Governo
Il gioco delle tre carte
Magari l’hanno detto perché giocano in casa, e potrebbero aiutare la Raggi a riempire qualche buca, già che sono lì. Fatto sta che sono arrivati a invocare pure la marcia su Roma. Quando è moda è moda, cantava Gaber. E il fascismo è di moda. Basta sentire buona parte di chi telefona a La Zanzara di Cruciani e Parenzo per farsi un’idea degli umori che esalano dal cosiddetto basso. Per questo anche il simil chierichetto Di Maio che si trasforma in un capopopolo pronto alla marcia sulla capitale non stupisce: guarda caso sia lui che l’altro che si firma scrittore hanno padri dichiaratamente fascisti, o votanti l’antico MSI. Sono cresciuti in quella broda, e certe cose lasciano il segno. L’opportunismo, che fa minacciare, e poi rimangiare, se conviene, è un seme di quella subcultura. Così come la furbizia, a volte arrogante, altre ruffiana, che però nel caso dei due, è mitigata dall’ingenuità e dall’incompetenza. Che non ha Salvini. Vero ispiratore di questo schema sdoganato vincente, si muove rispetto ai pivelli dell’M5S con molta più ambiguità e fiuto (in politica spesso combaciano). Facile credere che non volesse quel governo con il pentastellati che diceva di volere. Sarebbero automaticamente implosi, col programma delle favole. E in questo potrebbe essere che il Presidente e il Matteo la pensassero allo stesso modo: di arrivare a quell’implosione con troppe macerie, economiche e istituzionali. Mattarella aspetta di capire se la sua mossa sia stata lungimirante o stolta, mentre Salvini continuerà nella sua prima e unica intenzione: cavalcare i sondaggi. Era il Paladino della Costituzione (remember: l’apologia di fascismo è reato) ai tempi del referendum, eppure ha fatto diventare la Lega il rifugio di chi rimpiange il Duce. Il leghista si muove con un opportunismo cinico che mi ricorda Sergio Ramos: vincente e scorretto, oltre ogni decenza.
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