Indossando le bombole di ossigeno, in questo mare di vuoto riempito di sacchetti di plastica, anzi di microplastiche elettorali, in questa specie di isola mefitica che affiora nell’oceano, che si forma e si conforma agli scarti peggiori della nostra società, quando s’approda a questo raro periodo di interrogazione del popolo, quando al cittadino-elettore-contribuente va adeguatamente riempito il cervello di fibra per fargli produrre idee confacenti alla qualità del materiale immesso, in questo periodo di compulsiva accumulazione elettorale, dove ogni buon ragionier Fantozzi viene invogliato al “gratta e vinci” sul futuro del paese, proprio in questo periodo, parlare di politica, appare alquanto fuori luogo.
Perchè c’è tanto altro di cui parlare: Chi si coalizzerà con chi, chi votare per poi favorire codesta subcoalizione, chi votare per indebolire invece quell’altra coalizione (come nell’incredibile campagna cripto centrista di avaaz), e ancora, chi non votare “…perchè tanto quelli lì non li vota nessuno, perchè si, hai ragione, tutti pensano che quelli lì si dovrebbero proprio votare, ma se non li vota nessuno, allora è un voto perso”. E’ il girone del fantacalcio politico, mix tra carta punti fedeltà (un tanto al timbro di seggio) e quell’altra carta strana, col bollone della Coop, quella che ti danno in questi giorni, che gratti la zona grigia con l’unghia e sotto ti dice “guarda hai perso, ma riprovaci online”, che sembra tanto la metafora calzante della frustrazione social d’ogni giorno dopo.
La gloriosa prima repubblica
Quando la storia degenera, quando una cultura politica involve, prima che arrivi un Erdogan qualsiasi a dirci quanto sia corretto farci esplodere a nove anni, forse val la pena di ripensare a Pasolini, quando diceva che in questi momenti “il passato ha un valore rivoluzionario”. Perciò ricordo con grande nostalgia i tempi lontani della prima Repubblica, i tempi in cui esistevano solo due tipi di elettori, quelli che votavano per clientela e quelli che votavano per appartenenza ideale. I primi sapevano che in mano tenevano una schedina truccata, che sotto quel “grigietto da grattare”c’erano già scritti nomi d’apparato, nomi che avrebbero portato a tuo nipote un bel posto nella municipalizzata. Per costoro il voto aveva valenza “tecnica” ed efficacia pratica. La seconda tipologia di elettori invece proveniva direttamentedall’iperuranio e si occupava esclusivamente del post atomico, proiettava la Storia con la S maiuscola sulla scheda elettorale ed esigeva per nipoti o pronipoti una società diversa, la cui sintesi stilizzata stava già iscritta nella rappresentazione iconica del relativo logo-partito. Una croce, un libro, un pugno chiuso, una tomba di Mussolini con la fiamma, una falcemartello.Al tempo le coalizioni, i simboli di partito, non contenevano infatti nomi di persone, persino i partiti più specializzati nel voto clientelare omettevano simili bassezze, il simbolo rappresentava la proiezione d’una prospettiva, di un punto di vista. Era questione di pudore più che di contenuto, ma tant’è. L’idealtipo di assise parlamentare immaginata consisteva in un’arena di confronto tra prospettive parziali, messe a sistema per riprodurre, in forma d’assemblea rappresentativa, una sintesi articolata, nella quale ogni prospettiva parziale diveniva tassello sinergico col tutto. Ma inutile raccontare, questo idealtipo democratico appartiene al mondo della fantasia e ai ricordi d’un altro tempo.
Pensate, o voi che siete diventati adulti nella seconda repubblica, che persino dentro lo stesso partito convivevano questi due tipi di elettorato.C’era l’elettore della prima repubblica che votava il Psi per far assumere il nipote svogliato all’acquedotto, e al contempo, e nello stesso partito, c’era il vecchio manciniano che votava psi (con la minuscola, il partito dei frati scalzi tra i preti abbuffoni) quale prospettiva sociale. Le due prospettive di voto si intrecciavano e costituivano rami conflittuali nelle medesime chiese di appartenenza. S’ammazzavano pure per questo, in quel tempo remoto.
