Governo
Lande desolate a sinistra del Pd
Lo strappo alla sinistra del maggior partito di maggioranza, pur per molti versi poco rilevante, ha impresso uno scossone al precario equilibrio mantenuto negli ultimi mesi da quel partito. Lo sbandamento, in un momento rilevante come la vigilia dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, ha spinto per necessità il presidente- segretario del partito ad appoggiarsi a Berlusconi, volpe rimasta accucciata mansueta e silente per mesi in attesa che la preda passasse; e gli ha reso un ruolo protagonista, di fatto.
Poiché l’alternativa prevedrebbe ben altro coraggio, per rimanere nel perimetro delle larghe intese Renzi si è trovato in una posizione di debolezza negoziale per l’individuazione del nome, premuto dalla sinistra del suo partito decisa a far pesare la propria autonomia per influenzare il più possibile l’elezione.
Il nome che uscirà da questo assetto, quindi, non potrà che essere di un nuovo garante delle larghe intese ossia, contro natura, del patto contratto con l’Europa nel solco difeso per anni dal neopensionato Napolitano.
Alla luce dei magri risultati conseguiti in questo quadro durante il semestre europeo, quindi, si avrà la certezza che lo schema di gioco nei confronti dei fautori dell’austerità non è destinato a cambiare per lo meno sul breve periodo. A meno che non si ritenga la fine della crisi spontanea e dietro l’angolo, non si voglia proprio credere alle voci di imminenti nuovi provvedimenti, e oltretutto non si intenda interpretare il segnale che proviene dalla Svizzera, ne consegue che affronteremo i prossimi mesi nella stessa posizione supina rispetto alle maggioranza conservatrici europee.
Certo, potremo affidarci alle mediazioni di Draghi; certo, potremo confidare nei fantastilioni di Juncker; certo, potremo augurarci che uno stellone intervenga; ma, realisticamente, andremo incontro a un altro giro di “sacrifici” e “responsabilità” con le mani nude e alzate, proprio come abbiamo fatto fino ad ora.
In questo assetto, e senza obiettive vie di fuga, Renzi, in assenza di colpi di fortuna sempre possibili o della possibilità di aprire una campagna elettorale a breve, è nella stessa e identica posizione di un Monti e di un Letta. Ossia è destinato al logoramento che i sondaggi già indicano, all’accerchiamento con relativo schiaffo del soldato da parte di amici, nemici e leccaculi di lungo corso; alla grattugia quotidiana dei quotidiani che l’hanno acclamato quale sovrano di ultima istanza nei domenicali lunghi editoriali. Un socialista europeo schiacciato (come mai avremmo voluto) con il suo partito nelle larghe intese e nell’austerità, come se ne sono già visti; senza possibilità nè potere contrattuale per uscirne.
Questa condizione paventabile, apre alla curiosità di capire che cosa potrebbe succedere alla sinistra di questo partito dove obiettivamente si apre una vasta area che al momento non vede organizzarsi alcuna offerta politica. Un’area lasciata scoperta dall’irrilevanza dell’ex comunismo vario ed eventuale, che non può essere riempita dai resti non biodegradati di quelle esperienze e che, evidentemente, non può essere organizzata attorno a giovanili settantenni in libera uscita democratica.
Un’area la cui domanda potenziale ha oscillato tra Grillo e il paziente sacrificio e ora, ingrossata dalla frustrazione non solo dei vetero democratici, ma pure dai ceti lasciati scoperti e bastonati dalle politiche austere, si aggira nella landa del non voto.
Una domanda potenziale di ceti medi delusi e impoveriti, di giovani illusi e traditi, di nuovi lavori, nuovi bisogni, soggetti dell’economia della conoscenza e dell’innovazione, affamati di diritti ma soprattutto di occasioni: la domanda lasciata scoperta dall’inesistente sforzo di “rappresentanza” seguito alle pur lusinghiere promesse recenti.
L’area del Podemos e di Syriza, delle idee di nuova tutela, rappresentanza, protagonismo sociale, mutualità, cooperazione, sindacalismo; l’area, in sostanza, che storicamente sempre e ovunque nei momenti di crisi sociale ed economica, per lo meno in ambito democratico, ha inventato originali esperimenti di organizzazione sociale.
L’area che, se frustrata e delusa, ha storicamente prodotto, sbandandosi, i maggiori disastri. L’area da cui potrebbe sorgere, proprio come avviene in Grecia e Spagna, nuova linfa vitale per il socialismo europeo e il progressismo democratico.
In quello spazio, nei prossimi mesi, dovrà accadere qualcosa; e se nulla accadrà, auguri.
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