Famiglia
Famiglie d’Italia
Tutti, in questo governo, a preoccuparsi della crescita demografica del Paese e ad auspicare famiglie italiche 100%, di quelle cioè in cui padre e madre sono italiani da più generazioni, che possano rifornire la penisola di una sana, forte, gloriosa progenie, in modo da rendere ancora una volta l’Italia piena di Fratelli e Sorelle. I nuovi italiani, ossia quelli spuri, sono di seconda mano, non vale la pena manco di prenderli in considerazione. Quelle famiglie, poi, omogenitoriali, pussa via, quelle sono schifezze, come disse l’attuale presidente della Camera dei Deputati. Parole sue, eh!
Vediamo un po’ come l’Italia se la caverebbe nel futuro con una popolazione meno densa di quanto sia oggi. Perché questo ci tocca. La curva della natalità va giù, giù, giù e d’altro canto dove potrebbe mai andare? Non è colpa della disgregazione della famiglia, perché ci sono famiglie solidissime e, tra queste, anche alcune piuttosto ricche, dove di figli se ne fanno a bizzeffe.
Conosco un direttore d’orchestra che ha avuto tre mogli e sette figli, in prevalenza cantanti liriche le mogli, succede quando si lavora in palcoscenico. Ma lui è ricco e tutti questi figli se li può permettere.
Conosco anche il mio fruttivendolo, persona assai amabile e onesta, di circa trentacinque anni, che ha già tre figli, con una sola moglie, però, e nonostante non navighi nell’oro.
Conosco anche alcune coppie omosessuali, sia maschili che femminili, che vorrebbero adottare dei bambini, ma non è loro concesso perché qualcuno si è opposto quando si discusse in Parlamento la legge sulle unioni civili. Ne conosco altre, sempre omosessuali, che hanno già dei figli, dell’uno o dell’altro coniuge o di entrambi, frutto di una vita passata, i quali per fortuna sono adulti e non avranno il problema dell’adozione del figliastro. E già, perché, tra tante altre cose, anche l’adozione del figliastro è stata negata alle coppie unitesi civilmente, da quegli sciagurati di una destra assolutamente incivile, la quale fece festa in Parlamento, non rendendosi conto che quei deputati stavano pisciando sulla testa dei cittadini, creando dei danni irreparabili.
Eppure, in un momento come questo, le coppie omogenitoriali sarebbero una risorsa per un paese in disarmo demografico, che paradosso. Ma, per l’appunto, le coppie omogenitoriali sono schifezze. Grazie, signor Fontana. Eccolo qui in tutto il suo splendore:
Le contraddizioni degli psicofascisti sono all’ordine del giorno perché costoro vorrebbero un Paese pullulante di infanti ma poi tagliano i fondi per gli asili nido e le scuole, impoveriscono la classe media più di quanto non abbiano fatto i predecessori, non facilitano le adozioni e non predispongono le condizioni per le famiglie, di ogni tipo e ogni misura, e i giovani, attraverso le quali si possa programmare una maternità ordinaria. Figuriamoci, poi, quella surrogata! Un abominio. Nemmeno, come dicevamo prima, le adozioni del figliastro per gli uniti civilmente (dal momento che il “matrimonio” è stato negato perché sarebbe stata una profanazione del sacramento, sebbene si sarebbe trattato, eventualmente, un matrimonio civile, che col sacramento non c’entra una minchia fritta). E poi, sempre gli stessi psicofascisti, si lamentano e agitano perennemente il frusto slogan Diopatriaeffamiglia invano, perché la realtà non è quella in cui pensano di vivere. Occhi chiusi spalancatamente, Eyes Wide Shut, ciechi totali, non si rendono conto che la società è molto più complessa e diversa di ciò che hanno in testa.
Oggi ci soffermiamo solamente sulla famiglia e lasciamo stare gli altri disastri (sebbene tutti collegati tra loro) di cui coloro sono autori, ogni giorno, instancabili, come se si divertissero a rompere i balocchi di chi li ha preceduti perché vogliono solamente i loro balocchi, mica roba di rigattiere.
La famiglia, in realtà, non sanno più manco loro che cosa sia. Quando c’era LUI, la famiglia era una cosa seria. Papà lavorava (LUI), mamma stava in casa a sgravare e poi a crescere i figlioli, mentre papà lavorava e impollinava un’amante dopo l’altra. Oppure mamma restava sola perché papà era andato in guerra e non era più tornato. Succedeva anche questo. E al piccolo balilla orfano non restavano che le adunate e le parate e una madre sempre vestita di nero.
Oggi che c’è LEI, le famiglie, nonostante lo slogan della triade trito e ritrito, ormai pure venuto a noia, forse anche agli stessi psicofascisti, visto che il modello della famiglia presidenziale è un po’ bizzarro, ben diverso da quello propugnato – formato da sole donne, in quanto il padre del Presidente, a un certo punto, se la dev’essere data a gambe levate -, sia quello di arrivo, ossia quello attuale, sempre del Presidente, e sempre di sole donne, una madre impegnatissima, almeno così si mostra, e una figlioletta che, in avvenire, probabilmente perpetuerà una famiglia senza figure maschili degne di nota, in quanto il padre giocherellone e distratto, più attento alle curve delle colleghe televisive, è stato messo alla porta dalla madre di pietra, sono disorientate.
