Governo
Internet, la rete: un mondo meraviglioso con qualche lato oscuro
In questi giorni il tema è entrato nelle stanze del Senato in forme diverse: da un lato perché si stanno concludendo le audizioni nella Commissione Politiche europee per portare a luglio in Aula il recepimento della Direttiva sul Copyright; dall’altro perché si è registrato l’ennesimo caso di hate speech che questa volta ha colpito una delle vice presidenti del Senato, Anna Rossomando.
Quando parliamo di Internet parliamo di un mondo dove la tecnologia digitale svolge un ruolo essenziale per la piena realizzazione dell’essere cittadino nel mondo contemporaneo, parliamo della possibilità dell’essere umano di accrescere le proprie capacità e le proprie potenzialità. La persona è, dunque, la pietra angolare della realtà che lo circonda.
Purtroppo, quando parliamo di Internet, ci troviamo a relazionarci anche con il drammatico tema dell’hate speech, del cyberbullismo, con manifestazioni di intolleranza nei confronti di singoli o minoranze per motivi razziali, etnici, religiosi, di genere, di orientamento sessuale.
La senatrice è stata vittima di insulti e offese sessiste per aver rilasciato un’intervista affermando la necessità che Salvini fosse processato per la vicenda Open Arms.
Il rapporto della Commissione parlamentare “Jo Cox” confermava, già nel 2017, come sui social i fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo fossero in continuo aumento.
Pensiamo ai casi più recenti: a Silvia Romano e a come sia stata ferocemente insultata fino a ricevere minacce di morte perché, liberata dalla prigionia, ha confermato la sua conversione alla religione islamica, alla giornalista Giovanna Botteri, presa di mira per il suo aspetto fisico, a Carola Rackete, a Greta Thunberg, a Laura Boldrini. Sempre secondo il rapporto, a livello europeo una donna su dieci dai 15 anni in su è stata vittima di cyberviolenza. Amnesty International, che dal 2018 misura il livello di intolleranza e discriminazione nel dibattito online con il “Barometro dell’odio”, quest’anno si è soffermato sull’odio di genere e ha evidenziato come tra gli attacchi personali il tasso di hate speech rivolto alle donne superi di 1,5 volte quello dei discorsi d’odio che hanno per bersaglio gli uomini e che tra gli attacchi personali diretti alle donne 1 su 3 è esplicitamente sessista.
Fatte le dovute distinzioni, purtroppo stiamo parlando di un fenomeno che può colpire ognuno di noi, anche se non siamo famosi, non pensiamo di poter essere bersagliati da messaggi di questo genere, non pensavamo di poter aver fatto o scritto qualcosa che potesse scatenare una catena di eventi che da dentro ti sembra implacabile.
L’ha descritto bene il giornalista Massimo Mantellini nel suo post “10 cose che accadono quando Salvini parla di te”, descrivendo come si è sentito dopo aver ricevuto minacce di morte, foto di bare di frassino piene di vermi. “Roba che se tu fossi un politico o il direttore di un giornale ti affiderebbero la scorta immediatamente. Invece sei un privato cittadino”. Mantellini ha segnalato due cose: il fatto che si tratti di commenti oggettivamente destabilizzanti, anche se sei un adulto mediamente equilibrato, e che la capacità di contenimento dei social network di simili forme di violenza non funzioni.
Quello che fa riflettere è che se si sente in questo modo una persona corazzata, immaginiamo come possa sentirsi una persona più fragile e meno strutturata. Tutelare i diritti delle persone diventa un tema centrale, difendere chi subisce violenza online è un obiettivo che deve vedere tutti coesi. Scardinare quel meccanismo perverso per cui tutto può essere detto perché rientra nel “diritto di opinione” è una priorità.
Come ha scritto Francesco Nicodemo nel suo libro “Disinformazia”, la rete non aveva una funzione redentrice all’inizio e non è un luogo solo di odio e rancore oggi. Ma è vero che provocazioni, ingiurie, false notizie, attacchi personali non fanno altro che spostare l’attenzione dal merito delle questioni, generando rumore di sottofondo che rende nei fatti difficile una corretta informazione.
Molte le attività che si sono messe e si stanno ancora mettendo in campo. Si pensi per esempio al manifesto per la comunicazione non ostile e inclusiva del progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole “Parole O-Stili”, oppure all’iniziativa “Odiare ti costa” di Cathy La Torre, alle molte iniziative scolastiche,… Solo il tempo, il futuro, ci diranno se saranno servite ad arginare il fenomeno, se avranno anche saputo contrastare i nuovi populismi, se avranno ridato ossigeno al nostro essere nel mondo e nella rete, liberando l’opinione pubblica dall’era della post-verità.
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