Governo
Il governo “do ut des” fa male solo al PD
Renzi ha fatto male i suoi conti più di una volta, ma la volpe rimane tale anche se non è arrivata all’uva. I parlamentari PD si ritirino in Aventino e lascino i cocci a chi ha rotto.
Il piano che il rottamatore starebbe preparando consiste nel costituire un breve governo di scopo che potremmo definire governo del “do ut des”: uno scambio che possa coinvolgere pochi temi, ma sostanziosi, così ci sarebbe anche meno da litigare, a differenza di quanto è accaduto all’esecutivo uscente. Il governo “Conte bis” (o di un “prestanome del Consiglio” che dormirebbe per almeno sei mesi a Palazzo Chigi) dovrebbe tenersi in piedi grazie alla riforma del taglio dei parlamentari – una riforma difficile da chiudere in aula ma tanto basterà per poter dire che c’è stata una maggioranza che l’ha approvata – e da una nuova legge elettorale di stampo super proporzionale che garantirebbe maggiore forza ad un M5S ormai al 17, 5% (Tecné, 2 agosto), nonché stabile sopravvivenza al nuovo probabile partitino renziano “Azione Civile“.
Visto che in sei mesi tutto può succedere, Salvini, dopo aver innescato questa crisi, si è fasciato subito la testa, riaprendo con maggiore convinzione all’alleanza del Centrodestra, sperando di rendere più forte la sua istanza innanzi al Capo dello Stato per la chiusura delle Camere, che porterebbe alla tanto desiderata concessione del voto autunnale, e di limitare il danno di una prossima legge elettorale proporzionale, la quale, diciamocelo, farebbe comodo anche al Cavaliere, che lascerebbe correre.
Se l’operazione governo “do ut des” può portare a Renzi alcuni vantaggi, tra i quali mettere bocca sulla finanziaria, non si può dire con certezza lo stesso per il PD di Zingaretti, anzi: il segretario nutre, con ragione, più di un dubbio verso la spericolata operazione che porterebbe solo più odio verso il PD e rinforzerebbe il consenso dei moderati per un Centrodestra a guida Salvini. Il piano renziano non solo carica sul partito la responsabilità di una finanziaria difficile, ma verrebbe giudicato come un odioso e antidemocratico gioco di palazzo per preservare le poltrone o, addirittura, una mossa scorretta per indebolire l’avversario, nel caso in cui ci fosse l’intesa su una legge elettorale anti-Lega. Un’indigeribile, quanto indimenticabile, abbraccio mortale con le tanto odiate Cinque Stelle.
Assai particolare rimane, invece, proprio la posizione del Movimento: chi gli garantirà 216 deputati e ben 107 senatori? Ormai ha anch’esso guadagnato il timbro della c.d. “casta”, per non dire quello ancor più infamante di “traditore”, dopo i tanti sì concessi a Salvini. Pertanto, per i grillini, ci sarebbe meno da perdere e forse qualcosa da riguadagnare. Lo zoccolo duro dell’elettorato penta-stellato, che possiamo prudenzialmente ritenere pur sempre entro un buon 15%, sarebbe disposto ancora a bersi di tutto, e non mancherebbe di certo chi apprezzerebbe lo sforzo di portare a voto finale una riforma costituzionale tanto sbandierata, nonché la responsabilità di chiudere in sicurezza la legge di bilancio dello Stato, scongiurando definitivamente l’attivazione delle tanto temute clausole IVA, senza eccedere nell’aumento del deficit. Questo però potrebbe costare nuovi tagli e il depennamento di qualche promessa, problema che comunque riguarderebbe più la Lega con la promessa della tassa piatta.
Salvini è riuscito a creare una situazione in cui cade in piedi, comunque vada, mentre il Partito Democratico, per il momento, non può nulla davanti a questo Centrodestra e non può certamente permettersi di rovinarsi ulteriormente la faccia con un’alleanza “giallo-rossa“. Renzi ha fatto male i suoi conti più di una volta, ma la volpe rimane tale anche se non è arrivata all’uva: oggi controlla gran parte degli eletti per il PD, ma per le prossime elezioni deciderà Zingaretti e gli sarà concesso pochissimo spazio per le nomine.
Questa crisi, tuttavia, potrebbe trasformarsi in un brutto autogol per chi l’ha innescata: più sarà duraturo il governo di scopo – c’è chi ipotizza un’intesa PD-5S-LEU capace di durare fino al 2022 – più potrebbero aumentare ghiotte occasioni per guadagnare terreno elettorale ed indebolire la Lega. Chi può dirci, però, con certezza il nome del partito beneficiario di questo terreno? I parlamentari del PD si astengano e lascino i cocci ai veri responsabili di questa crisi di governo. È proprio questo il caso di consigliare un bell’Aventino, persino semestrale, evitando ogni responsabilità politica anche su un possibile esecutivo tecnico. Visto che il prossimo governo, anche posizionando il voto nella primavera 2020, sarà comunque a guida Lega, la scelta migliore è lasciare la finanziaria alla responsabilità di Salvini e dei suoi alleati presenti e futuri.
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