Governo
I giovani cannibali socialisti e l’era degli estremi (senza liberali)
Sabato mattina con la scuola di mio figlio Tommaso sono stato in udienza da Papa Francesco. L’uomo è fortissimo, ma non serve che lo dica io, e a tratti ho pianto, ma non interessano le svenevolezze di un uomo di mezza età. Soprattutto, il Papa ha fatto un discorso, 4 a 1 per i laici il conto delle citazioni, straordinariamente politico e di sinistra. Se n’è avveduto anche lui quando ha scherzato sul fatto che “diranno che il Papa è diventato comunista”.
Comunista no, ma il discorso che Francesco ha fatto alla presenza della delegazione di una scuola della Milano-bene è stato per temi e per toni un discorso molto “di parte”: pro immigrazione (e ci sta), pacifista (e ci sta) e indiscutibilmente anticapitalista.
Ci sta? Bergoglio si sa per che squadra tiene ed è, nell’alternanza vaticana, un Papa militante come lo fu Giovanni Paolo II seppur con segno opposto (a proposito, segnalo che il Papa “pensante” di mezzo, Ratzinger, sembra assente da ogni iconografia, cancellato), eppure questa politicità così esplicita mi ha colpito e fatto riflettere. La relazione tra Pontefici e politica, almeno nel ‘900, è stata molto “una questione di uovo e gallina”: non era chiaro se la Chiesa anticipasse la politica o interpretasse e suffragasse il sentimento del tempo, dalla liberazione dei costumi negli anni ’60 alla caduta del comunismo negli anni ’90 a un nuovo socialismo oggi.
Nuovo socialismo? Con Trump alla Casa Bianca, Putin in Russia, Salvini al 35% e Casa Pound a Torre Maura?
Si, forse anche per queste ragioni, si sta affacciando sulla scena politica un nuovo radicalismo di sinistra, giovane e molto cazzuto. Ha la faccia di Alexandra Ocasio Cortez e Pete Buttegieg in America, di Greta Thunberg in Svezia, di ancora non sappiamo chi in Italia (ma su questo tornerò).
Sono giovani, illuminati, cannibali.
Giovani, anche giovanissimi, lo sono, e ostentatamente, per anagrafe ed esigenza di comunicare una cesura con tutto il prima e l’adesso, non solo la destra sovranista ma anche la sinistra riformista e “compatibilista”.
Illuminati lo sono perché, nell’epoca dei pitecantropi al potere, parlano di argomenti umani, di attenzione agli ultimi, difesa dei nuovi diritti e difesa dell’ambiente.
Cannibali perché non fanno sconti, nemmeno li concepiscono, e colpiscono per uccidere, tanto gli avversari quanto i vecchi compagni di strada. Ne sta facendo le spese Joe Biden, già vice di Obama e candidato alle primarie democratiche, sbranato, come racconta un pezzo del Wall Street Journal, dalla violenza che è cifra dello stile politico dei nuovi socialisti, che condividono con la Destra più di qualche tratto.
Il loro “I Care” è spesso perentorio come il “Me Ne Frego” degli amichetti di Salvini e del ciarpame sovranista, il “minoranzismo” ottusamente perentorio come il “prima gli italiani”. Nessun sconto, nessun prigioniero, di là gli immigrati, di qua i maschi bianchi, la sacrosanta affermazione delle donne è #metoo, il cambio di comportamenti necessario per l’ambiente è caricato di millenarismo. C’è qualcosa che non suona in questa polarizzazione, e l’essere chiaramente più vicino a questo polo che all’altro non basta, sarà anche colpa del mio status di maschio bianco di mezza età che si commuove dal Papa.
O magari perché sono un dinosauro riformista ancora fermo, come mi disse una volta il direttore di questa testata, agli anni ’90. Mi sono formato politicamente in una stagione in cui il più grande partito comunista dell’Occidente si poneva seriamente la questione di governare il capitalismo, migliorandolo. Abbiamo guardato Blair, Clinton, Gore e persino Prodi e l’Ulivo con lo stesso occhio attento alle compatibilità, con la sensazione che le cose che si rompevano dovessero poi essere aggiustate.
Siamo stati nel sistema e nel capitalismo, critici e guardinghi, ma dentro. Facciamo gli avvocati e i comunicatori, abbiamo clienti, fatture, mutui, budget, alcuni perfino margini. Facciamo anche i figli e sentire un aedo del nuovo socialismo mettere in dubbio la legittimità di farne fa impressione, così come fa impressione il “contrordine compagni” sul ruolo dello Stato nell’economia. Dal dominio dei contenuti a quello dello stile, fa impressione l’insistenza populista sul nemico e sui diritti come un gioco a somma zero, così come indispone l’assenza nella retorica di ogni idea di composizione dei conflitti.
Pensiero bambino come l’analogo destrorso, il nuovo socialismo non ama le contraddizioni e i piccoli passi, che purtroppo sono il sale della democrazia. I due pensieri bambini litigano ai giardinetti di un dibattito pubblico insopportabilmente carico e arrabbiato.
Ne fa le spese l’approccio liberale e riformista, ormai decisamente minoritario. Pensare che fare funzionare meglio l’economia con creatività, innovazione e conoscenza e senza furori ideologici possa creare ricchezza e lavoro è pensiero minoritario, almeno nella retorica politica (che poi tutti continuiamo per fortuna a fatturare, spostarci, mangiare prosciutto, fare bambini).
In attesa di un’Ocasio-Cortez italiano nel frattempo si è insediato Nicola Zingaretti e il campo della Sinistra è tornato al “vorrei ma non posso” dell’epoca del PDS-DS. Seppellito l’esperimento del cafone-riformista Renzi, l’unico a dire senza le dovute maniere che il Paese doveva darsi una mossa anche per recuperare giustizia sociale, è tornata una Sinistra non giovane, poco illuminata, per nulla cannibale e nel frattempo i liberali hanno raggiunto il punto più basso in termini di influenza culturale e peso elettorale.
Quando la politica gioca con i radicalismi e gli estremi e gli assoluti morali di un Papa non si distinguono dal discorso politico o siamo entrati in un’epoca rivoluzionaria o il tessuto della democrazia si è un po’ strappato.
Chiedo perdono se propendo per questa seconda ipotesi, ma quello che si muove sotto le baruffe tra ideologie, dalle concentrazioni di Big Tech all’imperialismo cinese a quel primario istituto bancario italiano che ha appena mandato in pensione 600 impiegati con quota 100 per sostituirli con dei robot, fa pensare che sotto il fuoco della retorica si muova ben poco.
La disastrosa prova del governo Salvini-Di Maio contro ogni elemento di realtà a partire dall’economia, dimostra ancora una volta che governare è labor-limae, è composizione di interessi e non l’inveramento del detto milanese: “Chi vusa pusé, la vaca l’è sua!”.
Non è moderatismo, che sa di dieta iposodica, minestrina e niente vino a cena, ma serietà anche nel radicalismo, soprattutto rispetto per chi, vivaddio, magari sbagliando non la pensa come noi.
Si chiama democrazia, è roba da vecchi liberali ma funziona.
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