Famiglia

La famiglia Brambilla

15 Settembre 2023

Ho imparato che stare con quelli che mi piacciono è sufficiente (Walt Whitman)

Niente da fare, la famiglia è il chiodo fisso del signor Giorgia Meloni, il quale non perde occasione di cercare di definirne i confini. E già, perché a lei, e a persone a lei molto vicine, piace solamente un tipo di famiglia che, se ci guardiamo proprio bene intorno, è veramente rara.

La sua stessa famiglia di origine non risponde ai canoni che Meloni vorrebbe stabilire una volta per tutte. Forse da questa famiglia monca del padre, con cui Giorgia litigò all’età di 11 anni, popolata quindi unicamente di donne, sono sorte visioni strambe. Donne che, probabilmente, hanno avuto una storia diversa e magari più difficile, non lo metto in dubbio. O, forse, sarebbe stato più difficile mantenere i rapporti con un padre che di famiglie ne aveva tre, sparpagliate tra Italia e Spagna. Quello più affezionato all’idea di famiglia, alla fine, sarebbe potuto risultare lui, cercando quella perfetta, visto che le precedenti non funzionavano. Ha qualche cosa della fiction di Pappi Corsicato “Vivi e lascia vivere”, c’entra sempre la fuga del padre alle Canarie. Chissà se Pappi si è ispirato.

Di fatto, il signor Giorgia Meloni è cresciuto senza una figura maschile di riferimento e se l’è dovuta inventare. Forse anche questo attaccamento all’idea di Dio, divinità maschile per eccellenza, deriva da quest’assenza paterna. Un padre che non si vede ma che, se lo invochi, se ci credi, ti fa sentire la sua voce e t’ispira, un padre comodo, alla fine, con cui non entri mai in conflitto perché non lo vedi mai, impegnato com’è a pensare ai problemi del mondo e ai miliardi di preghiere da gestire. Con un padre a distanza così le cose possono funzionare meglio, si sarà detto Giorgia. Forse anche questa visione immaginaria spinge a dire Meloni a Caivano che “Lo Stato c’è” (anche se non si vede e non si è visto prima).

Dio è quindi un altro punto fermo della personalità di Giorgia Meloni. Il tipo di famiglia che vien fuori dalle Scritture è comunque anche quello una famiglia outsider: una ragazza madre che mette al mondo il figlio di un Dio che l’ha scelta per motivi suoi, la quale visto che l’impollinatore è invisibile, ha dovuto trovare un uomo che si accollasse la paternità, anche davanti al mondo. Un carpentiere andava bene, anche perché il carpentiere costruisce case e casa e famiglia sono spesso sinonimi. Ma non era il vero padre. E qui già si parte assai male, ma tant’è, dura essere il figlio di Dio!

Siamo lontani dalla mitologia greca, dove gli dèi maschi, soprattutto Zeus, fecondava ninfe e dee a piacimento, popolando di semidei l’Ellade. In Palestina ne bastava uno.

La famiglia ossessiona quindi Giorgia Meloni e non trova nessun modello migliore di quello che nella sua non ha funzionato. E con quel modello cresce e si moltiplica.

Nel frattempo si aggiungono vari impulsi, derivanti dall’ideologia che Giorgia abbraccia fin dall’adolescenza, e quindi vede come fumo negli occhi tutti i tipi di famiglie che si affacciano nella seconda metà del XX secolo, anche perché nel frattempo, anche contro la sua volontà, la società cambia. D’altro canto, se ci pensiamo bene, anche la società della Palestina di duemila anni fa è un po’ diversa da quella attuale, ma molti sembrano non accorgersene. Tutte ste famiglie doppie, triple, omogenitoriali, allargate, ristrette, interraziali e multiculturali disorientano Giorgia che decide di far loro guerra. La famiglia è una sola ed è quella che ha in testa lui e qualche altra persona a lui affine, del suo partito, o altri un po’ più lontani, come Orbán, che decide una politica demografica assolutamente anacronistica. E così, spalleggiata anche da una Chiesa che, se da un punto di vista ecumenico si dichiara interraziale e internazionale, poi, negli angusti confini dell’Ungheria e dell’Italia, si ritrova a essere tirata per i capelli e a essere bianca, cattolica e apostolica.

L’incontro con Orbán a Budapest su questo verteva. Il “successo” demografico ottenuto dal premier ungherese è da replicare secondo lei anche in Italia, seguendo schemi già superati dalla Storia, ma da un bel pezzo, per poter quindi benedire e santificare la famiglia tradizionale e ovviare al calo delle nascite che “affligge” il nostro paese.

