Governo
Italia Viva. Per quanto?
È vero, la sua credibilità è bassa. E lanciare un nuovo partito con indici di credibilità così bassi non è una garanzia di successo. È vero anche che in tutte le democrazie occidentali il confronto politico va polarizzandosi – la società intera si polarizza, sempre di più, in ogni ambito – e questo non aiuta il posizionamento tendente verso il “centro” dello spazio politico.
Tuttavia, l’operazione di Renzi è un’operazione “necessitata”. Corpo estraneo o meno, quelle due anime nel PD non potevano più convivere (da anni, direi). Primum vivere, Renzi ha allungato la legislatura esattamente per questa ragione: per mettere in sicurezza uno spazietto politico, che può esistere solo fuori dal PD.
Ora c’è da capire se lo spazietto ha margine per diventare altro. La vulgata più diffusa è che Renzi non abbia chance di crescita. Io non ne sono convinto, per le ragioni che seguono.
Visibilità: il nuovo partito – e prima ancora il protagonismo “estivo” – ha ridato visibilità e centralità a Matteo Renzi. È un leader acciaccato (dal quel fatidico 4 dicembre) ma non è morto. Da qui alla Leopolda, la sua esposizione continuerà a crescere e pian piano i sondaggi “certificheranno” un’esistenza sempre più solida e verosimilmente gonfiata per ragioni di sovraesposizione. Il che, se ben sfruttato, può generare effetti sul consenso (e in Parlamento).
Golden share della maggioranza: Renzi ha in mano – ad oggi – le sorti di questo governo, senza farne parte in prima persona. Ciò significa che potrà fare opposizione interna, che potrà “ribellarsi” pubblicamente a tutto ciò che riterrà impopolare, differenziandosi da PD e 5 Stelle, cercando di lucrare su quelle differenze, ponendosi dalla parte del “popolo” (cosa che sa fare molto bene, 2014 docet). Si prenderà il suo tempo prima di diventare il grillo parlante della maggioranza, ma lo farà. È l’unico modo per sopravvivere alle esperienze di governo, praticamente in tutto l’Occidente.
Leadership e posizionamento: oggi sono le due caratteristiche-chiave per ottenere consenso. Nella politica personalizzata, un partito senza un leader forte e mediaticamente efficace riduce di parecchio il suo potenziale. C’è chi contesta che Italia Viva sia “solo” un partito personale. Può darsi, lo vedremo. Ma un partito non personale che non abbia una leadership forte oggi è messo peggio. Chi è il leader del PD? Quali caratteristiche vincenti possiede? Quali doti – personali prima che politiche – lo rendono speciale, carismatico e “votabile”? Ok, il leader non basta, serve anche un messaggio forte inserito in una narrazione convincente ed emotivamente impattante, centrato su temi-chiave per l’opinione pubblica. Una storia che parli di noi. Sono sicuro che alla Leopolda questo posizionamento arriverà (come è sempre stato) ed è anche facile prefigurarlo. Qual è, di nuovo, quello del PD? Quale storia ci propone? Quali sono i suoi temi-chiave? E soprattutto, gli (eventuali) temi-chiave cattureranno l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media? Detteranno l’agenda? Sposteranno voti?
Margini di crescita: la nascita di Italia Viva “condanna” il PD a guardare a sinistra. Per alcuni è un bene, ma di fatto è anche un vincolo. Nella migliore delle ipotesi, può riunire la sinistra e rosicchiare quella parte di elettori persi e finiti ai 5 Stelle, ma non è affatto scontato che ciò accada. Il PD, proprio per ragioni di leadership e posizionamento carenti, non è Salvini. E dunque l’operazione “prosciugamento” del M5S governando insieme non è affatto certa. Potrebbe addirittura accadere l’inverso, come abbiamo visto nel mese di agosto, quando è stato Di Maio a dettare le condizioni (i 20 punti, “il PD parla solo di poltrone”, ecc.) e ad acquisire centralità (fino al via libera definitivo via Rousseau). Renzi invece ha un notevole margine alla sua destra, fino a Forza Italia (compresa). D’altronde già si può notare una certa fibrillazione nel partito di Berlusconi che ha evidentemente anch’esso grandi problemi di posizionamento e di leadership “consumata”. E attenzione…il messaggio renziano riuscì già a sgonfiare i 5 Stelle nel 2014, non è detto che anche questa volta non possa accadere. Magari con risultati molto inferiori, ma quel ruolo di “opposizione interna” nella maggioranza aiuterà non poco.
