Ambiente

Questione meridionale è anche l’alluvione in Calabria

14 Agosto 2015

Abbiamo trascorso giorni interi a baloccarci su un tema vecchio quanto l’unità d’Italia: la questione meridionale. Come ogni estate, infatti, il rapporto Svimez ha ricordato che il meridione d’Italia è in una condizione di desertificazione economica. Così il Partito democratico ha incentrato una direzione nazionale, quella più recente, per annunciare il masterplan per il rilancio del sud da settembre, non senza le battutine di marca renziana che ha accusato il sud di “piagnistei”, ricevendo la piccata replica di Roberto Saviano sulla mancanza di rispetto contenuta in quelle parole. Ma questa è ormai storia già archiviata nell’estate 2015.

Qualche ora dopo, come uno squillo di tromba che ha potenziato il rumore causato dal rapporto Svimez, c’è stato il maltempo in Calabria con la conseguente alluvione e danni ingenti in particolare nella zona di Rossano Calabro. Per fortuna non ci sono stati morti, nonostante la furia dell’acqua che ha invaso le strade, trascinando con sé le automobili. Ma cosa c’entrano la questione meridionale e l’alluvione? Una relazione c’è, eccome. La buona sorte dell’assenza di vittime non può far ignorare il problema: quando si parla di questione meridionale, bisogna pensare alla situazione di una regione, come la Calabria, flagellata (anche) dal dissesto idrogeologico. La Coldiretti ha ricordato, per l’ennesima, che in quell’area “il 100 per cento dei Comuni è a rischio frane ed alluvioni”. Insomma, non è un fatto proprio sorprendente quello che è avvenuto nelle ultime ore.

Se si illustrano piani – pardon masterplan – per il sud bisogna perciò fissare nella memoria che nel tema rientra a pieno titolo anche la messa in sicurezza del territorio. Sarà pur vero che questi progetti non portano consenso nell’immediato e probabilmente nemmeno a lungo termine (quale candidato potrebbe davvero rivendicare di aver scongiurato alluvioni?). Tuttavia, un progetto serio di rilancio del meridione deve ergersi alla difesa delle aree più a rischio. Perché significa che lo Stato torna vicino alle esigenze fondamentali dei cittadini.

Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, nel momento dell’emergenza si è affrettato a ricordare: “Abbiamo aperto circa settanta cantieri per interventi di 78 milioni. E crediamo che da qui a fine anno saliranno fino a 150 per un complessivo investimento di 180 milioni e ci sono altre risorse disponibili da impegnare nel più breve tempo possibile”. Un impegno lodevole, senza dubbio, nell’auspicio che alle parole seguono fatti concreti.

Tali fatti, specie in certe regioni d’Italia, non riguardano però semplicemente la distribuzione dei fondi. Per la ricostruzione serve sicuramente un sostegno economico. Ma al fianco è doveroso ricordare, senza giri di parole, che occorre un lavoro di vigilanza per verificare dove finiscono quei soldi. La storia ammonisce come nei decenni scorsi il meridione abbia ricevuto fiumi di denaro, che però hanno oliato – nella migliore delle ipotesi – sistemi clientelari o, peggio, hanno favorito l’arricchimento delle mafie. La Calabria è una regione simbolica per la sua complessità, con la triangolazione malapolitica-criminalità organizzata-dissesto idrogeologico, ma anche per la ricchezza di un territorio che potrebbe essere una miniera d’oro per l’economia turistica.

La volontà di affrontare la questione meridionale, quindi, comincia proprio dall’alluvione in Calabria. Che è arrivata dopo tanto cianciare sui masterplan per rilancio.

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