Governo
Gentiloni forever?
Il giro di consultazioni di oggi è forse l’ultimo tentativo del Presidente Mattarella di evitare un ritorno al voto. È improbabile, tuttavia, che oggi sorga una maggioranza di governo o che qualcuno decida per l’appoggio esterno a qualche altra forza politica. Solo un “Governo del Presidente” potrebbe forse evitare il ritorno alle urne, ma anche quest’ipotesi è difficilmente praticabile, visto il rifiuto espresso in tal senso dal Movimento Cinque Stelle. Di fronte a questa situazione, il ritorno alle urne sembra ormai lo scenario più probabile, e lo conferma il tenore delle dichiarazioni dei vari leader politici negli ultimi giorni.
Tuttavia, se guardiamo alla Costituzione, esiste un’ulteriore possibilità, seppure essa non abbia precedenti nella storia repubblicana d’Italia. Gli artt. 92, 93 e 94, che nel testo costituzionale disciplinano la formazione del Governo, stabiliscono, come è noto, che il Presidente del Consiglio viene nominato dal Presidente della Repubblica, che in seguito nomina anche i ministri su proposta del primo ministro. Per assumere i suoi poteri, il Governo deve poi prestare giuramento e ottenere la fiducia delle Camere. Affinché cada un governo, è necessario che il governo venga sfiduciato o che i suoi membri si dimettano. Come dice la stessa Costituzione, “ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale”, e “il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni”.
In sostanza, come è normale nelle repubbliche parlamentari, il fulcro della vita politica è il Parlamento, e non il Governo. In virtù di ciò, il Governo viene legittimato dal Parlamento, ma i destini dei due organi sono separati: il rinnovo e/o la caduta di uno dei due non ha automaticamente effetto sull’altro. Proprio per questo, il Governo non cade a seguito delle elezioni politiche, e i suoi esponenti non devono essere per forza dei parlamentari. Da un punto di vista tecnico, il rinnovarsi del Governo dopo le elezioni politiche è più frutto di una prassi (e della necessità di tener presente dei mutati rapporti di forze) che motivato dal dettato costituzionale. Lo stesso può dirsi del resto di una serie di consuetudini che non sono in realtà previste nella Costituzione (es.: il mandato esplorativo).
Ma proprio in base a questa considerazione, si potrebbe azzardare una soluzione all’impasse istituzionale attuale. Dopo la bocciatura dell’Italicum e della riforma costituzionale, in Italia è ormai instaurato di fatto un sistema tripolare e proporzionale. È praticamente impossibile formare un governo senza un accordo in Parlamento o senza una coalizione molto ampia in fase elettorale (difficile da creare però in un sistema, appunto, tripolare). A causa di ciò, il ritorno al voto potrebbe forse modificare un minimo i rapporti di forza tra i partiti, ma non risolverebbe certo i nodi strutturali dell’attuale sistema politico. Anche una nuova legge elettorale in senso maggioritario è improbabile, perché le forze che potrebbero approvarla, Lega e M5S, propenderebbero in maniera antitetica su un premio di maggioranza alla coalizione o alla singola lista, con il rischio di non trovare una quadra.
In assenza di una presa di consapevolezza, da parte delle forze politiche, delle dinamiche proprie dal tripolarismo proporzionale, tornare al voto sarebbe quindi inutile. Non aiuta, tra l’altro, che Paolo Gentiloni abbia rassegnato le dimissioni da primo ministro, potendo quindi svolgere ora solo l’ordinaria amministrazione senza la possibilità, ad esempio, di emanare decreti legge.
Tuttavia, Mattarella potrebbe decidere di non sciogliere le Camere e di lasciare al suo posto Gentiloni, di fatto instaurando una prorogatio che non andrebbe in conflitto con la Costituzione. Una soluzione del genere, chiaramente, sarebbe solo l’extrema ratio di fronte all’attuale impossibilità di formare un governo, e andrebbe vista come una condizione temporanea. Il vantaggio di quest’opzione, però, sarebbe quello di non aumentare l’instabilità politica del paese con nuove elezioni che darebbero vita all’ennesimo hung parliament.
È chiaro che sul piano politico il Governo avrebbe ben poca legittimazione, ma proprio in virtù di ciò le forze parlamentari non avrebbero altra scelta se non far sorgere un governo, eletto dal nuovo Parlamento e con tutti i poteri che gli competono, o promulgare una legge elettorale che consenta di andare al voto evitando uno stallo come quello presente.
Così facendo, Mattarella metterebbe il Parlamento attuale, finora così irresponsabile, di fronte ad una scelta che non potrebbe essere elusa: accettare il proporzionale e agire di conseguenza, o superarlo.
Devi fare login per commentare
Login