Famiglia. Si fa presto a dire famiglia. Io ho spesso in mente il detto popolare parenti serpenti, anche perché frequentemente, nelle famiglie, soprattutto quelle tradizionali, l’ultima cosa che regna è l’armonia. L’amore è una realtà abbastanza sconosciuta, molte volte ci si è sposati o per riparazione o per superficialità, o per abbaglio. Poi accade anche che in quelle famiglie così timorate di Dio avvengano delitti sanguinolenti, con figli che uccidono genitori e fratelli e sorelle e nonni e magari anche l’amica di nonna in visita. Dio si prende chi gli è caro, si dice, e i figli, così bravi ragazzi il giorno prima, glielo regalano direttamente nelle sue mani, visto che i vecchi erano tanto devoti al Padre.
Le famiglie messe in scena, poi, hanno sempre qualcosa di grottesco. Mi viene in mente la famiglia di Buoso Donati, nell’opera di Puccini Gianni Schicchi, dove l’unica cosa che interessa a tutti è l’eredità. Molto fiorentina, dove ci si tenne e non si diede, tirchieria culturale.
Per non parlare delle famiglie delle favole, dove i genitori poveri, che non ce la facevano a sfamare i bambini, li facevano perdere nel bosco. Stiamo parlando di Hänsel e Gretel. Un modo distratto e non biasimabile per disfarsene.
Raramente il matrimonio avviene per convinta riflessione e perché si sia veramente voluta creare una famiglia secondo i canoni classici tanto cari a Meloni. Che poi, a pensarci bene, famiglia può essere una cosa bellissima, anche se formata da sole due persone che si vogliono bene, senza necessariamente bisogno di figli. L’importante è che ci sia amore, affetto, affinità, progettualità, empatia.
Ma ’sta cosa proprio non gli entra in testa al signor Presidente del Consiglio, così come non entra nelle meningi dei vari Pillon, Fontana, Binetti e tutti i paladini e paladine della Sacra Famiglia. Come se le famiglie diverse dal modello che tengono sul mobile di nonna sotto la campana di vetro togliessero loro qualcosa. Ci vorrebbe veramente una cura psichiatrica per questi esaltati, ma di quelle forti.
Tornando a come il governo stia venendo incontro (al contrario) alla demografia italiana possiamo solo dire che sta solo perdendo tempo e nascondendo i veri problemi del Paese dietro questo squallido teatrino di ruoli familiari da commedia vernacolare.
Come potrebbe essere un’Italia che perde abitanti? Come si svuoterebbe il territorio?
Nel 1960 la popolazione era di 50.600.000 abitanti circa. Nel 2023 è di 58.850.000 più oltre 5.000.000 risiedenti all’estero.
Non mi pare poi un così gran dramma, una decina di milioni di abitanti in meno.
Nel 1960 ce la facevamo, eccome se ce la facevamo. Anche nel 1960, come oggi, per sopravvivere, molti erano emigrati altrove, sia in Italia che all’estero, e le famiglie, dove i bambini non avrebbero potuto teoricamente fare a meno di un papà e di una mamma, come sostengono i famosi paladini, compresi quelli del Pro Vita, altra congrega di gente fuori dalla realtà, il papà spesso lo vedevano solo attraverso una fotografia o una cartolina, per chi sapeva scrivere. Chi si occupava di crescere i figli, in quei casi, erano le madri, rimaste nel paesello, mentre il padre mandava soldi da un altrove. E, comunque, i bambini crescevano lo stesso, magari capendo che la vita era difficile e bisognava impegnarsi per viverla.
Se tornassimo a 50.000.000 di italiani sarebbe poi una così immensa tragedia?
Io ricordo che, ad ogni modo, allora l’Italia era già densamente popolata, le città non erano così metastatiche e, soprattutto, i piccoli centri erano ancora abitati e vivi, esisteva un artigianato ormai svanito, esistevano tante occupazioni con cui la gente riusciva a vivere e a risparmiare qualcosa. E se non c’erano tutte le comodità, pazienza, si andava avanti.
In un’Italia meno popolata, molte case si svuoterebbero, probabilmente, e, forse, chi è senza casa potrebbe finalmente trovarne qualcuna. Molte scuole chiuderebbero o si accorperebbero, come già succede, e quindi ci sarebbe maggior disponibilità di soldi per un minor numero di scuole, che potrebbero essere meglio attrezzate e fornire anche un’educazione adeguata a piccoli gruppi di studenti anziché classi sterminate, come quelle di quando ero bambino. Gli edifici scolastici ormai in disuso potrebbero essere utilizzati per altri scopi, risparmiando un ulteriore consumo di territorio, riciclando l’esistente. Si potrebbero abbattere, senza timore di lasciare nessuno per strada, tutte le case abusive e ripristinare il territorio, anziché continuare a condonare abusi su abusi.
