Governo
Le porte girevoli di Padoan
Dunque, la notizia della settimana che ha destato scalpore è quella che Padoan, già ministro dell’economia e delle finanze del governo Renzi e di quello di Gentiloni, sia stato cooptato nel Consiglio di amministrazione di Unicredit, per diventarne presidente.
Dobbiamo ricordare che il governo Renzi era costituito dal partito democratico, del quale il “bulletto” di Rignano era anche segretario. Le elezioni furono perse per la mutazione genetica che il partito subì: a servizio dei poteri forti, le banche, contro i ceti impoveriti, dimentico della questione sociale: Gramsci, Di Vittorio, Berlinguer, La Pira, De Gasperi, Moro, tutti gettati alle ortiche, un intero pantheon dileggiato e vilipeso dal giovane fiorentino.
E Padoan era lì: a dare copertura politico-economica al famoso decreto banche, ricordiamolo, quello scritto sotto dettatura delle banche: il Decreto n.59/2016.
Tra le tante norme capestro che conteneva, vi era anche quella che modificava il modo della custodia nel seno dell’espropriazione immobiliare, per scaraventare, come uno scarto, il debitore da casa sua, anzitempo prima dell’emanazione del decreto di trasferimento, che assegnava la casa compravenduta ad un nuovo compratore aggiudicatario.
Padoan è stato anche colui che ha ascoltato supinamente Messina, amministratore delegato della Banca Intesa, quando ha comprato per un euro le banche venete, lasciando allo Stato la carcassa sfatta e malandata dei crediti inesigibili: Intesa ha appreso voracemente la polpa ed il debito pubblico, secondo una stima di Codacons, ha assorbito una perdita di oltre 42 miliardi di euro. Il governo varò 17 miliardi per quella succulenta operazione: ed i risparmiatori stanno ancora aspettando un rimborso per le loro misere azioni ed obbligazioni.
Quello che stupisce è la capacità di superare con spregiudicatezza ogni conflitto di interessi e di lasciarsi andare con disinvoltura disarmante nelle porte girevoli, da controllore ministro a controllato amministratore delegato e viceversa.
È il paese, il nostro, del conflitto epidemico, ci ricordava Guido Rossi in un prezioso saggio: la struttura portante del nostro capitalismo soffre nella sua radice costitutiva del conflitto d’interessi.
Ma fa nulla per Padoan: Enrico De Nicola aveva un solo cappotto quando fu nominato Capo Provvisorio dello Stato; il grande giurista napoletano era famoso per essere un autentico galantuomo, cultore dell’ onestà, dell’ umiltà e del rigore: non accettò neanche lo stipendio di 12 milioni di lire annui previsto dalla legge, e piuttosto che farsene comprare un altro con i soldi dei contribuenti, usò sempre quello anche nelle cerimonie ufficiali: il cappotto rivoltato.
Ma questa è un’altra storia.
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