Governo
Non è l’opera dei pupi
La politica non è l’opera dei pupi, come molti tendono a raccontarla. Anche perché scarseggiano i pupari, la trama e lo sfondo storico. Così come è avvenuto per le elezioni dei due presidenti di Camera e Senato, l’indirizzo alla legislatura dovrebbero darlo M5S e Lega. Non solo perché vincitori (non autosufficienti, meglio non dimenticarlo), ma perché dimostrano una visione che il Pd e Forza Italia sembrano avere smarrito. Se questo non avverrà sarà solo perché: a. andando al governo non possono venire meno né alla riforma della Fornero, né al reddito di cittadinanza, né alla flat tax al 15%; b. le tre cose sono incompatibili. A meno che non si passi per un bagno di realismo.
Ad esempio: prima si ricalcolano i vitalizi parlamentari in essere (per i futuri sono già stati aboliti, sicché non si può riabolirli), sulla base dei contributi versati; poi si promuove il ricalcolo per tutti; ergo si annuncia la salvezza per le pensioni basse, tutelate in nome della socialità (questione vera); ergo si fanno saltare i limiti di età, tanto ciascuno andrebbe in pensione sulla base di quanto accantonato. Allora sì che fai la riforma della Fornero. Analogo ragionamento potrebbe valere per gli altri due punti. Non c’è nulla di impossibile, ma a patto di farlo in modo realistico. La difficoltà, consistente, è data dal fatto che il messaggio giunto agli elettori è un altro: si potrà andare in pensione prima, senza rimetterci; si avrà un reddito anche senza lavorare; si pagheranno meno tasse. Se ci dovesse calcare ancora quel terreno, continuando la campagna elettorale, non rimarrebbe che ricorrere a un trucco.
Troppo facile buttarla in caciara: vorremmo farlo, ma l’Europa ce lo impedisce. Ho da dare una cattiva notizia: non lo impedirebbe. Dentro la Commissione europea non contiamo niente, anche per la pessima scelta di Renzi di prendere il posto più fesso con la persona meno sensata. Contiamo molto alla Bce (grazie a scelte che furono fatte prima). Siamo in partita al Parlamento europeo, grazie alla convergenza di popolari, socialisti e liberali. Tutto questo finisce nel 2019.
Nel frattempo il debito pubblico è largamente rientrato dentro i confini nazionali, dove si trova per più del 70%. Far crescere il deficit e con quello il debito significa esporre il Paese a gravissimi rischi. La prima turbolenza dei mercati da noi si trasforma in bufera. Ragione per cui, in effetti, dalla Commissione continueranno a dirci: attenti, state violando le regole ed esponendovi a rischi, esponendoci tutti. Ma fino a un certo punto, perché siccome il debito italiano si trova quasi tutto in Italia, se diventa insostenibile crolla l’Italia, non gli altri. Crolla la nostra banca centrale, crollano le nostre banche e, del resto, non è un caso che gli altri recalcitrano nel rispettare gli impegni presi, a cominciare dal fondo interbancario europeo, che ne dovrebbe garantire i depositi. Ma, scusate, non sono i chiacchieroni italiani a dire che lo spazio bancario europeo è una fregatura? Quasi quasi gli altri daranno loro ragione.
Quindi: l’alibi dell’Europa cattivona non funziona, perché non solo è falso, come lo è sempre stato, ma ha perso anche significato. Se scassare i conti è pericoloso, e lo è, il pericolo lo corrono gli italiani. Si può straparlare finché si tratta di far propaganda, ma governare è altra faccenda. Questo è il dato con cui i vincitori devono fare i conti. Possono ben riuscirci, ma certo non andando a fare quel che raccontarono di volere fare, bensì traducendolo in quel che è possibile. Dovessero andare così le cose si dovrebbe prendere atto di quanto solida sia la costruzione istituzionale del 1948 e di quanto il sistema proporzionale sia argine alle avventure. Se.
Il guaio non sono i vincitori delle elezioni. Il guaio è un Paese che si prende in giro da solo e una classe dirigente di irresponsabili.
Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it
@DavideGiac
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