Governo
Giornalisti e giornaletti: la privacy non impedisce la libertà di stampa
L’applicazione del GDPR ad alcuni quotidiani mi ha portato ad approfondire le seguenti tematiche.
La libertà di informazione (art. 21 della Costituzione), nella duplice accezione, attiva, quale diritto del giornalista di informare (diritto di cronaca), e passiva, quale diritto del cittadino di essere informato, costituisce una precondizione per la democraticità delle società contemporanee.
E’ l’articolo 85 del regolamento europeo a prevedere esenzioni o deroghe a favore dell’attività giornalistica, ma anche a favore del’espressione accademica, artistica e letteraria. Perciò l’attività giornalistica è normalmente svincolata da alcuni limiti posti a tutela della privacy.
Ricordo inoltre che le regole dei testi deontologici costituiscono vere e proprie norme secondarie del sistema giuridico, in base alla quali anche i giudici decidono della legittimità del trattamenti di dati personali effettuato per finalità giornalistica (o di manifestazione del pensiero).
Il trattamento di dati operato dal giornalista è sostanzialmente libero. Il giornalista può trattare (e pubblicare) anche dati sensibili e giudiziari senza dover ottenere il consenso dall’interessato, purché ricorrano due requisiti:
– i dati sono stati raccolti in modo lecito e corretto (principio di liceità);
– la diffusione dei dati avviene nei limiti dell’essenzialità (principio di essenzialità) dell’informazioneriguardo a fatti di interesse pubblico.
E’ il giornalista a valutare in prima battuta se la pubblicazione di “dati” è lecita o meno, rispettando i principi in materia e la dignità della persona. Il principio di essenzialità prevede che i dati pubblicati devono essere necessari rispetto alla notizia.
Nel momento in cui raccoglie le notizie, le informazioni (l’equivalente dell’informativa) che deve fornire agli interlocutori si limitano all’identità, la professione e le finalità della raccolta delle informazioni. Addirittura il giornalista può non rivelare la propria professione se ciò può porre in pericolo la propria incolumità o lo svolgimento della funzione informativa ed è tutelato il segreto sulla fonte della notizia.
Infatti, l’articolo 200 del codice di procedura penale, e l’articolo 138 del Codice Privacy, riconoscono il diritto del giornalista professionista iscritto all’albo, di astenersi dal divulgare il nome delle fonti della notizia. Tuttavia, se ai fini della prova del reato sono indispensabili e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte.
Con riferimento alla cronaca giudiziaria, quindi notizie di arresti e condanne, un aspetto estremamente rilevante è l’interesse a garantire il controllo pubblico sull’operato delle autorità giudiziarie e delle forze di polizia. Ciò comporta un regime di pubblicità degli atti processuali, delle udienze e dei provvedimenti di un giudice (a parte il segreto su alcuni atti e sulle investigazioni). Ovviamente per non incorrere in un illecito occorre sempre che vi sia un interesse pubblico al fatto, che il fatto sia vero e l’esposizione abbia una forma civile.
Occorre però che la notizia sia stata lecitamente acquisita (ad esempio da una parte che ha già legale conoscenza dell’atto). Il giornalista deve sempre valutare l’opportunità della diffusione del dato, in considerazione del fatto che ci si trova in una fase iniziale del procedimento.
Occorre inoltre rispettare il principio di non colpevolezza, per cui sarà necessario chiarire bene lo stato nel quale si trova il procedimento giudiziario.
Il Garante ha vietato la pubblicazione delle foto segnaletiche (vedi provvedimento del Garante) in considerazione dello stato del procedimento, in una fase del tutto iniziale. Allo stesso modo è vietata la pubblicazione di immagini di persone con le manette ai polsi.
Il giornalista dovrà anche tenere conto del’eventuale volontà della vittima del reato, in merito alla non pubblicazione dei propri dati, in considerazione del fatto che è ammissibile opporsi per motivi legittimi alla pubblicazione (art. 7 Codice privacy).
Riprendere immagini all’interno di luoghi di privata dimora è vietato dalla legge, in considerazione dell’inviolabilità del domicilio previsto dalla Costituzione (art. 14). Il Garante privacy ha però ritenuto pubblicabili le foto riprese in luoghi liberamente osservabili dall’esterno (es. un balcone, vedi provvedimento del Garante).
Capitolo delicato è quello che riguarda la pubblicazione delle intercettazioni.
I giornalisti sono tenuti a selezionare il materiale da pubblicare alla luce del principio di essenzialità dell’informazione, evitando riferimenti a persone non interessate ai fatti e comunque garantendo sempre la dignità delle persone.
Il Garante ha pubblicato un provvedimento generale che riepiloga i limiti posti dalla legge e dal Codice deontologico alla pubblicazione di intercettazioni.
Teniamo molto invece a definire quello che oggi interviene con il GDPR e con il diritto all’oblio.
Nell’attuazione del diritto all’oblio occorre tenere distinte le varie ipotesi.
Nel caso di riproposizione di informazioni personali in ambito giornalistico a distanza di tempo, si deve considerare che alcuni fatti segnano profondamente la storia del paese, siano fatti politici o di cronaca nera, ma anche scandali “rosa”. In casi del genere l’opinione ha il diritto di continuare ad interrogarsi sul fatto, su come abbia influito nella vita del paese, su come i personaggi protagonisti della vicenda abbiano inciso profondamente.
La ripubblicazione di vecchi articoli contenenti dati personali in archivi storici giornalistici messi a disposizione online comporta un mutamente della finalità. Dalla finalità giornalistica si passa ad una storica o statistica, di documentazione o di ricerca, ecc… Il problema principale è che a distanza di tempo le informazioni contenute negli archivi possono non essere più aggiornate, e quindi sono inesatte.
Il Garante ha ottenuto che le informazioni presenti in detti archivi non siano consultabili attraverso i normali motori di ricerca generalistici, ma solo attraverso i motori di ricerca interni all’archivio. Ferma restando la possibilità che in casi di informazioni inesatte occorra aggiornare la notiziari.
Non si può impedire l’informazione ma nemmeno usarla per disinformare.
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