Nel frattempo le macchine aiuteranno l’uomo sempre di più e non ci sarà bisogno di molta manovalanza per l’agricoltura e l’industria, per esempio. Si potrebbe così dar lavoro alle persone per la salvaguardia del territorio, che richiederà molte energie. Si potrebbe tornare a produrre cose che attualmente producono la Cina o l’India, e riformare una classe artigiana di prima scelta, calmierando i prezzi, naturalmente, anche visto che la Via della Seta ormai s’affumò, come si dice in Sicilia. Forse i piccoli centri, colla tecnologia di cui disponiamo, potrebbero ripopolarsi, perché oggi non sarebbero più così isolati come sessant’anni fa. Forse in alcuni sta già avvenendo, perché la vita nelle città costa fin troppo per una classe media volutamente impoverita.
Certo, il mercato immobiliare speculativo potrebbe crollare, e sarebbe anche il caso, visti i prezzi degli affitti e degli acquisti ma, forse, finalmente le giovani coppie potrebbero davvero pensare di lasciare le rispettive famiglie e andare a vivere insieme. E magari pianificare anche un’eventuale dolce attesa.
Nuovi lavori potrebbero apparire all’orizzonte, i migranti ne troverebbero uno più facilmente – sempre che la parola migrante non diventi un definitivo spauracchio per gli italiani – e abbasserebbero la media dell’età anagrafica della popolazione.
Questa paura della decrescita demografica è qualcosa di irrazionale, legata alla paura di essere sostituiti da altri che coll’Italia non c’entrano nulla. Lo ribadisce Fontana nel video di sopra e lo ha detto, ahimè, il ministro cognato, la Lollo del Parlamento, “è in atto una sostituzione etnica”. Lo ha detto, lo ha detto, signora mia, anche se le sembrerà incredibile e inopportuno. Ma Lollo ignora probabilmente che la gente è sempre stata sostituita da altra gente e che l’Italia e il resto d’Europa sono il prodotto di un grande rimescolamento, da millenni. Chissà, indagando nell’albero genealogico del ministro cognato a chi e cosa si risalirebbe. Probabilmente all’australopiteco, come per molti altri. Se poi pensiamo che la popolazione europea ha avuto frequentissime fasi di ecatombi severe, dove la vita media era di quarant’anni al massimo, a causa di guerre, epidemie, cataclismi, crisi climatiche e conseguenti carestie, cosa vuoi che sia se perdiamo popolazione per cause naturali di decessi per vecchiaia?
Chissà perché gli psicofascisti, ma non solo loro, non vogliono vedere queste realtà e non riescono a immaginare qualcosa che sia diverso da loro stessi qui e ora. La voglia di perpetuare il proprio presente – e di ancorarlo a un punto, probabilmente fissato da qualche parte nel passato e idealizzato, dal quale non ci si smuove per nessuna ragione – è talmente forte che coloro sono incapaci di qualsiasi visione. Mancano, nella sterminata lista di cose di cui sono sprovvisti, di una visione a colori, come fossero daltonici o come quegli abitanti dell’isola di Pingelab, nel Pacifico, a ovest delle Hawaii, che hanno tutti l’acromatopsia congenita, una patologia che fa loro vedere tutto in bianco e nero. Più nero che bianco, vista l’ideologia, per i nostri politici. L’arcobaleno è a loro negato, che tristezza. Forse gli psicofascisti sono abituati a riunirsi in circoli e a parlare solo tra loro, quanto sei fica tu, come sono fico io, quanto sei intelligente tu, quanto sono astuto io, come sono sapiente io e come sei informata tu, e tra un cicicì e un cicicià se la cantano e se la suonano, in masturbazioni reciproche. Provinciali, ma nemmeno, la provincia è già uno spazio troppo esteso rispetto a quello in cui si muovono. Condominiali, direi. Come i poveri, pochi, abitanti dell’isola di Pingelab, su cui Oliver Sacks ha scritto il libro L’isola dei senza colore.
Andrà a finire che compatiremo gli psicofascisti come menomati e che li scuseremo per queste loro mancanze, sono acromatici, poveretti. Nel frattempo io mi unisco a tutti quelli che gridano Viva l’Italia antifascista, insieme al loggionista della Scala che, per questo, è stato identificato dalla Digos perché dire antifascista, oggi, in Italia sta per diventare reato mentre dire fascista allo stesso tempo diventerà un complimento, come rivendica con orgoglio Daniela Santanchè, ministro fascista del turismo .
https://www.youtube.com/watch?v=V7MhBqNLzyU
P.S. il grido antifascista del loggionista non è piaciuto nemmeno a Salvini, comme d’habitude, il quale ha dichiarato che chi urla a teatro ha dei problemi, sconoscendo che nei teatri si urla eccome, da sempre. Urlavano Viva Verdi, nell’Ottocento. Ma sicuramente Salvini, come tante altre cose, lo ignora.
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