Governo
L’incertezza della pena
Il 4 maggio è arrivato! Aspettato più che il 4 novembre nel 1918, ci innalzeremo dalle nostre trincee casalinghe, perpetrando questa metafora di guerra totale, al grido di battaglia di “Congiunti!” Eppure c’è qualcosa che non torna. Perché è vero che siamo parzialmente più liberi, più mobili, possiamo tornare ad assaggiare l’aria fresca del mattino nel parco lontano da casa, a divorare kilometri in bicicletta per le valli preferite e anche gustarci la torta della nonna. Ma il governo di unità nazionale, guidato dall’avvocato di Dio, dopo un mese non è riuscito a produrre un testo chiaro e preciso su quello che è consentito oppure no.
Dire che è grave è dire poco, per tutta una serie di motivi. Innanzitutto quello che si può o è sicuro fare dovrebbe essere basato sulla scienza. Invece questa presunta tecnocrazia che ci governa da tre mesi, dimostra una sicurezza scientifica a cui è meglio non affidarsi. Come se l’Apollo 11 avesse potuto atterrare sulla Luna come da obiettivo, ma anche nei pressi di Marte precedendo di molto la conquista del pianeta rosso. È chiaro che le norme di profilassi non possono aver acquisito certezza scientifica in così poco tempo. Ci si è attenuti a qualcosa di più generico, valido per ogni virus: distanziatevi; lavatevi le mani; vabbè mettetevi pure una mascherina (ok se proprio non l’avete, anche un foulard farà al caso).
Qua iniziano le prime contraddizioni, i primi attriti tra una buona prassi e la logica del burosauro triassico: posso vedere la cugina dello zio, ma non posso vedere la migliore amica. E questo non è solo idiota, ma è proprio malsano. Quante persone non hanno famiglia o “affetti stabili”, ma magari hanno amici che dopo mesi di clausura gradirebbero rivedere? Quanti ragazzi e adolescenti vorrebbero poter liberare un po’ di energie giovanili accumulate in casa, ridendo e scherzando con gli amici? Però, guarda caso, in metropolitana, in treno, etc. per andare a sgobbare ci si può ammassare con perfetti sconosciuti.
La fatica e il lavoro son la sola cosa liberata del tutto in questo 4 maggio. Non per i comuni mortali con il negozietto, certo che no. Ma per la gioia dei grossi grassi borghesi di covid-industria finalmente si può tornare in fila ad aspettare la sirena della fabbrica. Un sacrificio per l’economia, oro alla patria. Anche qua la scientificità, la buro-tecnocrazia vacilla sulle sue basi stesse, a partire dal volersi affidare ai fantomatici controlli dei protocolli che dovrebbero assicurarci che le morti non tornino mezzo migliaio al giorno. Sicurezza incerta, rischio alto, sfruttamento certo. La stessa logica che vieta alle persone una normale libertà, proibita perfino agendo con attenzione e accortezza, senza assembramenti, poi si contraddice impassibile nel momento in cui si è costretti al lavoro, con i contatti che anche le più accurate precauzioni non possono evitare.
Chiaramente la Grande Proletaria deve ripartire, e in qualche modo anche sacrificarsi all’altare dell’interesse finanziario. Scherzando si può dire che i miliardi per questa ripartenza, con un colpo d’arguzia degno di Lupin, verranno finanziati dalla mole di multe pronta a riversarsi sugli sprovveduti. Non c’è altra ragione altrimenti per aver prodotto delle FAQ talmente contraddittorie. O è uno scherzo o è deliberatamente voluto. Escludendo la prima opzione, leggiamo come non si possa fare attività ludica o ricreativa, ma si possa andare a pesca o fare jogging. Il picnic al parco no, ma se vi appostate con una canna e un panino alle più esigua pozzanghera risolvete. Le passeggiate sono permesse solo se dietro c’è uno scopo: prendere il giornale camminando va bene, ma se lo fai correndo puoi anche decidere di tornare indietro all’ultimo momento, a mani vuote.
Continuando, alla frase “è consentito spostarsi con mezzi pubblici o privati per raggiungere il luogo dove svolgere attività sportiva” segue “non è consentito svolgere attività sportiva fuori dalla propria regione”. Questo pare presupporre che io possa spostarmi liberamente nella regione al fine di fare sport, ma non è esplicitamente detto. Sono accostate due frasi che dette in una normale conversazione hanno una consequenzialità logica. Ma il non detto in legge apre spazio all’abisso di terrore che volutamente si vuole spalancare sui normali cittadini, per due motivi. Da un lato scoraggiare a prendere troppa iniziativa, ricorrendo alla buona vecchia paura per il bastone del cane bastonato. Dall’altro permettere all’ego ipertrofico degli sceriffi di Nottingham che imperversano sulle strade di strappare più multe punitive, riunificando di fatto nella loro arbitrarietà i 3 poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo.
Confusione, rabbia e incertezza ci accompagneranno rassegnandoci ad un altro stillicidio di informazioni, di contraddizioni volute prima del 18 maggio. Il nuovo traguardo che come la tartaruga di Zenone fa balzi da lepre in fronte a noi, Achille titubanti a cui ormai duole ben più che il solo tallone. Costretti allo sforzo lavorativo, tormentati dalla separazione, ingannati dalle strategie comunicative e infine braccati da una legge incerta. Come nei migliori governi assoluti, la legge inganna noi sudditi che nel più totale spaesamento, infine sfiniti, ci prostriamo ad ogni volere del Leviatano.
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