Governo

Ma perché pizza, belle donne e calcio non piacciono al governo?

24 Gennaio 2015

Nella vita che vorrei – ormai che avrei voluto –  mi sarebbe enormemente piaciuto far parte di almeno sei delle otto categorie che il Ministero dello Sviluppo italiano ha offerto invece al pubblico ludibrio del consesso di Davos come paradigma dell’italiano peggiore, dello stereotipo classico che ha raggiunto fama universale, rispetto invece al valore, alla fatica, al talento, alla professionalità che fanno del nostro popolo un popolo eletto. Vista la platea che doveva raggiungere, il video è opportunamente in inglese ed è già stato recensito (molto positivamente) da Beppe Severgnini sul Corriere della Sera. Il quale Severgnini si è detto molto sorpreso non solo della fattura onesta del video rispetto alle tragedie filmiche immaginate e prodotte dai governi passati, ma soprattutto dal focus che ha rappresentato come punto centrale della contraddizione italiana.

 

http://youtu.be/LaXqHU32bm4

“ITALY THE EXTRAORDINARY COMMONPLACE” è un video prodotto dal Ministero dello Sviluppo economico e dall’ICE Ministero e ICE e presentato in anteprima al Forum di Davos il 21 gennaio scorso. Con questa iniziativa – si legge nel canale Youtube del ministero – si intende sfatare alcuni luoghi comuni (made in Italy uguale moda, design e agroalimentare), rimarcando invece che l’Italia è grande produttore di beni tecnologici e secondo esportatore europeo nel settore meccanica e automazione.

 

Un esame del video dal punto di vista della sceneggiatura e dell’obiettivo che voleva prefiggersi, ci racconta innanzitutto di un prodotto che gioca “facilmente” con quella doppia anima popolare e iconografica che ha animato soprattutto la nostra parte distruttiva e che è stata sempre usata per tentare di dimostrare il suo contrario. E cioè che l’italiano fancazzista e pizzaiolo in realtà mette ingiustamente in ombra un italiano almeno perbene e professionale e nella più strepitosa delle opportunità persino geniale. Un meccanismo scenico e filmico discretamente obsoleto e conseguente da cui non si riesce a uscire soprattutto perché non conviene. Non conviene perché battere sentieri diversi avrebbe significato percorrere almeno un tratto di strada insieme a un italiano poco qualunque come Paolo Sorrentino, il quale, nella Grande Bellezza, per rappresentare i difetti dell’italiano ha evitato con cura quella stolida contrapposizione tra luoghi comuni ed eccellenze per innervarla invece di uno sguardo anche cinico ma profondo sugli stessi difetti che animano questa contraddizione.

Ma torniamo alla categorie del video di cui avrei volentieri fatto parte, sia come aspirazione sia come contenuti. Naturalmente, e come non potrebbe essere, si parte dalla pizza, dalla vecchia, cara, pizza e dai suoi pizzaioli proprio in un tempo – questo – in cui il lavoro su questo specifico prodotto sta diventando semmai paradigma di un’altra Italia, quindi non solo dell’eccellenza italiana ma persino di una certa esclusività del food rispetto all’idea di piazza che sin qui ci aveva accompagnato. Il paradosso è che mentre i più bravi pizzaioli vogliono scrollarsi di dosso quel peso della infame tradizione qualunquista, il ministero dello Sviluppo lo riconsegna tutto intero al cospetto del mondo. E senza neppure rendersi conto di una certa ridicolezza del paragone: si contrappongono piazzaioli cattivi “all’Italia leader mondiale nella creazione di grandi infrastrutture – 1000 costruzioni in 90 Paesi». Insomma pizza e fichi.

Dopo la pizza, quale altro baluardo della convenzione letteraria italiana va abbattuto? Ma naturalmente quello del grande amatore, dell’inguaribile dongiovanni, del latin lover che nel video viene comicamente opposto a un’immagine effettivamente assai poco erotica come “un’Italia che ha il 5° surplus commerciale di prodotti manifatturieri”, e poco più in là beccatevi gli «Amanti della dolce vita» che in realtà credevamo già compresi nella categorie precedente per contrapporli – anche qui per via molto logica – con l’Italia che è “leader indiscusso nella produzione di super-yacht, con il 40% degli ordini mondiali”, quando in realtà il prodotto – lo yacht –  richiama immediatamente la categorie sia dei latin lover sia quella degli amanti della dolce vita.

C’è inevitabilmente anche un pizzico di moralismo che a buon mercato affiora qua e là in superficie anche sul piano degli stili di vita, sempre nell’ottica per cui chi si diverte e magari si diverte molto non possa, non debba, essere anche un italiano virtuoso. E qui, alla categorie “Festaiole? (Party addict?) , quindi donne, si compie il piccolo miracolo borghese di contrapporle alle ricercatrici che tutti i giorni, a testa bassa e senza staccare lo sguardo dalle provette, tengono insieme dignità (nessuna festa, please) e fatica e disciplina del lavoro. Via via, di luogo comune in luogo comune, per cui alla voce “Eterni fanciulli” si contrappone una simil Cristoforetti che gira nel cosmo, per arrivare all’apoteosi, qui invece tutta maschile, dove si dà la stura alla religione dei “Maniaci del calcio”, che secondo il nostro ministero dello sviluppo minculpop sarebbero dei bru-bru a cultura zero che affollano le arene (non le affollano più ma questo il ministero non lo sa) per quattro pedatori scemi, invece che riempirle  per ammirare l’opera lirica.

 

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