Governo
L’insostenibile leggerezza degli appelli democratici
È di oggi la notizia di un appello pubblico (comparso su Il Foglio) rivolto da Corrado Passera, presidente del partito Italia Unica, al premier Matteo Renzi e al Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. L’ex superministro allo Sviluppo Economico del governo Monti, incoronato a gennaio leader del movimento politico da lui fondato un anno fa, si scaglia contro le due colonne del “cambio di verso” renziano: la riforma elettorale (Italicum) e l’abolizione/trasformazione del Senato. “Apritevi all’ascolto” intima Passera a Renzi e Boschi, richiamando l’appello democratico proposto da Italia Unica per correggere il tiro delle riforme istituzionali messe in campo dal Rottamatore. “Il nostro timore (…) è che le riforme avviate non abbiano raccolto quella larga condivisione che è utile e opportuna trattandosi di regole del gioco”, continua Passera, evidenziando due fondamentali problemi strutturali: l’abnorme premio di maggioranza e la discutibile scelta di introdurre i capolista bloccati nei collegi. L’appello lanciato il 27 marzo scorso denunciava che le innovazioni introdotte non avrebbero comunque risolto i problemi e le storture dell’assetto attuale, in particolare per tre ragioni: la partecipazione dei cittadini sarebbe ulteriormente destinata a contrarsi, non si eliminerebbero gli incentivi a formare coalizioni raffazzonate (inserite poi in un unico listone) e non si ridurrebbero in alcun modo i costi della politica. Silvana Mura, ex Idv passata con Passera, ha esultato per le 22.000 firme raccolte e per l’ampia partecipazione alle iniziative nelle piazze di 60 città italiane. Formiche ha riferito dell’entusiasmo della moglie del leader, Giovanna Salza, per le adesioni giunte da personalità di spicco del mondo politico ed intellettuale. Senza entrare nel merito della riforme contestate nell’appello, appare discutibile la scelta di configurare un soggetto politico ancora gracile come battagliero partito anti-Italicum. Vediamo perché.
In primo luogo, escludendo sorprese dell’ultima ora o improvvisi ribaltamenti del tavolo, l’appello democratico di Italia Unica rischia di rivelarsi un’impresa aleatoria e dalle scarse ricadute pratiche. Legittimo il desiderio di intestarsi la leadership di un movimento di opinione trasversale che mal digerisce le riforme messe in campo dall’esecutivo Renzi, ma il rassemblement passeriano rischia di trovarsi con strani “compagni di letto”, come si direbbe nel mondo anglosassone. Il fronte anti-riforme racchiude infatti la sinistra dura e pura, la minoranza PD nelle sue mille sfaccettature, i falchi di Forza Italia alla Brunetta e Minzolini, le micro-destre di Meloni e compagnia, il corpaccione lepenista di Salvini. Il rischio è quello di “scomparire” mediaticamente all’ombra di figure e soggetti politici che godono senza dubbio di maggiore visibilità e livello di consensi. Italia Unica stenterebbe dunque ad emergere come credibile baluardo anti-Renzi, condividendo la battaglia con attori molto più forti e riconoscibili.
In seconda battuta, è criticabile la scelta di optare per un tema sicuramente fondamentale, ma poco adatto a suscitare interesse e a raccogliere consenso. IU è un player tuttora marginale: non compare nei sondaggi o si vede attribuite percentuali disastrose, fatica a presentarsi come movimento autonomo dalla figura del leader-fondatore e tende anzi ad essere ferocemente presentato come un club di “riciclati” o al massimo di “trasformisti”. Se c’è una battaglia per cui vale la pena imbracciare le armi è quella sull’economia, così efficacemente ingaggiata dall’economista pop Riccardo Puglisi su Twitter. La verve pugnace di Puglisi andrebbe proiettata a livelli più fruibili al grande pubblico, sfidando gli alfieri televisivi del renzismo nei talk-shows. Atteggiarsi a riedizione partitica di Libertà e Giustizia non trasformerà Passera nella versione borghese di Zagrebelsky. Ne eguaglierà al massimo l’irrilevanza nei circuiti decisionali e soprattutto l’incapacità di proiettarsi al di là del ristretto elettorato che si riconosce in tali battaglie.
In terzo luogo, le legittime critiche alla legge elettorale disegnata da D’Alimonte e al superamento del bicameralismo perfetto non sono esenti da un’accusa fondamentale ed ineludibile: l’appello democratico di Italia Unica è anche un tentativo di garantirsi la sopravvivenza futura. Tentativo più che legittimo in una democrazia che si rispetti e che presuppone il più alto grado possibile di rappresentanza e partecipazione. È innegabile che uno scenario così come quello prospettato dall’Italicum sarebbe letale per la creatura politica di Passera. Il PD, nonostante gli arretramenti degli ultimi mesi, avrebbe la possibilità di scalare la vetta del 40% scontrandosi con l’irriducibile area grillina ed un’eventuale “Santa Alleanza” di centrodestra capeggiata da Salvini. Che ruolo giocherebbe il partito di Passera? Fermo restando, al di là di un inatteso boom di consensi, che IU non avrebbe mai la forza di giocarsela alla pari, l’unica strada percorribile sembra quella dell’approdo tattico in qualche listone anti-Renzi. Proprio a questo proposito, lasciarsi scappare il banco di prova delle Regionali è un errore da matita rossa. I sommovimenti, lo spappolamento, le ribellioni dei cacicchi (vedi Spacca nelle Marche o Tosi in Veneto), i giochi locali che nascondono partite a livello nazionale (è il caso di Fitto) sono senza dubbio deterrenti all’ingresso in un’arena tanto caotica e densa di incognite. “Noi non correremo perché non crediamo nelle Regioni” annunciò Passera durante la convention. Pensare di mettere radici profonde affidandosi a qualche lista civica nei Comuni è però una pia illusione.
Di appelli democratici ne sono stati lanciati tanti negli ultimi anni, ma raramente hanno portato fortuna ai leader che se ne erano fatti portabandiera. La strada per Italia Unica sembra sempre più in salita, a meno che non riesca a far breccia nel cuore degli elettori con proposte in grado di coagulare maggior interesse e consensi.
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