Costume

Il POS e la luna. Ovvero come mandare in vacca sempre ogni discussione seria

8 Dicembre 2022

In Italia si è ormai da anni consolidata una pratica di gestione del dibattito pubblico che riesce invariabilmente e indipendentemente dal tema a raggiungere lo stesso risultato: mandare tutto in vacca.

Ingredienti di questa ricetta sono: un tema divisivo, meglio se connesso agli argomenti più pudichi per un Paese ancora povero nella mentalità, cattolico beghino nell’indignazione, ipocrita nelle sentenze e nei comportamenti, soprattutto se si tratta di sesso e ancor più di soldi (propri e altrui); politici che cianciano a pene di segugio; media in gara a fomentare le opposte indignazioni con qualche storia sapida; fiumi di bava alla bocca dei cittadini “che è ora di finirla” e dei “te pareva”.

Ultimo campo di applicazione di questo esercizio di ottundimento collettivo è il tema dei pagamenti elettronici e del contante. Tema quantomai prude in un Paese ex pezzente (ma si sa che il dato genetico resta impresso nel cervello ben oltre quello sociale) in cui attorno al tema della ricchezza e del contributo collettivo al funzionamento della cosa pubblica (le tasse), si consuma una storica faglia collettiva, che la politica ha visto bene di non mai riparare, ma anzi di tenere ben spalancata alla bisogna.

L’Italia, paese ex molto povero, di recente unificazione e con una relazione non sempre idilliaca con lo Stato, spesso giustificata dal fatto che lo Stato ha dato corpo ai tratti peggiori della società e delle sue classi dirigenti, ha un rapporto irrisolto con le tasse, che continuano a essere evase in misura superiore agli altri paesi fondatori dell’UE. È più o meno sempre stato così, e per un lungo periodo ha avuto anche il razionale di un patto fiscale (ancorché informale) che ha garantito al Paese di uscire dalla pozza nera della miseria: tu Nord produci e reinvesti anche un po’ di quello che mi dovresti dare e io non ti rompo le scatole se in cambio chiudi un occhio sulle politiche di spesa pubblica clientelare al Sud. Oggi questo patto si è rotto e in una comunità più grande come l’Europa queste scorciatoie (storicamente necessarie) non sono più sostenibili. Ciononostante, le tasse in Italia continuano ad essere evase.

Da chi può, ché tutti coloro i quali hanno la ritenuta alla fonte le pagano per intero e per questo sono incazzati, anche perché, vuoi per l’alta evasione, vuoi perché lo Stato costa troppo e male (ossia poco dove dovrebbe e troppo dove non dovrebbe), la tassazione è molto alta, molto complicata, molto cattiva con i deboli che sbagliano e totalmente spuntata con i forti e con chi non ha nulla da perdere. Un sistema nel quale, pur a fronte di sanzioni fra le più alte in Europa, l’Agenzia di riscossione dei tributi denuncia da anni la totale paralisi a causa di una montagna tibetana di cartelle esattoriali non pagate né pagabili, tenute nella pancia dello Stato puramente per ragioni di puntiglio.

Gli incazzati contro l’evasione uniscono spesso nelle stesse persone chi paga le tasse per convinzione, chi non può non pagarle, gli intossicati da decenni di martellamento sul complotto plutomassonico berlusconiano, campagna nella quale si è distinta una testata di proprietà di un ingegnere piemontese così sabaudamente ligio ai doveri fiscali da prendere la residenza svizzera. Questo impasto, oltre alla giusta indignazione per chi fa il furbo, ha anche prodotto un grumo di moralismo stupido, codino e profondamente illiberale, che si è impadronito della Sinistra anche quando questa ha smesso di essere il polo di riferimento dei lavoratori dipendenti.

Dall’altro lato dello schieramento, la Destra che ha espulso pressoché ogni componente risorgimentale dalle proprie fila ha sposato la causa dei tartassati veri e presunti (rivedetevi il film omonimo con Totò e Aldo Fabrizi, ancora attualissimo), ma senza rinunciare a pagare dazio al nostro moralismo ipocrita, quindi si dice e non si dice, si fa e non si fa. Potrebbe la Destra, non prigioniera (per nulla) del moralismo degli avversari riportare la discussione sulle tasse su binari di civiltà? Potrebbe ma non lo fa perché è culturalmente troppo povera e poco coraggiosa e preferisce le sparate da osteria ai ragionamenti. Peccato.

