Governo

L’Aquila è il simbolo del fallimento italiano

6 Aprile 2015

L’Aquila è il simbolo dell’Italia. L’Aquila è l’emblema di uno Stato assente, che interviene sulle emergenze con annunci roboanti, dimenticandole totalmente quando la grancassa mediatica si rivolge altrove. L’Aquila è lì a ricordarci, ogni 6 aprile, che gli scandali e i ritardi avvenuti in Irpinia dopo il sisma del 1980 sono eventi ripetibili anche a distanza di decenni.

La (presunta) ricostruzione in Abruzzo è dunque il tragico racconto di un fallimento tutto italiano. La concausa di fattori, che hanno sostanzialmente bloccato questa ricostruzione, è un tipico male del Paese in cui viviamo. L’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è sicuramente responsabile del disastro. Ma è pur vero che né Mario Monti, né Enrico Letta né tantomeno Matteo Renzi hanno mai messo in agenda un piano concreto di ricostruzione dell’Aquila. La questione è scivolata via con la complicità di un’opinione pubblica orami annoiata rispetto al terremoto del 6 aprile 2009.

Del resto, bisogna ammettere, che l’Aquila è un problema che non fa neppure notizia. Viene celebrato l’anniversario, la gente scende in piazza, c’è la commozione del ricordo e poi tutto torna nell’oblio. Quindi perché mai un leader politico dovrebbe attivarsi? Quanti vota garantisce un impegno reale sul tema? Pochi, troppo pochi per mobilitare le energie necessarie. E probabilmente per questo motivo i cittadini hanno cominciato a rassegnarsi all’andazzo generale.

Di fronte al disinteresse nazionale, l’unica soluzione è quella di trovare delle alternative: una sana dose di pragmatismo deve sovrastare l’iniziale speranza. Magari qualcuno aveva sognato che l’Abruzzo non diventasse l’Irpinia del Terzo Milllennio. Ma non è andata così e, anzi, rischia di andare sempre peggio alla luce del fatto che questi non sono gli anni Ottanta dal punto di vista economico.

Maria Corbi, su La Stampa, ha raccontato, in un reportage, la situazione della città abruzzese. E mi ha particolarmente colpito un aspetto del suo articolo: nella parte finale dedica un passaggio alle scuole.

Nessun istituto è stato ancora ricostruito, nonostante i soldi per farlo, 44 milioni, sono nelle casse comunali da metà del 2013.

Propria la scuola, la base fondamentale (non solo simbolica) per il rifiorire di una comunità, è abbandonata a se stessa. Dimenticata da tutti. Allora penso una cosa, sincera, da cittadino. Sarebbe un gesto apprezzabile se qualcuno andasse in televisione per chiedere pubblicamente scusa ai cittadini dell’Aquila, ammettendo che in quella città si è consumato uno dei peggiori fallimenti italiani della storia contemporanea. Non sarà una consolazione, ma potrebbe essere un parziale risarcimento morale.

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