Un paese che Giorgia Meloni non conosce per niente, perché lei ha in mente solo il suo mondo dal raggio di venti centimetri. In Italia, la classe media, sempre più impoverita, ha difficoltà a progettare un futuro per una prole vasta e nutrita come se la figurerebbe Giorgia Meloni, anche se avesse tutte le facilitazioni del mondo. E, diciamolo chiaramente, la “famiglia” di Giorgia Meloni, la sua personale, è anche blindata: il cognato è ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare, il compagno di lei è giornalista e ha una sua trasmissione su Mediaset, amplificando quindi le cose che dice la compagna, la sorella Arianna adesso diventa il numero 2 (dopo Giorgia) di Fratelli d’Italia,  la “famiglia” è quella, neh? Familismo… vecchio vizio italiano.

Tornando alla famiglia vera, quella in difficoltà, proviamo a vedere perché ci sono tante difficoltà. A parte i deliri degli ecoansiosi, come la studentessa di qualche tempo fa che scoppiò a piangere in pubblico, convinta che il mondo stesse per finire dopodomani e quindi che metteva al mondo un figlio a fare, fare un figlio significa responsabilizzarsi, sia da parte del padre che dalla parte della madre. La coscienza di essere genitori significa tante cose. Innanzitutto significa dedicare tempo, tanto tempo ai figli, in modo da allevarli, istruirli, educarli nel migliore dei modi e per farlo bisogna essere persone consapevoli, coscienti di sé e con discrete possibilità economiche. Oggi mandare un figlio a scuola, sia anche la scuola media o la superiore, significa affrontare molte spese, e significa anche aiutare i figli nei compiti a casa, significa sorvegliare che studino, non lasciarli davanti alla tv a giocare o ad assimilare informazioni senza una coscienza critica oppure, peggio, lasciar loro libero accesso si cellulari e farli rincretinire sui social perché i genitori devono avere i loro svaghi indipendentemente dai figli. Oppure, cosa ancor più grave, quando sono ancora piccoli, i genitori se li portano al ristorante coi loro amici, e restano fino a tarda notte in giro coi loro piccoli, che non partecipano alla vita degli adulti e frignano perché per loro sarebbe stata l’ora del sonno da un bel po’. E molestano, colle loro grida di aiuto, le persone che figli non ne hanno ma devono sorbirsi quelli di genitori che non sanno fare i genitori, rinunciando a una vita sociale uguale a quella di prima, incapaci di modificarla per egoismo. I bambini vanno a letto presto, non perché debbano essere puniti ma perché hanno dei bioritmi totalmente diversi, e questo la maggior parte dei genitori moderni non lo sa o non lo vuol capire.

Metter su una famiglia significa dedicarsi. Dedicarsi significa preoccuparsi, darsi da fare e soprattutto farlo con amore. L’amore che ha fatto sorridere con ironia e scetticismo Giorgia Meloni, in un’intervista, quando gli fecero notare che i bambini hanno proprio bisogno di quello. Chissà invece di cosa hanno bisogno i bambini secondo il presidente del consiglio, solo di una figura paterna e una materna per non disorientarsi, poi, se di amore non ce n’è manco una briciola, non importa. Bella roba.

Le tante famiglie disponibili, considerati come nuclei familiari, almeno, dalla legge, non le vanno bene, così come non vanno bene due padri o due madri, come non le va bene l’adozione del figliastro quando uno dei due della coppia omogenitoriale muore, e tante altre cosette che, al contrario, farebbero un gran bene alla crisi demografica italiana.

Ci sono coppie che non possono aver figli, per esempio, per sterilità del padre o della madre, ma che li vorrebbero. Eppure le pratiche per le adozioni sono sempre complicatissime, e non le va bene nemmeno la maternità surrogata, pratica che, al contrario, faciliterebbe l’aumento delle nascite in Italia.

Ovviamente la maternità surrogata è stata spesso associata alle coppie omosessuali, proprio perché biologicamente solo uno dei due genitori (o nessuno dei due in caso di doppia sterilità) può essere quello “vero”, collo stesso DNA. Che poi vai a capire quale poteva essere il DNA del figlio di Dio, punto di riferimento dell’ideologia meloniana. Ma la maternità surrogata è il diavolo, anche quando è semplicemente offerta con atto d’amore da parenti stretti e amici vicini alla coppia sterile. Le resistenze ideologiche della destra sono talmente incancrenite che nemmeno cercando di far ragionare i suoi adepti si riesce a scalfirle. Le filippiche dei Fontana, dei Donzelli, dei Pillon e di tanti altri sono talmente petulanti e pesanti che appena aprono bocca si ha voglia di cambiare canale per non sentire le solenni minchiate che dicono.

Aprire maggiormente alle adozioni internazionali non se ne parla, perché la “sostituzione etnica”, come proclamato dal ministro cognato, è in agguato e non sarebbe bello per un paese di etnia bianca. Evidentemente si pensa che i migranti che vorrebbero metter su famiglia nel nostro paese abbiano tutti la pelle nera, mentre sono solo una minoranza. Ma non è questo il punto, perché io mi auguro che aumentino e che riescano a trovare una loro pace, anche familiare.

