Ambiente
Emergenze: il Governo non ha ancora individuato gli interventi
«75 miliardi in 15 anni. Per la prima volta un Governo pianifica la prevenzione strutturale», era il roboante incipit del comunicato di Palazzo Chigi del 24 novembre dello scorso anno , con cui veniva annunciato un imponente piano di prevenzione e infrastrutturazione del Paese. Imperniato, in particolare, su un super-fondo da 47,5 miliardi, di cui la stessa nota stampa anticipava la suddivisione: «9,8 miliardi per la lotta al dissesto idrogeologico, 6,8 miliardi per l’edilizia scolastica, 7 miliardi per la ricostruzione post terremoto centro Italia e 11,6 miliardi di incentivi per i privati per ristrutturazioni antisismiche e di efficienza energetica».
«Da Italia Sicura a Casa Italia», aveva allora affermato il ministro Graziano Del Rio, «il Governo ha iniziato da subito a prendersi cura del territorio e delle città, a fianco dei cittadini e dei sindaci, sbloccando risorse e con una programmazione solida e estesa nel tempo».
La legge di bilancio varata l’11 dicembre ha coerentemente istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo – fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese – , con una dotazione complessiva di ben 44.550 milioni di euro: 1.900 milioni di euro previsti per l’anno 2017, 3.150 milioni per l’anno 2018, 3.500 milioni per l’anno 2019 e 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032.
L’ambito operativo del super-fondo è stato reso assai ampio e comprende una moltitudine di settori, riportati dal comma 140 dell’articolo 1 della manovra 2017: «a) trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie; b) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; c) ricerca; d) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; e) edilizia pubblica, compresa quella scolastica; f) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; g) informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria; h) prevenzione del rischio sismico; i) investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia; l) eliminazione delle barriere architettoniche».
Appare arduo individuare il filo rosso che tiene assieme, ad esempio, informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria, fognatura, barriere architettoniche e sostegno alle esportazioni. Ma, al di là di ciò, resta un fatto grave, opportunamente segnalato da una interrogazione firmata da Francesco Laforgia e da tutti i componenti del gruppo Articolo 1- Movimento Democratico e Progressista (MDP) a Montecitoio: a quasi tre mesi dal varo del fondo, mancano ancora i decreti attuativi.
L’operatività del fondo deve essere infatti disciplinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che individuano gli interventi da finanziare.
«Per definire la proposta di riparto del Fondo», ha risposto il ministro Pier Carlo Padoan in aula all’atto ispettivo di MDP, «il MEF ha avviato una serie di interlocuzioni con le singole amministrazioni, a seguito delle quali i Ministeri hanno formulato le proprie richieste […] Tali richieste, che in molti casi sono pervenute solo molto di recente e per un importo complessivo largamente superiore alla disponibilità del Fondo, hanno necessitato di una puntuale fase istruttoria, al fine di pervenire, in tempi brevi, alla formulazione di una proposta di riparto compatibile con le risorse disponibili e che tenga conto delle priorità negli interventi».
A questo punto non resta che attendere “i tempi brevi” evocati da Padoan. E sperare che non siano vere le voci di un “mercato delle vacche” in atto da settimane tra ministeri, Regioni e comuni per “spartire” la torta dei 45 miliardi.
@albcrepaldi
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