Governo

Intervista al segretario Pd della roccaforte rossa: Pd torni di centrosinistra

13 Marzo 2018

Ci accoglie nel suo ufficio nella sede del Pd modenese al terzo piano di una palazzina a ridosso del centro, in via Rainusso. Una chiacchierata di un’ora e mezzo, durante la quale non si sottrae a nessuna domanda. Davide Fava è il segretario provinciale del Pd di Modena, il segretario dell’ultima roccaforte rossa. Della città dove, nonostante la sconfitta nei collegi della provincia, in un contesto di disfatta nazionale il Pd ha tenuto nel capoluogo promuovendo all’uninominale Beatrice Lorenzin. Fava è una persona dai modi garbati ed eleganti. Preciso nell’argomentare fin quasi a sfociare nella ricerca manichea del termine corretto. Gilet, giacca e cravatta, pizzo curato e un velato e rassicurante odore di sigaro. Appare come l’espressione della politica pensata vecchio stampo, che un po’ si compiace di se stessa ma che evita la deriva snob aprendosi al dialogo in modo – almeno nella forma – sincero.

Eletto segretario a ottobre 2017 come uomo della mediazione, ex Ds di tradizione migliorista, visto come manovrabile dalla fetta renziana del partito (che a Modena significa Matteo Richetti), Fava si è conquistato in questi mesi una precisa autonomia all’interno del partito.
Un partito che però – a livello nazionale – mai è andato così male in termini di consensi.
Con Fava partiamo dal dato nazionale, per poi toccare il futuro del Pd in Regione Emilia Romagna (attraversato dalla corrente vetero-renziana di Giuseppe Boschini e dalla voglia dimissionaria della parlamentare Giuditta Pini) e del futuro del centrosinistra a Modena. Nella roccaforte rossa. Quello che è stato spesso definito il Sistema-Modena, quell’intreccio tra potere politico, istituzioni e una fetta di economia che ha escluso una intera parte di società, come sopporterà l’urto della sconfitta elettorale? Il sindaco Giancarlo Muzzarelli (l’uomo del mega concerto di Vasco) a Modena sarà ancora l’uomo da battere nel 2019?

Fava, partiamo dal dato nazionale. La Direzione Pd ieri ha scelto come guida Maurizio Martina e ha annunciato l’indisponibilità a sostenere un governo 5 Stelle. E’ d’accordo su questa posizione?
La Direzione Pd di ieri ha preso atto prima di tutto della necessità di un cambio di passo verso il ricucire e il ricostruire. Io fui un fan del rinnovamento, anche della classe dirigente, portato da Renzi e lo rivendico. Quel progetto ha dato vita a quello che è stato a mio avviso il miglior Governo del Paese degli ultimi decenni sia sul fronte del rinnovamento che della preparazione. E’ mancata una azione di rimessa in discussione dopo il voto del 4 dicembre: dopo il referendum abbiamo tirato dritto e abbiamo sbagliato. Renzi è una punta d’attacco, serviva invece in quella fase gioco di squadra. Così facendo abbiamo dato la sensazione di essere arroccati e aggrappati a privilegi, anche se questo non era vero. Il concetto della tutela di pochi è passato anche, ingiustamente, col caso dei famosi candidati paracadutati. Per questo giudico positive le dimissioni di Renzi, non tutte le colpe sono sue, ma non può essere lui a ricostruire.

Renzi ha però affermato che non molla.
Credo che il suo ‘non mollare’ significhi mettersi a disposizione del partito come risorsa. Mi auspico non si vada a una guerra di posizione.

Sui paracadutati modenesi (De Vincenti, Lorenzin, Fedeli, Fassino) lei fu inizialmente critico, poi in campagna elettorale li difese.
Ricordo che noi abbiamo fatto un percorso nei circoli per individuare una nostra rosa di candidati. Il segretario nazionale scelse altri nomi. Ora, come allora, dico che si è assunto una bella responsabilità. Detto questo le persone candidate a Modena si sono dimostrate ottime e disponibili, ma non sono state viste come la miglior classe dirigente candidata sul territorio (cosa vera), bensì come la difesa di una enclave.

