Governo
La ‘ministra della porta accanto’ che fa le 5 al Senato e non più in discoteca
Nickname: “Meb”. Segni particolari: braccio femminil-mediatico del renzismo. Incarico: ministro delle Riforme. La Alessandra Moretti di un tempo – non quella compìta che si aggira per i borghi del Veneto per la campagna elettorale – avrebbe inserito Meb, al secolo Maria Elena Boschi, al primo posto delle #ladylike, le rampanti giovani dell’epoca di Renzi: la capostipite della religione renziana, anche in termini di comunicazione.
La ministra è stata così mandata in avanscoperta per tracciare, in ineccepibile stile pop, il bilancio del primo anno di governo. Scelta accurata del giornale e messaggi ben calibrati: niente è stato lasciato al caso. «Prima le cinque del mattino le facevo in discoteca, mentre ora mi capita solo al Senato», ha confessato al settimanale Chi, nell’impeto di giovanilismo che tanto piace raccontare. Eppure, a ben guardare, al Senato si fa l’alba al massimo un paio di volte all’anno. Non è proprio una vitaccia.
Quindi perché concentrarsi su Meb e sugli stereotipi che propina? Semplice: proprio lei, Maria Elena Boschi, è la figura demandata a comunicare con quegli elettori meno avvezzi alla politica, i lettori di una stampa meno “impegnata”, dispensando con sapienza affermazioni politiche («Abbiamo tenuto ritmi sostenuti e chiesto alle Camere di lavorare cinque e anche sei giorni a settimana. Il mio bilancio è positivo anche se resta molto da fare»), a frasi più gossippare («Ho messo due chili e non ho trovato l’amore» oppure «Varoufakis non è il mio tipo»), nel gorgo indistinguibile dei piani politici e privati che finiscono per diluire il senso assoluto del discorso. Alla fine dell’intervista, resta la sensazione di “pienezza del nulla”. Si svaria da un versante all’altro, senza aggiungere alcuna informazione. Un vuoto pieno di parole travolgenti e proferite rigorosamente con il sorriso.
Questi ragionamenti rendono più umana l’inarrivabile Meb, la tratteggiano come la “ministra della porta accanto” che non si “dà arie”, nonostante abbia tutto: bellezza, successo e potere. Così il presidente del Consiglio, fidandosi ciecamente del suo alter ego femminile, propaga il verbo renziano, abbindolando noi tutti – addetti ai lavori e comuni cittadini – con un mix di freschezza giovanile e impegno politico, di semplicità e preparazione che disorientano. E soprattutto leva su una dote incancellabile per l’essere umano: la curiosità. Anche se un quesito resta: cosa c’è dietro il messaggio?
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