Governo
Il Papeete di Giuseppe Conte
“A ognuno il suo Papeete” verrebbe da dire. A seconda del proprio stile personale, delle proprie inclinazioni e della propria sensibilità. Il primo ministro Giuseppe Conte non ha mai chiesto i pieni poteri certo, però di fatto li ha arogati a sé. Almeno il pieno potere di declassare il nostro Bel Paese a lebbrosario internazionale, colonia infame di infetti e potenziali untori inter-europei e trans-oceanici. Ha deciso, sulle prime, di interrompere i voli provenienti dalla Cina, per poi accorgersi che i cinesi ci sono arrivati da noi, ma per mezzo di triangolazioni (da Pechino, ad esempio, a Parigi e poi da lì in treno a valicare i nostri confini), senza alcuna possibilità di effettuare screening. Ha poi deciso di mettere in scena la sala di unità di crisi, con tanto di gigantesca scrivania munita di microfonini da conferenza, piccoli monitor per ciascun partecipante e mega screen alle sue spalle con la mappa della Cina infestata e infestante. E come corollario, tamponi per tutti, scalando velocemente la classifica dei paesi più colpiti, facendo sì che il nostro Paese si attestano, in meno di 24 ore, nella top 5 dei paesi più colpiti.
Che cosa mancava a questo punto? La rappresentazione plastica della sua fatica. Ed è prontamente arrivata, corredata dal giusto abbigliamento, né troppo formale – via la giacca, la cravatta e la oramai iconica pochette – né troppo casual. Così, al pari di un gentiluomo di campagna, improvvisamente strappato alle sue letture domenicali, si è presentato a talk-show unificati con pantaloni di vigogna, maglioncino girocollo sopra una camicia bianca botton-down e la sua sempre impeccabile acconciatura, con il ciuffo appena un po’ sgualcito.
Il risultato? Il mondo, poco a poco, ci isola, con il conseguente crollo del comparto turistico. E si intravedono i primi segnali di queste decisioni così drastiche, quanto immotivate, con il pericolo di chiusura per 15 mila imprese del nord e il concreto rischio di una contrazione del Pil dello 0,4%.
Questo il quadro ad oggi. E l’elemento di sorpresa è che i mass-media, almeno nella maggioranza dei casi, non hanno neanche contribuito a esagerare la portata mediatica della rappresentazione contiana della crisi sanitaria da Coronavirus. Nel senso che questi si sono limitati a seguire i comunicati stampa e le esternazioni del Primo ministro. E anzi, gli stessi media si sono posti l’interrogativo se tutta questa tempesta mediatica – creata, è bene ripeterlo, da Palazzo Chigi – non sia stata un po’ troppo esagerata. Sostanziando un precedente straordinario, quanto raro: i media che indicano alla politica la misura di moderazione. Perché, non si può certo sottostimare il rischio contagio, né la pericolosità del virus, specie per le fasce più deboli della popolazione, ma non si può neanche creare una psicosi di massa.
Si diceva, il Papeete di Conte. Ed è interessante notare come il leaderismo – anche quello più moderato e felpato – porti prima o poi a certi svarioni. Laddove il leader di turno decide, magari mal consigliato dal suo staff, di dare una svolta decisa alla propria narrazione. Sottovalutando, però, il buon senso della popolazione. Creando un secondo eccezionale precedente: il popolo meno populista delle istituzioni.
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