Oggi tutto ciò vi può sembrare irreale, ma vi giuro, che mi cadesse in testa lo stipite della porta, c’erano perfino dei democristiani morotei (e ne ho conosciuti) che pensavano sinceramente che il loro partito componesse in modo organico i tempi e gli interessi di allora, e questi buoni cristiani convivevano con i Gava, i Cossiga, gli Andreotti. Mi accorgo or ora scrivendoli, che questi nomi non vi dicono più niente, allora diciamolo in un altro modo, la mafia, lo Stato occulto, il cinismo più bieco.
Ecco, sotto la luce del nostro tempo, questo mondo politico equamente ripartito tra clientela ed aspettative politiche e sociali, appare ovviamente antistorico, passatista. Oggi la clientela non funziona più (…a che ci serve assumervi all’acquedotto? per vincere una contesa elettorale? Ma è uno spreco! è pur sempre un sistema che finisce per essere redistribuivo, oggi ci basta una campagna pubblicitaria, e data la persistente assenza di alternative sistemiche, sul resto si può risparmiare) ed inoltre il voto “ideale” è stato soppiantato dal dogma del voto utile.
Voto utile a cosa?
Che i dogmi di fede d’un epoca vadano smontati vien da sé. Quando parli, già parli contro un dogma oppure per recitarne i salmi, ma individuare i confini d’un dogma è sempre assai difficile. E così ho fatto due calcoli. Perchè l’aritmetica in quanto scienza esatta aiuta a smontare i dogmi che per loro natura si basano sull’approssimazione. Il nostro paese è governato nella seconda repubblica da tre formule governative. Il centro sinistra, il centro destra, ed il centrosinistradestra, formula mai dichiarata (preventivamente) ma assai efficace. Dal 2011 veniamo infatti governati da questa formula parlamentare.
Il centro-sinistra ha governato questo paese per 6 anni su 24 (Prodi, D’Alema, D’Amato, Prodi bis), il centro-destra lo ha governato per 9 anni su 24 (Berlusconi, Berlusconi bis, Berlusconi tris), il centrosinistradestra per i restanti 9 su 24 (Ciampi, Dini, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni).
Qualche punto di chiarezza forse serve per quest’algebra contabile, Dini governò col supporto della Lega Nerd (no, non è un refuso, è il tempo di quando ancora il Trota stava ancora nella vasca e Belsito non aveva la collana), mentre Renzi e Gentiloni governano oggi con il Nuovo Centro Destra, creatura va da sè estranea alVecchio Centro Sinistra. Alcuni di questi governi si sono definiti di “Grosse Coalition” mentre altri, più timidi, hanno omesso tali di per sè infamanti qualificazioni. Ultimo punto aritmetico: data la prevalenza d’una guida di centro-sinistra, tali “grosse grasse coalizioni greche”, dicendolo un po’ a spanne, riequilibrano il tempo di governo tra le parti. In sostanza questo paese negli ultimi 24 anni è stato governato per un terzo del tempo da ciascuna dalle tre formule di coalizione intercambiabili.
Ne emerge un quadro algebricamente semplice, la seconda Repubblica non ha facce nuove, programmi nuovi, strategie diverse, ha solo un centro fluido che governa in un gioco di coppia, separatamente o rubandosi precariamente dei leader (vedi Casini o Mastella) in un quadro non più clientelare, non più ideale, e sostanzialmente non più rappresentativo. Bon, questo per l’algebra. Ma ora torniamo alla politica.
Cosa votare?
Il buon vicino di casa si affaccia e mi chiede cosa votare. E’ già sulla finestra. “Non farla lunga!”. La scheda gli viene infatti consegnata bianca ed il tempo scade. Nella scheda bianca egli deve apporre una X sopra la lista prescelta e da questa sua scelta emergerà un nuovo brillante governo di centrosinistradestra. Ok, questa è l’algebra di cui sopra. Ma la domanda del mio vicino, pur cosciente e smaliziato, pur dubbioso e stizzito, pur scazzato e bestemmiante, ecco la domanda del mio vicino rimane eguale. Ho capito, si lo so, ma che cazzo voto?!
