Governo

Il sistema tedesco senza essere tedeschi

30 Maggio 2017

Dopo una lunga impasse, il percorso della riforma elettorale sembra vivere un’improvvisa accelerazione. In particolare, il modello tedesco – 50% maggioritario e 50% proporzionale, ma di fatto proporzionale negli esiti e caratterizzato da una soglia di sbarramento del 5% dei voti a livello nazionale – sembra aver convinto Renzi e Berlusconi. Anche, eventualmente, ad accorciare di qualche mese la legislatura e a votare in autunno.

Il sistema tedesco viene presentato come un modello di rappresentatività e di governabilità, ma tale non è. O meglio, è rappresentativo in quanto proporzionale (eccezion fatta per la distorsione della soglia di sbarramento), ma favorisce la governabilità solo in presenza di un sistema dei partiti non frammentato. Non è un caso se in Germania già si pensa, di nuovo, a una “grande coalizione” dopo le elezioni del prossimo settembre. Eppure la Germania ha diversi vantaggi sistemici rispetto all’Italia: ha pochi partiti che contano; due partiti (e non tre poli) maggiori e stabili nel tempo; l’ultimo vero leader europeo (che cioè non cambia idee politiche ad ogni stormir di fronde) e di conseguenza un basso tasso di populismo/antipolitica e “novitismo”.

È, in altri termini, un sistema partitico relativamente stabile e in cui i due partiti tradizionali dominano ancora la scena. Non è più così in Francia, Austria, Spagna, Olanda, Danimarca, Grecia, in parte nel Regno Unito. E sicuramente non è più così in Italia, da quando il M5S è diventato “grande” e da quando il centrodestra si è diviso (almeno) in due tronconi, che potremmo definire liberal-popolare vs. sovranista.

Ha senso dunque importare quel sistema elettorale, stante l’enorme differenza di condizioni tra i sistemi di partito? In teoria, no. Nel senso che il sistema elettorale interagisce col sistema partitico e se il secondo è destrutturato, il primo può poco.

Tuttavia, ha senso importarlo se leggiamo la proposta da un altro punto di vista. È “vendibile”, in quanto può illudere l’opinione pubblica di garantirci governabilità e rappresentatività, facendo finta che l’Italia sia la Germania. Ed è utile ai due proponenti perché darà come esito probabile – quasi certo – un Nazareno di governo. È evidente dunque che a Renzi e a Berlusconi quel sistema vada benissimo. A quanto pare va bene anche ai 5 Stelle, che possono fare incetta di seggi col proporzionale, ma restare comodamente all’opposizione dove rendono decisamente meglio.  Verosimilmente e per le stesse ragioni, può andar bene anche al polo sovranista, stagnante nei consensi da tempo e dunque non in grado di vincere e di governare da solo, ma efficace in chiave di oppositore “antisisistema” (anti euro, anti Europa, ecc.) e di animatore di fasce dell’opinione pubblica. Gli unici a cui non va bene sono i partiti sotto-soglia che dovranno aggregarsi o essere “annessi” dalle liste dei partiti maggiori, lavorando nel contempo in Parlamento per favorire un abbassamento della soglia o soluzioni “italiche” per aggirare il problema.

Abbiamo trovato la quadra dunque? Forse si. Una quadra “difensiva”, trapattoniana, che non chiarisce e non mette ordine al sistema politico italiano, ma che forse garantisce un governo senza penalizzare le opposizioni, quanto mai felici di esserlo in una fase storica in cui il potere logora chi ce l’ha.

 

  • Articolo pubblicato su “Il Tempo” del 28 maggio 2017.
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