È di ieri un servizio di Damilano a Il Cavallo e la Torre, in cui viene intervistato un migrante, Mbengue Nybilo Crepin, che ha perso moglie e figlia nel deserto libico perché rifiutato da quelle canaglie della Tunisia, le guardie di frontiera che l’hanno pure derubato di tutti i soldi che si era portato con sé dal Camerun. Lui, che in un primo momento era quello che sembrava essere vicino alla fine, si è separato dalla moglie e dalla figlia, che ha spinto ad andare avanti verso la supposta salvezza. Invece lui è riuscito a sopravvivere per un caso fortuito, ossia per avere incontrato altri migranti che l’hanno soccorso per come potevano, dandogli un po’ d’acqua, e poi, arrivato fortunosamente in un centro di raccolta si è messo a cercare i familiari. A un certo punto qualcuno gli ha mostrato una fotografia delle due donne morte nel deserto, probabilmente fatta perché, in un momento o in un altro qualcuno avrebbe potuto dar loro un nome, e la sorte ha voluto che fosse proprio il marito e padre a scoprirlo. Una storia straziante. Ecco, questa famiglia, composta da padre, madre e figlia, è stata distrutta dalla negazione di un mondo migliore per chi si mette in viaggio, per i motivi più disparati. Cosa vai a dire a un uomo così, che ha perso tutto? Non dovevi partire? Dovevi aspettare che noi, Europa, mandassimo gli aiuti, visto che blateriamo da decenni “aiutiamoli a casa loro”? Bell’aiuto, se c’è sempre tanta gente che scappa, ma proprio tanta. Si vede che non si aiuta abbastanza. Invece si preferisce dare soldi ai dittatori o simili per stroncare ai confini queste persone che scappano, senza distinguere se siano profughi o migranti economici, nessuno va a indagare, chi se ne frega, noi vogliamo turisti ricchi non questi straccioni che arrivano coi taxi del mare.

Se questa famiglia fosse riuscita a metter piede in Italia, come molte altre, avrebbe probabilmente procurato solo del benessere in più, per sé stessa e per il Paese, mentre Giorgia Meloni blatera con Orbán di Dio e della famiglia.

La storia di Mbengue Nybilo Crepin si può ascoltare nell’intervista della RAI a Il Cavallo e la Torre del 14 settembre:

https://www.raiplay.it/video/2023/09/Il-Cavallo-e-la-Torre—Rifugio—Puntata-del-14092023-dfa6f7c1-ef40-432d-934f-234da2b7b1a6.html

Cos’hanno da dire Meloni, Salvini, Fontana, Pillon, e tutta questa truppa di smandrappati che ci governa il cui problema fondamentale sembrano essere le doppie punte?

Mentre ascoltavo la trasmissione mi sentivo piccolo piccolo, fortunato di essere nato in Europa, nonostante le difficoltà. Le mie difficoltà rispetto a quelle scompaiono.

Famiglia. Una bella famiglia che conosco è libica. Il padre di questa famiglia, biologo che oggi lavora in un’azienda toscana, con quattro figli, tre ragazze e un ragazzo, quando crollò il regime di Gheddafi, si trovò quasi apolide, lui che studiava al CNR per delle borse di studio, perché la Libia si spezzò in due, poi tornò una, poi di nuovo spaccata, colle istituzioni e le ambasciate in perenne variazione. Lui in Italia, la famiglia a Bengasi. In qualche modo con le nostre conoscenze siamo arrivati a far partire, con difficoltà inenarrabili, la sua famiglia e a farla giungere in Italia, e lui e loro sono stati fortunati. Oggi tutti e quattro i figli vanno all’università, a Pisa, e sono dei veri geni della chimica e della matematica. Parlano italiano benissimo e chissà che ricordi hanno del paese d’origine. Le ragazze hanno buttato il velo alle ortiche, resesi conto della libertà di cui gode la donna in Occidente rispetto al mondo islamico. La storia del mio amico e della sua famiglia meriterebbe una sceneggiatura e un film. Così come la meriterebbe quella dell’uomo camerunese che ha perso tutto. Benedetto Garrone e il suo film vincitore a Venezia.

Io spero che ci siano sempre più di queste famiglie tra noi, anziché quelle di ragazzi viziati e ignari che hanno tutto e che buttano via le loro vite non sapendo il valore delle cose e delle persone. Così come spero che questo governo di inutili venga spazzato via da qualcosa di migliore, non ne posso veramente più della banalità e dell’ignoranza con cui viene trattato tutto. L’Italia è un grande paese che merita di meglio. Se le opposizioni fossero in grado di esprimere uomini e donne migliori di quelli che ci sono stati e che si sono poi creati dei microcosmi e cerchi magici, ghettizzandosi e credendo di essere aghi della bilancia (di che cosa?), narcisisti marci e inconcludenti, forse si potrebbe creare un’alternativa vera. Smettetela di litigare e fate, altrimenti quello che faranno questi ridurrà il paese ancora più arretrato di quanto non sia già. Intellettuali, fatevi largo, so che ci siete, eliminate queste zavorre di politici.

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