Governo
La lezione di morale del Pd ai 5 Stelle nel giorno della condanna a Ozzimo
Al Partito democratico non par vero che il Movimento 5 Stelle sia finito in una brutta storia di malaffare, a Quarto, in provincia di Napoli. Con tanto di evocazione di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Dopo anni di attacchi sulla legalità, con Beppe Grillo che sbatteva l’indagato in primo piano sul blog, il M5S deve fare i conti con un problema: sporcarsi le mani con l’amministrazione di una città. Indipendentemente dal tentativo di allontanare le ombre, da Quarto arriva un promemoria per futuro, riadattando un vecchio adagio: chi di intransigenza ferisce, di intransigenza rischia di perire. Fuor di propaganda è un fatto fisiologico in un processo di crescita di un partito (per quanto nuovo voglia apparire).
In questo contesto è in parte comprensibile che la propaganda politica preveda qualche stoccata. A patto di non esagerare: nelle ore in cui infuria il dibattito, infatti, è arrivata la condanna in primo grado dell’ex assessore al Comune di Roma, Daniele Ozzimo, nell’ambito del processo su Mafia Capitale. Certo esistono ancora due gradi di giudizio: prima di allora l’ex esponente della giunta della Capitale è innocente. Un fatto che va ripetuto senza ipocrisie o furie giustizialiste, ancora di più dopo il caso dell’intercettazione trascritta male che lo riguarda. Ma c’è anche una questione di opportunità politica per evitare di assumere posizioni ridicole per i dirigenti di Largo del Nazareno: davvero bisogna insistere tanto su Quarto?
Insomma, è vero: proprio loro – i pentastellati sbandieratori dell’onestà al potere – sono costretti sulla difensiva su un tema fondamentale per il successo, come l’integrità morale. «Il M5s voleva pure cambiare tutto, ma i metodi scelti sembrano i peggiori possibili», ha dichiarato il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato. Il presidente dell’assemblea nazionale, Matteo Orfini, è gongolante: «Quando segnalai che a Ostia i clan inneggiavano al M5S, Di Maio disse che mi dovevano ricoverare. Lo disse da Quarto, dove la camorra vota M5S». Anche la vicesegretaria dem, Debora Serracchiani, ha rincarato la dose, tirando in ballo anche i nomi di spicco dei 5 Stelle come Luigi Di Maio e Roberto Fico. «A Quarto hanno fatto campagna elettorale a tappeto, dando lezioni di onestà. Chiariscano», ha scandito la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Ma, prevedibilmente, qualcuno farà notare sia a lei che a Orfini, un altro problema: il Pd avrebbe molte cose da chiarire su Mafia Capitale, indipendentemente dalla condanna in primo grado per Ozzimo (che in Appello punta all’assoluzione alla luce della nuova versione delle intercettazioni). Oppure per restare in Campania, visto che si parla del Comune di Quarto, i democratici hanno tra le mani anche la questione del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca.
La sensazione, davvero terribile per un comune cittadino, è che i prossimi mesi di scontro politico si trasformino in un gioco al rimpiattino del tipo “tu sei peggio di me, perché hai fatto questo e quell’altro”. Ecco, ora nessuno immaginava un dibattito di caratura filosofica visti i protagonisti in campo dall’una e dall’altra parte. Ma quantomeno avremmo sperato in un confronto leggermente superiore al livello infantile a cui stiamo scendendo nelle ultime ore. Forse, dal Pd al M5S, sarebbe l’ora di assumere una consapevolezza: il tema della legalità non può essere uno stendardo di una campagna elettorale. Un promemoria necessario: il ventennio berlusconiano è finito anche su questo argomento.
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