Premetto che non sono un’astensionista, e questo per motivi estetici e politici; estetici perchè penso la gestualità del non votante pare quasi farsi vanto di una specie di superiorità etica, d’una vena d’aristocratico distacco che mi fa un po’ ribrezzo visto sia il poco valore del gesto quanto della sua ostentata negazione. Questo paese avrebbe e ha avuto una classe dirigente anche in totale assenza di votanti. Inoltre, solitamente, non mi astengo anche per motivi politici, con la minuscola s’intende, poichè il “non voto” distribuisce in parti eguali i miei resti (basta un pò di matematica), resti che alimentano anche casapopòripò e mi rifiuto di pensare che casapopòripò non usi i suoi futuri fondi parlamentari per scopi ignobili. E così spesso voto, con la minuscola. Bon, passiamo ora in rassegna i nostri cari simboli per capirne qualcosa.
Fasci e fascio sinistri
Leggo il programma di Forza Nuova, poi quello di Casapound, e ne traggo una simpatica allegoria, eccoli, sono sempre gli stessi. E’ dal 1919 che scimmiottano la sinistra. Copiarono il fascio dai fasci siciliani, copiarono i programmi sociali da quelli socialdemocratici (nazionalsocialismo), fotocopiarono il programma del sindacalismo rivoluzionario per scrivere quel loro fondante manifesto del 1919 (vedi sansepolcrismo). Niente di nuovo. La destra estrema tenta da sempre l’emulazione contenutistica del socialismo in quanto è priva di una identità che non sia mera rappresentazione di contenuti emozionali, genitali, d’antitesi reazionaria al presente.La Casapound reale, profonda, è nelle feste delle cinghiate (cinghiamattanza), è negli assedi dei migranti o agli sfollati isolati. In questi luoghi fisici riscopre l’orgia del suo esistere, non certo nelle perifrasi da doppiopetto che ne rappresentano solo l’alibi teorico. Il fascismo è ventre, non è programma. Il fascismo storico poteva scrivere impunemente nel suo manifesto che condannava “l’eventuale imperialismo italiano a danno di altri popoli” e che“se la borghesia crede di trovare in noi dei parafulmini, s’inganna” ma poi la mascella turgida del duce ed il fianco solerte del gran capitale scatenano una guerra mondiale imperialista. Basta e avanza questo per chiudere definitivamente i conti per sempre con i paraventi neri o rossobruni al sepolcro fascista.
Centro-Destra
La formula con cui si ripropone il centro-destra è quella che gli fece vincere le elezioni nel 1994. Al posto di Berlusconi c’è Tutankhamon, al posto di Bossi c’è Salvini – ruota della fortuna, al posto di Fini ci sono i Meloni (e qui la battuta vien facile, si passa dal reparto frigo a quello della frutta e verdura). Detto tra noi, è una formula vincente. Inutile inventare il nuovo quando già si possiede un vecchio marchio e non c’è alternativa. I due piccoli della coalizione giurano in questi giorni che non entreranno manco morti in una “grossa coalizione”; il primo lo giura sul vangelo, la seconda sulla piazza, e possono farlo tranquillamente perchè nessuno chiederà mai loro di entrare in una grosse coalition, la grosse coalition è per default una creatura di centro. E allora perchè lo giurano? Perchè c’è sempre qualche elettore che teme che Salvini non emetta più i suoi twitter al vetriolo e questo giuramento solenne rassicura. Tranquilli, Salvini non sarà ministro della grosse coalition. Se vince Berlusconi lo ritroverete stranamente eurocentrato e ministro moderato, come fu per Maroni. Ovviamente non riesco a prendere sul serio nulla del centro-destra, quindi non riesco fisicamente a “decostruirvi” il programma. Essendo quello del centro destra un format televisivo per gli interessi del gran consiglio, preferirei dire che trattandosi di una stanca visione in replica di Dallas, ed oggi su netflix si trova molto di meglio. Ma si sa che gli appassionati di Beautiful vogliono sapere se Ridge sposerà Brook per la quarta volta, e perciò lo voteranno ancora, specie perchè chi vota berlusconi vivrà 120 anni e partendo da 80 è ancora una mezza vita. Per tutti gli altri, per quelli che non sanno cosa è Beautiful, resta sempre netflix.
