Governo

Il governo del cambiamento individua nel delatore il cittadino modello

12 Aprile 2019

Il governo gialloverde non ama farsi prendere alla sprovvista in materia di sicurezza. Vuole tentarle tutte. Anche i controlli “informali” tra vicini di casa al fine di segnalare “situazioni anomale che possano generare apprensione”.

D’altronde, la comune percezione del pericolo, come ricorda la prima legge fondamentale del populismo, conta più della veridicità del pericolo medesimo. Per governare, al giorno d’oggi, non si può non averne contezza. Le paranoie collettive vanno sguinzagliate e coccolate. Istituzionalizzate, ove possibile.

Da qui, la proposta leghista, già firmata da 80 deputati, consistente in un uno “strumento di prevenzione basato sulla partecipazione attiva dei cittadini attraverso un controllo informale della zona di residenza e la collaborazione tra cittadini e istituzioni”.

Badate bene: “non si tratta di effettuare ronde” o di sostituire la polizia (niente sbirro fai da te), ma di generare un costante e “virtuoso” scambio di informazioni tra cittadini “responsabili” e forze dell’ordine.

In sostanza, un incentivo statale alla delazione. Confezionata dal marketing elettorale leghista come la quintessenza di un sano spirito civico, come cemento sociale a presa rapida.

Stupisce che la concezione dello spionaggio in qualità di nuova frontiera dell’approccio securitario, da applicare al vicinato, provenga proprio dal partito di Fontana, ministro della famiglia tradizionale (quella composta da padre, madre, figli dalle preferenze sessuali monolitiche, amanti, siti porno, eccetera) e addetto all’esegesi. Colui che ci spiegò come “il prima gli italiani” fosse previsto dalla Bibbia e come il precetto “Ama il prossimo tuo” si riferisse non a una vaga alterità geograficamente elastica e ammiccante ai buonisti, ma al prossimo a pochi centimetri, al vicino di casa, quello da spiare, per l’appunto. I mille volti dell’amore…

Non si può, però, attribuire alla sola Lega la paternità della guerra al vicino: guerra che comunque troverà presto la sua discolpa esegetica in virtù delle dotte, nonché preziose, fatiche di Fontana.

Per una corretta ricostruzione storica bisogna andare a ritroso e rivolgersi al pentastellato Stefano Buffagni, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli affari regionali. Il quale, mesi addietro, sostenne che le eventuali lacune nella verifica delle irregolarità presenti nelle domande per accedere al reddito di cittadinanza saranno colmate dalle “segnalazioni che spesso arrivano dal vicino di casa che è invidioso perché vede quello che sfrutta uno strumento di aiuto illegalmente”. Segnalazioni che verranno “messe a sistema” in via ufficiale.

In questo caso, è l’invidia delatoria a configurare come forma igienica di partecipazione. Una roba da portinerie del ventennio, da stalinismo smaliziato, da società del sospetto, da apprendisti stregoni a digiuno di stregoneria.

Ora, il principio d’esperienza (effetti simili provano cause simili), di cui parla Hume e di cui si abusa in Italia, farebbe gridare al fascismo 2.0 con troppa leggerezza. La medesima leggerezza che spadroneggiò durante la detestabile era berlusconiana (mistura tossica di leggi ad personam, editti bulgari, bunga bunga, spazzatura televisiva ancora in voga, ecc.) e che accostò il berlusconismo, concetto ormai evacuato, a svolte autoritarie e nozioni affini.

Un clima allarmistico, neanche così lontano, diluitosi, celermente, in toni molto diversi, persino in qualche capriola imbarazzante: ricordate quella fase in cui alcuni nemici giurati di vecchia data cominciarono a considerare Berlusconi come “il responsabile” o come “l’argine al populismo”?

Ebbene, per evitare bruschi cambi di rotta analitica di tal fatta o per evitare l’effetto “Al lupo! Al lupo!” derivante dal periodico gridare al fascismo, forse, bisognerebbe riconoscere una volta per tutte, al netto delle similitudini, la specificità del fenomeno politico che si sta consumando. Facendo leva sull’irrinunciabile memoria, ma senza appiattire le operazioni di smascheramento su categorie storicamente logore. A ciascuno la propria oscenità, secondo il secolo d’appartenenza.

In conclusione: non siamo mai stati tanto attaccati ai nostri vicini.

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