I renziani in regione, a partire da Giuseppe Boschini bocciano una nuova fusione con LeU e chiedono un non ritorno al passato. E’ d’accordo?
Io auspico venga superato il clima da congresso e da tifoserie, ma che ci si concentri sui programmi. In particolare auspico una piattaforma comune programmatica che unisca il centrosinistra.

Quindi una sintesi con LeU?
Le dico di più. Una sintesi con tutti coloro che hanno radici nel centrosinistra. Con tutti coloro che si riconoscono in due principi: cultura di governo attiva e forte senso di disagio quando ci sono categorie che restano indietro. E poi basta parlare di dirigenti e di posizioni, altrimenti restiamo in quella logica di arroccamento che descrivevo. Parliamo di temi e programmi, a partire dalla tutela del lavoro che non può essere confinata allo slogan dell’art.18.

Parliamo di temi allora. A livello locale il tema della difesa del lavoro è legato al caso-Castelfrigo. Perchè in quella vertenza il Pd non è stato presente fisicamente davanti ai cancelli?
Il caso-Castelfrigo lo conosco bene. E’ stato il Pd ad aprire un tavolo con parte datoriale e sindacale ed è stato il Pd a produrre una normativa sulle coop spurie. Le chiedo: quella crisi ha avuto sviluppi positivi grazie alle passerelle degli altri partiti o grazie alle nostre azioni concrete?

Ma non avete condannato neppure l’intollerabile accordo della Cisl con la azienda per escludere i lavoratori che scioperarono.
Noi abbiamo dialogato con Cisl, Cgil e Confindustria. Il nodo vero è la crisi di rappresentanza dei corpi intermedi. Ricordo ancora una volta che quel problema esisteva da anni, ma la vertenza venne aperta solo dopo che Confindustria, il 16 febbraio 2016, firmò quel famoso accordo sui rientri.

Torniamo alla frattura nel Pd, ma a livello locale. Giuditta Pini si è dimessa dalla segreteria regionale. Chiedendo le dimissioni di tutti i vertici emiliani Pd. Lei ha pensato a un passo indietro o a dimissioni?
Mi chiedo perchè la Pini non si sia dimessa anche dalla segreteria nazionale. Io credo oggi occorra tenere diritto il timone per il bene della comunità partito. Io continuerò a Modena a dare il mio contributo al Pd e oggi non capirei il valore di mie eventuali dimissioni.

Muzzarelli sarà il vostro candidato sindaco a Modena anche nel 2019?
Lo spero vivamente. Muzzarelli ha le due caratteristiche che dicevo (cultura di governo e attenzione agli ultimi) alle quali si aggiunge la disponibilità ad assumersi responsabilità precise  e questo in politica è fondamentale. Nessuno nel Pd penso possa immaginare un soggetto migliore per la guida del Comune.

Il Sistema Modena, quell’intreccio tra potere politico (rappresentato dal Pd), istituzioni e una fetta di economia esiste? Lo percepisce? Crede, dal suo osservatorio di segretario Pd che un ricambio politico possa in fondo far bene alla città?
Il centrosinistra governa da 70 anni a Modena perchè in un regime democratico così hanno scelto gli elettori. Se ci fosse una scelta politica differente ne prenderemmo atto, ma da parte nostra continueremo a proporre quella a nostro avviso più adeguata.

Eppure secondo molti a Modena il centrosinistra vince perchè può contare su un 20% di elettorato certo, lo zoccolo duro del Sistema, mi passi il termine.
Non c’è zoccolo duro, lo hanno dimostrato queste elezioni. Il voto oggi assomiglia sempre più a un mi piace su Facebook piuttosto che ad una appartenenza storicamente riconosciuta. Io penso che l’elettorato modenese sia ancora di centrosinistra a livello di appartenenza, ma bisogna capire chi, questo elettorato, ritiene più adeguato a non lasciare indietro nessuno e a ben amministrare. Il Pd non deve guardare al Sistema, ammesso esista, ma a preparare una buona offerta politica. Poi ce la giochiamo.

Giuseppe Leonelli

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