Centro-Sinistra
Il centro sinistra partecipa o guida governi per 15 dei 24 anni che ci separano dalla prima Repubblica. La guida egemonica di questo blocco è ovviamente del maggior azionista, il partito democratico. Nei suoi 15 anni di governo il centro sinistra ha allungato l’età pensionabile (Dini poi Fornero) ha fatto passare il calcolo delle pensioni dal sistema retributivo (basato sugli ultimi 5/10 anni di salario) a quello contributivo (basato sul totale versato), ha liberalizzato le licenze commerciali (ministro Bersani), ha eliminato il diritto di reintegro dell’art.18 a tutela dei licenziamenti senza giustificato motivo oggettivo (Renzi), ha destrutturato un sistema di tutele organico, per un sistema di tutele differenziate nell’ambito contrattuale, a svantaggio delle tutele dei lavoratori più giovani (Jobs act), ha eliminato ogni limitazione sui canoni di locazione ad uso abitativo (Prodi), ha posto al centro dello sviluppo nazionale un modello incardinato sulle grandi opere che si sono dimostrate scatole vuote a debito (da Prodi a Renzi, con continuità), ha infine partecipato e fatto partire dal territorio nazionale numerosi interventi militari all’estero, alcuni dei quali eseguiti con raid missilistici ad impianti chimici a scopo terroristico (Pancevo, governo D’Alema). Durante i governi di questo blocco sociale gli indici di disparità sociale sono aumentati del 10% (Indice di Gini) e le famiglie che non riescono a far quadrare i conti e quindi usano il patrimonio come ammortizzatore sociale sono passate dal 5/10% degli anni 90 al 33% attuale (vedi qui). Nel frattempo la follia delle grandi opere e del project financing ha contribuito ad una crescita abnorme del debito pubblico, un debito depurato (per la maggiore verticalità delle attuali dinamiche di clientela) delle tradizionali ricadute trickle-down keynesiane; debito oggi arrivato al 132% del prodotto interno lordo. Infine il paese è invecchiato ed è ripresa l’emigrazione (100.000 italiani all’anno con un tasso di crescita del fenomeno del 26% l’anno da quasi 10 anni – vedi qui). E’ del tutto evidente che il centro-sinistra sia protagonista delle dinamiche neoliberali che stanno disintegrando questo paese, e non solo non offra alternative concrete a questa decadenza, ma in buona parte, in combine col centro-destra, la determina. Serve aggiungere dell’altro? Togliete da quest’altro le professioni di fede e vediamolo insieme. PS. Ometto la Bonino perchè della stessa ho già parlato.
Liberi e Uguali
Il movimento di Grasso nasce 87 giorni fa. Questo dato aritmetico non inganni, si tratta di tre mesi. Praticamente tutta la sua classe dirigente proviene dal Partito Democratico, da scissioni attuali o precedenti. Diciamo che a fronte di una caduta di “consensi a sinistra” del PD e a fronte di una legge elettorale semiproporzionale, se non fosse nato Liberi e Uguali il partito democratico avrebbe fatto bene a crearlo a tavolino per “chiudere le falle a sinistra” e riportare saldamente, già il 5 marzo, questo pacchetto di voti al centro. Diciamo che se il partito democratico avesse operato questa genialata, avrebbe scelto per l’operazione do trasformismo a scadenza i suoi uomini (maschi) migliori, per poter essere veramente sicuro di poterli intronare in una coalizione qualsiasi già il 5 marzo. Ma si sa che il complottismo non dà punti. Quindi restiamo sulla realtà numerica. Il partito di grasso rimprovera al governo attuale la legge Fornero (con eccezioni), il Fiscal compact, il pareggio di bilancio inserito in Costituzione, lo Sblocca Italia, il Jobs act. Perfetto. Tutte queste misure sono passate con il voto favorevole dei parlamentari di Liberi e Uguali. Il candidato Michele Mognato, ad esempio, che scrive solennemente nel suo depliant che “Le scelte di governo in questi anni hanno aggravato la crisi: ‘riforme’ come il Jobs Act e la Buona Scuola hanno creato nuove e maggiori disuguaglianze” dimentica opportunisticamente di ricordarci che il parlamentare Michele Mognato queste manovre le ha votate (ecco). Puro esercizio di post verità. Lo stesso Mognato riporta anche le sue presenze in commissione trasporti, che sono del 94,52%, ma omette ancora una volta di dire che nel 99,55% dei casi ha votato come il governo che oggi contesta nei depliant. Ecco, se il PD avesse inventato un partito simulacro per riassorbirlo il 5 marzo, Michele Mognato sarebbe candidato ideale per questo partito parafulmine, invece anvedi te, è candidato con Liberi e Uguali.
