Governo

Giorgiate d’autrice e autopromozione

3 Giugno 2024

Cos’è che ci disturba di più nel turpiloquio governativo ostentato? Forse disturba me, o qualche altro decrepito moralista della mia età o più anziano. Che cosa noiosa la vecchiaia, si diventa insofferenti. Nel mio caso si diventa più insofferenti di prima alla volgarità, alla banalità e all’arroganza. Sì, mettiamoci anche la mediocrità. Ci sarebbero tante altre cosette, ma credo che chi mi conosce in parte le abbia già scoperte. Nel caso, v’informerò quando si presenteranno.

Ho comunque l’impressione, leggendo qui e là, che anche i più giovani di me di qualche anno siano molestati da questi inestetismi idiomatici che vanno di gran moda.

I giovanissimi non saprei, anche perché un certo turpiloquio è a loro abbastanza familiare, visti i testi delle canzoni rap, trap e strap. Che Meloni voglia catturare i trappisti e spingerli a votare per lei? Però dovrebbe quanto meno chiarire “non scrivete stronza, scrivete Giorgia”. Sempre supponendo che sappiano scrivere o tenere una matita in mano e distinguere le due cose.

Il malinteso potrebbe essere dietro l’angolo, perché “Io sono quella stronza di Giorgia Meloni” (ormai un meme, aspettiamo il rap che ne farà Fabio Celenza) è una frase che non si può equivocare, il sostantivo è seguito dal complemento di denominazione, ed è quella, non una Giorgia qualunque. Equivarrà anche sulla scheda elettorale? Verrebbe la voglia di annullarla scrivendo “La Stronza”, anche perché se l’è detto lei, facendo la pubblica autoincoronazione a Caivano. Un po’ come Napoleone imperatore in Duomo colla Corona Ferrea: “Dio me l’ha data e guai a chi la tocca!”.

Non è bullismo come vorrebbe far credere lei, passando, come fa sempre, da vittima, colla storia che le femministe dovrebbero rivoltarsi contro De Luca per aver osato proferire il termine offensivo nei suoi confronti.

Le femministe ce l’avrebbero con colei molto di più proprio per le stronzate che ha fatto nei confronti delle donne, portando avanti tutta la storia dei consultori, degli assistenti all’abortente, ma non assistenti qualsiasi, quelli di Pro Vita e simili, antiabortisti irriducibili. E quest’ultima cosa l’ha fatta notare, a suo modo e impietosamente, anche chi aveva pensato e detto (in privato) che era una stronza, ossia Vincenzo De Luca. Non è codesta, forse, una stronzata degna di cotanta imperatrice?

Andrà a finire, di questo passo, che anche Giorgia diventerà una parolaccia perché, da ora in poi, sarà sempre associata a lei e all’ultimo outing. Testa di Giorgia, Ma che Giorgia fai? Ma che Giorgia dici? Non dire giorgiate… La povera Giorgia, la brava cantante, farebbe bene a pensare di cambiare nome, perché ormai di Giorgia ce n’è una sola e non può essere che “(io sono) quella stronza di Giorgia Meloni”.

Il comizio che ha fatto ieri, aperto colla fatidica frase di Caivano, come opening di classe, vomitata a tutto volume dagli amplificatori, quasi fosse una decorazione, era degno di lei, il nulla condito dal solito vittimismo, ormai sdoganato come strategia gaslighting, senza proposte autentiche, nel dettaglio, se non fumosi slogan più Italia in Europa e tutto il solito repertorio del nulla: “Abbiamo dimostrato che la nostra Europa può vincere” (?), sibillino, “l‘Europa non deve essere una sovrastruttura” e così via, slogan vuoti, vacui, vacanti.

Votate, votate, votate, tanto in Europa io non ci vado mica, resto qui, che credevate, che ve lasciavo in pace? So’ Giorgia, no? Che lascio Roma per Bruxelles, ma che Giorgia avete capito? Me dovete sopportà, tre anni. Tre.

Ma il nulla che colei propone è indissolubilmente legato alla distruzione di ciò che c’è, perché in questa maniera lei crederebbe di dimostrare di aver fatto tante cose: abbiamo tolto questo, quest’altro e poi quello. Ma di cose concrete innovative e di vere creazioni, a parte riforme costituzionali che difficilmente saranno fatte, non ce n’è. Ci si limita a cancellare l’esistente, nell’assenza, e a negare diritti.

Non una strategia per le rinnovabili, non una strategia per l’adattamento climatico, non un’autentica presa di posizione per le aree pericolose come i Campi Flegrei, né una coraggiosa autocoscienza dell’infattibilità riguardo al giocattolo di Salvini, il Ponte sullo Stretto: Salvì, nun c’è futuro. Non una svolta epocale sulla Sanità pubblica, rinforzandola e riparandola dove sarebbe necessario; la Scuola, poi, di questo merito di cui tutti si sono riempiti la bocca, è sempre fumosamente priva. Politica migratoria: svanita nel nulla, basta non parlarne. Guerra: fornire armi ma non fare nient’altro; un vero affare per chi le armi le produce e in Italia non sono pochi.

Avrebbero aumentato le pensioni, leggo. La mia è sempre uguale, eppure ho lavorato per 42 anni e non è tra le più alte.

Ci si tiene, nonostante tutto, la Santanchè. Poveretta, avrà bisogno di un buono stipendio per risarcire lo Stato che sembra aver truffato alla grande.

Parole, soltanto parole, parole tra lei. Bugie, inesattezze, demagogia, comunemente intese come stronzate, che possono solo essere prodotte da chi si fregia del titolo da sé.

Ormai l’hanno imparato anche all’estero e non ci sarà da meravigliarsi se qualche collega, incontrandola in un G7, G20, G100, le dirà: “It’s such a pleasure to meet that stronza of Meloni”, o “C’est un vrai plaisir de rencontrer cette stronza de Méloni” etc etc. , probabilmente pensando di farle un complimento, dopo aver imparato a memoria la complessa frase il giorno prima, dietro consiglio dello staff diplomatico del proprio paese (“Le fa piacere, sai, è molto autoreferente, se lo dice da sola!” “Vabbè, vuol dire che sarà la prima cosa che le dirò.”).

Faber est suæ quisque fortunæ, diceva Sallustio o lo Pseudo Sallustio, cose antiche, come anche, e mi pare proprio il caso meloniano, chi si loda s’imbroda.

 

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