In luogo del lavoro di lima per ricostruire un patto fiscale senza il quale il Paese non può stare (e che non può fondarsi su “le tasse sono bellissime”, né sull’immagine dell’infermiera distrutta dopo una giornata in terapia intensiva nel pieno della pandemia, qui si tratta di interessi, non di emozioni), si fanno timidi e scomposti tentativi di lanciare segnali, che immediatamente entrano nel frullatore dialettico che invariabilmente manda tutto in vacca.

Dunque si prende una tecnologia di pagamento (la moneta elettronica) che non ha la dignità di religione, ma è un servizio, come tutti i servizi comodo e utile per alcuni che lo usano (tra cui io) e meno utile per chi, per mille ragioni che vanno dall’essere criminali incalliti all’essere refrattari ai controlli a non capirci una mazza e non voler imparare, ritiene di voler fare come prima. Per combinazione, questo servizio ha il vantaggio di essere tracciabile e dunque lo Stato, sempre affamato di soldi, decide di spingere l’utilizzo di questo servizio perché se le persone pagano con la carta chi riceve i pagamenti è costretto a emettere scontrino. Il servizio, che nasce come un’offerta alla clientela come il bicchiere d’acqua con il caffè, trasforma, non discuto il merito, constato, i clienti in sceriffi onorari della polizia fiscale. Per questo lo Stato si è tanto affannato a normare e obbligare l’offerta di un servizio che altrimenti si sarebbe propagato (già lo stava facendo) per darwiniana superiorità e non per imposizione. Lo Stato avrebbe potuto fare altro per incentivare le persone a richiedere lo scontrino, ad esempio permettere di scaricare ogni spesa, ma ha scelto il sistema più stronzo e di minor sbattimento, ossia mettere i ritenuti alla fonte contro gli altri.

Scenario poliziesco che la Destra, nell’ambito dei suoi segnali espliciti e non di attenuazione della pressione poliziesca sul fisco, ha voluto allentare. Perché la Destra sta con quel mostro di tassista genovese che ha maltrattato la campionessa sportiva mentre ci sono addirittura dei locali che non accettano proprio i contanti? Sono notizie vere, e fanno parte del preziosissimo contributo dei media a buttarla in vacca, esattamente come ne fanno parte i politici che danno del rompiballe a chi vuole pagare due euro col bancomat, o vaneggiano di monete parallele o ancora bollano sic et simpliciter queste misure come un regalo agli evasori. Lo sono anche, nella stessa misura in cui le garanzie per gli arrestati hanno reso la vita più semplice anche ad alcuni criminali ma sono state un passo in avanti di civiltà.

Io che pago con la moneta elettronico praticamente tutto mi rifiuto di fare il gendarme del fisco. Mi aspetto e prediligo il servizio di accettazione dei pagamenti con il POS ma non proscrivo e non mi metto a urlare se qualcuno non lo fa, assumendosene le responsabilità in termini di clienti persi, come non penso che chi si sente più felice con il portafoglio pieno di contanti sia per forza il successore di Pablo Escobar. Datevi una calmata con le vostre mene da Guardie Rosse della moralità fiscale altrui, meritate che i soldi che avete fatto recuperare allo Stato vadano tutti nel vitalizio di Sara Cunial.

Visto che i libertari in questo paese sembrano scomparsi, tocca ribadire cose ovvie: in una civiltà così avanzata nella discussione e rivendicazione di diritti individuali che arrivano fino al cambiamento di genere non è concepibile che si restringano, sempre ovviamente nell’ambito della legalità e della salute pubblica, i diritti civili in termini di privacy, incluso quello all’acquisto, fiscalmente regolare, di beni e servizi pagando con moneta a corso legale. Se questo impedisce allo Stato di combattere la battaglia contro l’evasione fiscale, lo Stato farebbe bene a cambiare armi. Anche vivere nel panopticon o essere microcippati farebbe crollare i reati, ma direi che stiamo meglio così.

Evaporata la bava che avvolge ogni discussione seria e la fa affogare, la politica dovrebbe avere il coraggio di sedersi e affrontare il tema di un nuovo patto fiscale, senza scorciatoie né soprattutto ipocrisie e moralismi fuori luogo.

Sarebbe bello, ma temo non succederà perché il Parlamento trabocca del coraggio di Don Abbondio ed è più semplice dire minchiate per aizzare i propri tifosi che riconoscere le ragioni dell’altro e cercare soluzioni scontentandoli.

 

 

 

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