Movimento cinquestelle
Il movimento di Grillo ha dei punti, bisogna dirlo. Il primo punto simpatia è che tutti gli sparano contro. E’ una mitragliata giornaliera, al TG1 credo ci sia proprio un addetto alla delegittimazione dei grillini, sta in un ufficio grigio del quinto piano. Riceve dal tubo pressurizzato il microfilm, consulta l’oracolo, descrive gli abomini di Emmanuel Goldstein, riscrive, infila nel tubo. L’aria compressa fa giungere la capsula direttamente a casa dei miei e nello scranno di Fabio Fazio facendo sobbalzare la Litizzetto. Ma questi punti simpatia il movimento se li è ampiamente giocati; c’è una luna di miele per i Nerds che termina non appena inizia un Termidoro. Ed il termidoro si chiama Di Maio. Inutile girarci intorno, la truppa parlamentare del cinquestelle è fatta anche di brave persone (oltre che da predoni del cambiocasacca e massoni) ma una figura di Robespierre è già fiorita tra le carte di Rousseau, ed essendo capo politico d’una pattuglia senza precisa filosofia e traiettoria, questo Robespierre ne riscrive già da subito la retorica. Robespierre può baciare San Gennaro per ingraziarsi la curia, può astenersi dall’antifascismo per ingraziarsi i fascistelli (è pur sempre figlio di un alto dirigente del movimento sociale), può andare in Europa passando per Cernobbio e rassicurare che il nuovo movimento non uscirà dall’euro (contrariamente alle vecchie posizioni), infine che non metterà in discussione la nato e difenderà gli interessi strategici dell’Eni. Insomma è il Termidoro, il rigetto sostanziale di quel “non programma” visionario che destrutturava l’immaginario dal pulpito d’un capocomico e che ci arrivava attraverso i colpi di martello ai computer e quel salto a gamba tesa all’assemblea di Parmalat. Oggi regna solo il grigio fumo. Su Roma la sindaca lascia scorrere un vento gelido che si infila nelle tende dei profughi protetti solo dai soliti comunisti del Baobab. L’aria fetida tipica della paura centrista che il cuore nero della capitale insorga sui social, lascia questi ultimi del mondo confinati nella neve d’un deserto sociale. Lo sguardo dei nerd dal cuore puro ormai si volta sistematicamente dall’altra parte. Che dire, il processo è compiuto.
