Governo
E se Renzi avesse sbagliato i calcoli?
Nel provare a capire chi avrebbe potuto essere il prossimo presidente della Repubblica ho completamente mancato il bersaglio. E questo anche perché pensavo che mai Renzi avrebbe “tradito” Berlusconi e individuato l’uomo per il Colle senza concordarlo all’interno del Patto del Nazareno. Mettere a rischio il rapporto privilegiato con Forza Italia (che non riguarda solo la riforma elettorale e del Senato, ma garantisce anche aiuti nel momento del bisogno, come si è visto in certe strategiche uscite dall’aula) nel momento in cui la strada per le riforme si era messa finalmente in discesa mi sembrava un azzardo che mai il premier avrebbe preso.
Le cose, invece, sono andate diversamente. E al di là del fatto che la resurrezione del patto del Nazareno (a tempo debito) non si può certo escludere, la novità è che oggi Renzi deve fare affidamento sulla minoranza interna del Pd, su alcuni senatori dei gruppi più piccoli, che hanno tutte le intenzioni a far durare la legislatura il più possibile, e sugli ex del Movimento 5 Stelle, che al Senato (dove cioè i numeri ballano) sono pure in ordine sparso. Renzi ostenta sicurezza (per la serie: “I numeri ci sono”), ma il tempestivo approdo di Scelta Civica all’interno del Pd è il primo segnale che sotto sotto i timori albergano, eccome.
D’altra parte era molto più semplice trovare un’intesa con il solo Berlusconi – a cui spettava poi il compito di assicurarsi il voto favorevole dei suoi parlamentari (in maggioranza fedeli al Cavaliere) – rispetto alla situazione che si prospetta oggi: trovare un accordo con forze politiche diverse, che hanno interessi diversi, e che non hanno un riferimento unico con cui andare a trattare. Una bella gatta da pelare, tanto più visti i nervosismi del Nuovo Centrodestra.
Nelle dinamiche politiche ci sono alcuni segnali che stanno a indicare il momento in cui chi è al governo deve iniziare a temere. Il primo momento è quello in cui un esponente del governo spiega che “la maggioranza ha i numeri”, dichiarazione che già in sé contiene il dubbio che quei numeri non ci siano, altrimenti sarebbe assolutamente superflua. Il secondo momento è quello in cui i grandi quotidiani iniziano a fare i calcoli su questi numeri: i possibili approdi, la “campagna acquisti”, i margini di sicurezza risicati e quant’altro. L’ultimo e più pericoloso segnale è il momento in cui su qualche altro grande quotidiano compare l’immancabile retroscena sulla possibile crisi di governo e su chi potrebbe prendere il posto del premier in carica (con l’alternativa del ritorno alle urne). Quando questo avviene, di solito, è il momento in cui la clessidra del governo viene girata e il conto alla rovescia ha inizio. I primi due di questi tre segnali si sono già avverati. Il terzo, per il momento, è ancora parecchio lontano.
La prova di forza di Renzi nell’indicare Mattarella gli ha portato elogi sperticati, l’ha fatto risalire nei sondaggi e negli indici di gradimento; ciononostante il premier sembra per la prima volta in difficoltà, indebolito, costretto (lui, che è davvero allergico a queste cose) a inseguire i senatori di Scelta Civica, elogiandoli, per evitare brutte sorprese. Renzi ha dimostrato più di una volta di saper essere spregiudicato fino al punto limite. Ma quando ci si spinge troppo spesso fino al limite, il rischio di sbagliare i propri calcoli è sempre in agguato. Al momento, la migliore garanzia della tenuta di governo è l’immagine forte di Renzi. Farà bene a tenersela stretta.
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