto interclassista e demagogico del M5S. Come è successo proprio nella tradizione politica argentina in cui il progetto peronista – antipolitico e populista – ha soppiantato ed inglobato le istanze della sinistra, diventando così l’unico soggetto a contendere alle Destre il governo del Paese.

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