Potere al popolo, sinistra rivoluzionaria
A proposito di nuove appartenenze elettorali, a far da sponda agli ottantasette giorni di Leu, abbiamo i 73 giorni di Potere al popolo. Questo “parto” sotto elezioni, me la perdonino i militanti di cuore, a primo acchito non promette bene. Abbiamo avuto a sinistra molte volte cartelli elettorali spuntati prima delle elezioni che si scioglievano al sole il giorno dopo le stesse. Il caso di potere al popolo è certo diverso nella forma, ma assume per molti versi connotati di “un’improvvisazione di sinistra” specie quando si osserva da vicino la composizione delle liste. Darsi solo 73 giorni per organizzarsi dal nulla, girare l’Italia a trovar gruppi d’affinità, definire un programma “nel mentre” lo si diffonde, ed infine scegliere dei candidati un pò a cazzo, effettivamente tutto questo assume connotati eroici da un lato (i 10 giorni che sconvolsero il mondo) ma al contempo un retrogusto d’improvvisazione che promette probabili defezioni dal gruppo appena le lusinghe dello Channel n.5 parlamentare raggiungerà gli olfatti dei molti che fino a tre mesi fa pensavano ancora di essere dei disoccupati-precarizzati a tempo indefinito.L’unico corpus che resiste alle lusinghe dello Channel n.5 è un corpus ideale e direi, se non temessi gli strali degli amici anarchici e d’una parte di me, un corpus ideologico o meglio filosofico. Laddove il singolo si sente parte d’un tutto che in qualche misura lo precede e in qualche altra lo sopravanza, laddove cioè la causa travalica l’io e lo trascina con sé, là inizia la storia di un movimento sociale e termina la carriera d’un privato cittadino-consumatore. Siamo ben lontani da tutto questo. Potere al popolo, pur nascendo da una fucina effervescente come quella di “Je so Pazz” a Napoli, si è dato (per motivi ovvi) una struttura oggettivamente troppo leggera per non essere al momento poco più di un Brand sopra un’idea di movimento sociale, ed i molti candidati nazionali appaiono mere trasposizione del sé sul piano inclinato della rappresentazione. Oggi nel contesto nazionale le candidature sono questo, è oggettivo, questo più che “fedeli alla linea”, ovvero militanti. Si, alle assemblee di potere al popolo ci si candidava per alzata di mani. D’altro canto, oggettivamente, questo fai da te, sebbene incontrerà ostacoli e, non ce lo neghiamo, probabili defezioni post partum, appare sincero, immaturo certo ma, perchè no, laboratoriale. Forse meglio un laboratorio d’una crosta prevedibile.
Di tutt’altro spessore organizzativo, la figura purissima della Sinistra Rivoluzionaria, che propone, dopo anni di attività di partito, in rinnovata coalizione: la rivoluzione sociale, la socializzazione delle fabbriche, il socialismo. Che dire? Niente, si premi la coerenza.
Il voto dilettevole.
E’ finita cari amici la mala tempora del voto utile. Son vent’anni che fate voto utile. Pensavate di fermare il neoliberismo cliccando Tsipras e vi siete ritrovati con un ragioniere dell’impero che vieta gli scioperi, pensavate di fermare il comunismo votando Kossiga e quel Kossiga trattava con Pecchioli la fine di Moro, e anche voi, voi che pensavate di fermare l’immigrazione votando Bossi e invece i vostri denari sono migrati in Tanzania sotto forma di diamanti, e infine voi, maggioranza silenziosa, che pensavate di fermare B. votando R. e invece R. si credeva ancora alla ruota della fortuna di B., beato sia il Nazareno. Insomma col vostro voto utile avete riempito di speranze inutili un popolo dalla politica futile.I vostri fantacalcoli di fantacalcio a cosa vi hanno portato? Nulla che non sia pura partigianeria senza progetti, ovvero un unico grande progetto generale, l’addensarsi al centro, il grumo della cioccolata, bel progetto! Sono i movimenti sociali dai progetti svelati che tracciano la storia, e son le congreghe dai progetti celati che la rallentano. Un centro senza identità è la rappresentazione perfetta dell’interiorizzazione di un “non progetto” che cela immancabilmente calcoli precisi ed indicibili. Senza prospettive, senza amor di prospettiva, di ripiego in ripiego, macinate da trent’anni vecchi cimeli della prima repubblica. Basta voto utile,Votate l’idea, con voto dilettevole!E infine voi, voi che volete ancora la rivoluzione, pensate dubitanti che questi eletti saranno solo tribuni senza potere? Tribuni d’un “potere al popolo” qualsiasi o d’una “Sinistra Rivoluzionaria”? Beh, meglio un tribuno che un collaborazionista.
Si, vincerà il grande centro, perchè i tempi non son maturi, e le vecchie abitudini, utili nell’inutile, si scalzano male. Vincerà nuovamente il pantano che governa questo paese da decenni. Sarà una formula post-elettorale di centro, con supporti ai lati, di piena compatibilità con l’esistente. Una specie di piramide. Perchè questo non dipende dai pochi ma da un movimento d’insieme. Perciò i nostri tribuni saranno ancora minoranze, ma non saranno collaborazionisti. Meglio un tribuno che un collaborazionista.
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