Governo

“Hey, ma quello è il Capitano”: arriva Il Dittatore di Gianpaolo Pansa

2 Luglio 2019

Se altri mali non bastassero alla paralisi del paese, ecco la profezia di una nuova dittatura ad invocare la fine.

Esce in tempi rapidissimi rispetto all’attualità delle cronache politiche, scritto e stampato si direbbe, l’ultimo libro di Giampaolo Pansa, Il Dittatore, presentato anche al talk di Lilli Gruber al cospetto di Vittorio Sgarbi e Paolo Mieli, in un tripudio di battute e schermaglie divertenti, a stemperare un titolo che se non è ironico diventa per  forza drammatico. Ecco il vecchio leone del giornalismo irriverente col suo nuovo successo editoriale; al talk de La7,  Pansa ha portato in dote al pubblico un tale cumulo di “licenze senili” da intavolare uno show esilarante, un circo di battute coadiuvate dall’amico e comprimario Sgarbi: “Perché lui – dice il critico dell’arte riferito a Pansa – Salvini non lo condivide, ma lo considera”. Resta sottinteso che questo sia un pensiero comune a molti intellettuali nostrani. Non condividono, ma considerano.

Il Dittatore non è un tomo analitico che parli solo di politica e di storia. E’ una lettura si direbbe svagata, da spiaggia, che rincorre tra aneddoti erotici, finzione letteraria (il Gola profonda segreto emissario governativo) e memorialistica italiana, la profezia di una prossima dittatura di Matteo Salvini. Sullo sfondo, una classe politica in disfacimento, che scivola sulle bucce di banana della seconda Repubblica, fino a ridursi, a “salvarsi” – per assurdo – nella figura chiaroscurale (anche nella foto di copertina virante al grottesco) dell’attuale vicepremier. E’ un testo piacevole, breve, se non da ombrellone in senso stretto comunque vacanziero. Così, lievemente, apprendiamo dalla voce di uno dei più noti giornalisti politici che presto avremo un nuovo dittatore incarnato proprio dall’attuale Ministro Salvini, il quale, trovandosi davanti al libro, esclamerà : “Ancora con questa storia della dittatura, ma dai Pansa, ma dove vivi, siamo mica più negli anni ’20!”. Intelligentemente, il vecchio diavolaccio del revisionismo, non ci presenta  la nuova dittatura in toni catastrofici ma attraverso un efficace excursus delle italiane cose, su quel crinale non facile in cui cinismo, ironia e credibilità professionale si trovano assieme a governare. Si arriva all’idea del Capitano Salvini (un seduttore autoritario recita il sottotitolo del libro) per sottrazione, non per meriti di grande statista, non per una qualche filosofia politica; si arriva all’ipotesi  – ovviamente più fantasiosa e spinta dai fumi iperbolici di una fervida senilità – di un prossimo duce italiano, semplicemente per mancanza d’altro, per lo scarto tra l’intraprendenza del “capitano” e la querula ritirata delle opposizioni. La cosa però non passa inosservata, il libro vende già molto bene stando alle prime notizie editoriali, dunque anche questa ulteriore pubblicazione assegnerà nuovi punti alla popolarità del vicepremier (buona o cattiva che sia) e del nazionalismo in sé.

Il Dittatore è un’opera a cavallo tra il memoir di un veterano disgustato da tutto ma ancora fervente e il lungo pamphlet che pur mirando alla figura caricaturale di un personaggio primario del governo, di taglio e in controluce, finisce per lanciarlo nella sua ulteriore avanzata, tanto più realistica quanto più invocata ormai da tutti, compresi i media principali, i talk show, le chiacchiere da bar e dagli stessi silenzi allibiti dei restanti milioni di italiani davanti all’avanzata della Lega.

E’ ben congegnato questo libro. Celebra Salvini per sottrazione, lo raffigura come l’uomo solo e forte al comando per quanto volgare, furbo, ambizioso e invaghito solo del proprio potere, ma soprattutto lo esalta col fastidio dichiarato di chi, ormai al tramonto della propria terrena esistenza (l’autore stesso si augura la fine prima della dittatura), non s’interessi più granché alle umane sorti dello stato e di noialtri fessi. Che non solo non comprendiamo a fondo la gravità (mascherata di beffa e caricature) della situazione politica attuale, ma addirittura finiamo per acquistare il libro, sia per la buona riuscita di un titolo ad effetto su un volto che in sé è un marchio di successo (volto ambiguamente pacioso e molle nella foto in copertina), sia, ovviamente, in omaggio a uno dei più controversi giornalisti-scrittori viventi in Italia, Giampaolo Pansa. Siamo di fronte a un giornalista che si sa muovere con l’esperienza e la tecnica di un vecchio leone che ha poco da perdere e ancora qualche zampata da sferrare. Questo, nonostante il grande successo già incassato con il saggio che gli ha conferito lo status di revisionista: Il sangue dei vinti.

Entriamo nella scrittura e nella modalità narrativa del libro. Queste centocinquanta pagine di memorialistica, vanno dal gossip erotico-rosa sull’autore e i vari protagonisti della storia, all’aneddotica personale datata come in un diario che si rispetti, dall’affresco italico e irridente alla profezia di un colpo di stato militare promosso dal quieto presidente Mattarella, tutto in uno stile telegrafico, lieve, mai troppo serioso o ancor meno saggistico. Il tocca letterario di finzione, non manca. L’io narrante prevale sull’analisi storica dei fatti; a Matteo Salvini, sono dedicate in senso stretto poche manciate di pagine; il Capitano serpeggia diciamo per tutta la stesura, così come serpeggia per tutto il libro l’ombra nera della futura dittatura. Un’iperbole? Follia senile di un disinvolto talentuoso? O incarnazione di una profezia annidata nei petti pavidi di tanti italiani? L’autore mantiene posizioni dichiaratamente pessimiste e dunque sempre invitanti visto il carattere tragico del paese.

Il Dittatore è certo la caricatura della dittatura più che la caratura della personalità del vicepremier. Se Ennio Flaiano potesse commentare la questione, credo che direbbe qualcosa di simile: “L’Italia è tutt’oggi e sempre sarà una dittatura, quella minorata della maggioranza”. Il film di Chaplin del 1940 potrebbe meglio di tante altre parole chiudere l’argomento qui trattato con un sorriso amaro, impietoso, come quello sul volto di Pansa in Tv. Lui, Cassandra vociante al riparo dal tempo, che ora sorride con l’amata compagna (e mentore) al tavolino di un bar di paese, immerso nella quiete toscana. Noi, sconfessati pavidi inerti, punzecchiamo il futuro duce, twittandogli contro pensierini avversi.

 

 

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