Sottovalutazione: la prima volta che vidi Renzi in TV (era un Ballarò del 2009 credo), commentai la sua performance il giorno dopo con un leader dell’allora centrodestra che disse: “ma dove va? È un cialtrone, un venditore di fumo…” io risposi: “(anche) per questo vi farà le scarpe fra un po’”. Nel 2012, quando Monti “salì” in campo, un noto giornalista italiano mi disse: “Il futuro è Monti. La politica è cambiata, la comunicazione anche”. Io risposi: “per me il futuro è Renzi, vedremo”, ricevendo la solita risposta piccata sul cialtronismo del giovane rampante. Ciò che avvenne dopo è noto a tutti. Certo, il “dopo” ha riservato anche una bella legnata ma due cose sono evidenti: 1) non è un politico finito. La sua credibilità è bassa, ma non è “impresentabile” come molte altre vittime del nostro costante “consumo ossessivo” di leader; 2) fiuto, abilità e spregiudicatezza non gli mancano di certo. E ha anche (tardivamente) imparato a sparire dai radar quando serve. Ad esempio, tra agosto e settembre ha giocato perfettamente questa carta, mentre dopo il famigerato 4 dicembre continuò a imperversare ovunque, intestandosi tutta la curva calante del gradimento e della credibilità. Mi sembra che abbia imparato anche a gestire la sua immagine, dosando l’esposizione. Il che non è poco. Certo resta il problema della credibilità. Ma dopo l’ultimo agosto con Salvini che dichiara la fine della maggioranza ma non si dimette e lascia i telefoni sempre accesi, Conte che passa da destra a sinistra in scioltezza cancellando un anno di governo in un pomeriggio, Di Maio che accantona il “partito di Bibbiano” in 2 minuti e Zingaretti che era pronto a votare perché “non intendo favorire nessuna alleanza o accordo coi coi 5 Stelle”… davvero crediamo che il problema di credibilità sia solo di Renzi? Non domandiamo più coerenza ai nostri politici se non quella di essere incoerenti. Domandiamo emozioni a flusso continuo, promesse eccitanti poco credibili ma funzionali al nostro tifo. Rassicuranti più che fattibili. E più si è incoerenti, più è facile produrre nuove pillole psicotrope di questo tipo … fino a quando l’opinione della massa non cestina definitivamente il leader di turno (e quel momento per il nostro non è ancora arrivato).
C’è scissione e scissione: Girano paragoni con precedenti del recente passato che condannerebbero Matteo Renzi: Alfano e Fini dal PdL, Civati e la “vecchia guardia” dal PD, tanto per citarne alcuni. Il problema di questi confronti è che non fanno i conti col contesto, occorre relativizzare. Uscire dal PdL con quel Berlusconi in sella (o forse sul trono) è molto diverso rispetto a uscire da un PD senza trono (e praticamente senza Re). Allo stesso modo, uscire dal PD renziano con Renzi in piena forma configura un precedente molto diverso. Oggi Renzi esce da un PD che è un’orchestra senza direttore, una nave senza timoniere (e di fatto anche senza rotta). Italia Viva il timoniere ce l’ha, la rotta presto sarà chiara e avrà il vento in poppa di chi sa che non deve timonare la nave più pesante. Quella del governo della nazione.
Tre anni fa in parecchi prevedevano un ventennio renziano. Era un errore, nessun leader può ambire a durare così tanto nella società dell’usa e getta, tanto meno se governa. Ma non è morto. E non ha rivali nel palcoscenico dei leader se non un suo omonimo, molto più a destra. Acciaccato anche lui, ma vivo più che mai. Prima di tutto – anche in quel caso – per assenza di alternative.
Se il PD vuole cancellare Matteo Renzi, deve inventarsene uno nuovo, con una narrazione/agenda che rottami quella renziana. E non è per niente semplice. Specie dai banchi del governo, di quel governo.
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