Governo
Il Coronavirus e il grande romanzo istituzionale
Ci mancava il grande romanzo istituzionale, fatto di mezzi passi falsi, comunicazioni contrastanti, annunci, smentite, sino ad arrivare alla salvifica comunicazione fatta via Facebook dal Presidente del consiglio. Due giorni di delirio comunicativo che fanno scopa con le tre giornate della diffusione a reti unificate del Premier ospitato da tutti i talk show nazionali, direttamente dalla sala riunioni della Protezione civile, quasi a significare che lì si lavora ventiquattro ore su ventiquattro. Senza sosta.
Smesso il maglioncino, rimessa la giacca e la cravatta, Giuseppe Conte, dopo una breve parentesi temporale, volta a rassicurare gli Italiani (e i mercati), torna ai toni allarmarmistici, ai quali segue una misura senza precedenti: chiudere tutte le scuole e le università d’Italia per due settimane. Anche se, il Comitato scientifico, messo insieme dallo stesso governo, afferma che chiuderle per due settimane poco incide, semmai bisognerebbe farlo per due mesi. Ma poco importa.
Dovremo attendere almeno un paio di mesi per capire se tutto ciò non sia stato un immotivato panico istituzionalizzato, oppure se il nostro Paese, unico al mondo, non sia stato più saggio di tutti gli altri. Nella speranza che sia accertata la seconda ipotesi. Perché, in caso contrario, dovremmo davvero fare una profonda riflessione su quanto sia altamente instabile un governo capace di diffondere paura immotivata.
Perché a livello puramente politico, il Coronavirus un effetto concreto lo ha raggiunto: mettere in freezer il confronto e il dibattito politico che, alla vigilia della sua comparsa, animava tutto il circo mediatico. La crescita economica da resuscitare; le riforme costituzionali da realizzare – dal dimezzamento dei parlamentari, alla mezza proposta renziana di una repubblica semi o tutta presidenziale; i lavori pubblici da far ripartire, tra la ricostruzione post-terremoto e il rinnovo della rete infrastrutturale; le crisi sul tavolo del Mef, dall’Ilva, sino a giungere alla vendita di Alitalia. Tutte questioni stipate nel freezer del Coronavirus che sta avendo, quindi, un effetto di normalizzazione dei legittimi conflitti tra le varie parti politiche in gioco. Adesso è il momentum del “stiamo tutti uniti”.
Si spera che la bella stagione, come in una favole dal sapore antico, possa sterilizzare il Coronavirus, facendoci tornare tutti più a contatto con le questioni cruciali per il nostro Paese. Ben consapevoli che il virus più pericoloso e più resistente, però, non sarà certo debellato: il populismo.
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