Governo

Il Fronte delle vanità e il “Grand débat” di Macron

31 Gennaio 2019

Li rincorrono sul reddito di cittadinanza e quota 100. S’imbarcano per solidarizzare con i migranti disperati bloccati in mare, denunciano i lavoratori in nero dei padri dei loro avversari, gli abusi edilizi, sino a strepitare dinanzi al conflitto di interessi del figlio del guru e polemizzare con i trentamila euro che la televisione di Stato deve sborsare per i diritti d’immagine del comico ed ex capo politico. Ma non riescono a stargli dietro.

Non li sopravanzano nei sondaggi e viene fuori che la maggioranza degli italiani, sondaggiati un tot al mese, preferisce l’uomo forte, agogna la democrazia sgombra dai partiti. Vuole il deserto popolato da tanti supereroi.

C’è chi annuncia ai quattro venti del web, giornali compresi, il “Fronte repubblicano”, poi cambia per un più aggiornato “Fronte europeista”. Si vanta delle centomila adesioni online, ignorando come una qualsiasi petizione alla “change.org” ben fatta, anche solo per salvare i gattini, può raccoglierne di più.

Ecco, appunto, scimmiottare la democrazia diretta e bearsi del vacuo consenso sul web. Lo rinfacci ai tuoi avversari, però poi te ne bei con gli amici al bar. Altri ancora tentano l’effetto vintage e si ricandidano a 80 anni. Ma l’unico mutamento dell’opinione pubblica apprezzabile è l’aumento dei voti per il partito del Ministro degli interni e la conseguente flessione del partito del Ministro del Lavoro e delle Attività produttive.

I due vice-premier si passano i voti. Gli altri non si facciano illusioni. Quelli lì al potere sono come due vasi comunicanti. Agli altri non rimane nulla. Manco l’ala moderata, perché Giuseppe Conte interpreta bene il ruolo del vaso di coccio che abbozza e fa dialogare gli estremi. Semmai, c’è uno zoccolo duro che continua a votare per gli sconfitti, chiunque possa esserne il leader. Quel 15%-18% che fa sempre ben sperare. Ma che non si muove. E non si muove certo in virtù di questa eterna rincorsa rispetto all’agenda politica del governo giallo-verde. Perché sta anche succedendo che per i pentiti c’è uno che è tornato dal Sudamerica e spara a palle incatenate sul cattivo della Lega. E quindi ti fregano anche l’opposizione. Fanno tutto loro. Governo di lotta. Amen.

Fotografia di una stagione imballata. Una rivoluzione c’è sicuramente stata. La classe politica si è rinnovata, come non mai negli ultimi vent’anni. Un cambio generazionale che fa il paio con quello che si ebbe con Silvio Berlusconi. Un cambio generazionale che si ha sempre quando il centrosinistra perde e rimane a guardare per interi lustri. Si può discutere su quanto questi “nuovi” siano incapaci, ma la sostanza rimane. Il rinnovamento appunto, seppur anagrafico. Lo stesso che, quando si è all’opposizione, si predica di voler fare. Ma che, una volta vinte le elezioni, non si fa mai. Perché ci sono pur sempre i padri nobili della Patria da tutelare. Anche se nel frattempo si sono rimbambiti. Poi vengono gli affezionati, i fidi, gli illuminati e, ultimi – solo ultimi – quelli che se lo meritano.

Per non parlare degli 80 euro, del reddito di inclusione, insomma, dell’eterno mantra della spesa pubblica, ai danni della vera e propria creazione di ricchezza. Il governo giallo-verde non si discosta poi molto dai suoi predecessori. Spesa pubblica per spesa pubblica. La differenza sta tutta nel volume. Ieri gli 80 euro, oggi i 780, variabili a seconda del tasso di umidità.

Che poi il reddito di cittadinanza – che altro non è che un reddito minimo garantito condito da politiche attive, proprio come il Rei – a tutti gli illuminati a sinistra – sindacati compresi – pare sacrosanto. I poveri esistono e esisteranno sempre. Semmai sarà pure il caso di creare mobilità sociale. Ma questo è un dettaglio. Lo è per i giallo-verdi, così come per il “Fronte delle vanità”.

La meritocrazia, dicevamo, che oramai è uno slogan vuoto. E in realtà lo è sempre stato. Perché in fin dei conti, se non ti invitano alle cene della Chirico, non conti nulla. Se non hai accesso ai talk almeno di seconda fascia (quelli alle 6 di mattina, oppure alle 24.00 di notte), non esisti.

Un po’ come la solidarietà. Perché se questo, il Truce, sta davvero facendo carne da macello dei poveri migranti, quello che c’era prima, il Ministro degli Interni quasi leader che lo ha preceduto, li aveva bloccati sulle coste libiche a farli torturare in veri e propri lager.

A sinistra, più centro quasi destra – si fa così. Oggi si critica la criminalizzazione dei migranti, ieri si dava man forte al mito della sicurezza. Tanto da dare alle stampe un libro dal titolo “Sicurezza è libertà”. Verbo essere, non certo congiunzione. Una bestemmia. Da vera Destra. Come quella di oggi. Perché, in fin dei conti, il colore della pelle conta. E se ti ritrovi una decina di migranti neri in centro città, la pancia del Paese protesta. A prescindere. E questo è razzismo, non certo domanda di maggiore sicurezza.

Quelli del “Fronte delle vanità” rincorrono la pancia del popolo. Senza averne il talento. Perché se dici certe cose, per essere credibile, ne devi essere convinto fino in fondo. Stanno rincorrendo i truci, sui social, con le dirette Facebook, i tweet, dando vita a un imbarazzante falò delle – appunto – vanità. Chi più, chi meno, oramai intrappolato in questo gran polpettone nazional-popolare nel quale basta, non dico un Formigli, ma un Giletti qualsiasi a farti deragliare.

Poi volgiamo lo sguardo ai cugini francesi. Lì il Presidente della Repubblica, dopo un asserragliamento nei suoi uffici, mentre fuori i rivoltanti para-fascisti protestavano, sfasciavano e davano alle fiamme il centro di Parigi, ha preso l’agenda in mano e ha dato vita ai “Grand debat” e – città dopo città – ha guardato in faccia quello che pare essere il popolo. Ai gilet gialli non è rimasto che copiare lo stesso format e inseguire l’odiato nemico. Altro che narrazione alla Massimo Recalcati. Lì si parla di sostanza. Si ribalta lo scenario e se ne racconta uno nuovo.

Si tratta di innovare, non facendosi schiacciare. Rilanciare. Ma per far ciò ci vuole talento, idee e personalità. Cose che non comperi certo al mercato delle vanità.

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