Governo

E’ in corso lo sciopero generale contro il sindacato

12 Dicembre 2014

Questa volta i manifestanti non se li fila nessuno, e se ci si incappa i sentimenti che, a seconda delle sensibilità, animano gli spettatori di uno sciopero (siano essi  per gradi la condivisione,  la simpatia,  la sopportazione o la aperta contestazione) sono di dissenso nemmeno silenzioso.

Un sindacato nasce per difendere gli interessi dei lavoratori e trattare con i datori di lavoro, lo sciopero trova sue precise tutele e negli anni ha visto sui cancelli delle fabbriche anche parecchi abusi, progressivamente scemati a partire dagli anni ’80 sia per il calo di presenza sindacale nelle aziende sia per il progressivo trasferimento del tavolo di discussione alla presenza del governo secondo la logica consociativa. Che si sia arrivati ad uno sciopero generale nel quale i cittadini pagano la lotta di potere tra il sindacato più rappresentativo e il Governo,  non la contrapposizione con gli imprenditori, la dice lunga sulla impopolarità che sta circondando le manifestazioni in giro per le città e sul mutamento profondo del ruolo dei sindacati.  Nei tempi che furono, un conflitto forte tra governo e CGIL si verificò con un altro Premier di sinistra, Bettino Craxi, all’epoca del referendum sulla Scala Mobile ma quel gigante che fu Luciano Lama, non apprezzando Enrico Berlinguer che lo sollecitava, ben se ne guardò dal dichiarare lo sciopero generale contro il governo e in qualche modo salvò la sua organizzazione dalla sconfitta totale in cui si infilò il PCI.

Susanna Camusso, stretta tra Landini e Renzi, non ha avuto la capacità e la leadership per chiamarsi “sopra”, “fuori” dalla contesa offrendo una soluzione non conflittuale di alto profilo,  diventando Lei un leader riformista ma è rimasta colpevolmente incastrata in una vicenda da cui uscirà con le ossa rotte: minoranza tra i lavoratori e minoranza sociale nel Paese. Ognuno sceglie il suo destino, forse ciò che cade oggi non è il totem dell’Articolo 18 ma l’accreditamento della CGIL come interlocutore  “forte” del governo e come voce sociale di un paese impoverito. Per carità, si siederà sempre al tavolo ma il ruolo sarà derubricato a espressione della minoranza del PD.

E’ una debacle di dimensioni inusitate, se la CGIL perde questo ruolo storico  in un momento di diffusa paura sul futuro e di tassi di disoccupazione record. Ma sta purtroppo nella natura della CGIL non aver mai voluto capire e coprire il ceto medio (ve lo ricordate lo sberlone arrivato dalla marcia dei 40.000 che ceto medio torinese era?), i giovani e i contratti non a tempo indeterminato; e se proprio ceto medio doveva tutelare era quello composto dai pensionati.  Matteino, che ha mani molto più libere, raccoglierà invece il diffuso malcontento verso il sindacato, sarà interprete nonostante le scemenze di Lupi, di chi oggi non riuscirà a viaggiare e di chi vedendo passare il corteo attribuirà proprio al sindacato la responsabilità della propria non felice situazione. I “capi” sul lavoro giudicheranno negativamente e stavolta ad alta voce quelli che si sono assentati di venerdí  perché non è più un tabù dire che uno sciopero di mercoledì non si è mai visto.

Dall’altro lato l’ala più radicale ne sarà apparentemente tonificata, salvo rendersi conto domani che non avrà ottenuto nulla e un sindacato che non ottiene non è un sindacato nemmeno per i suoi iscritti.  E allora scaricherà la Camusso perché Landini dirà che non basta, bisogna fare di più contro questo governo e le frizioni interne alla CGIL non si attenueranno.

E gli imprenditori potranno dire: “ve lo abbiamo sempre detto….”

Complimenti, complimenti  davvero al direttivo CGIL che ha varato uno sciopero generale contro se stesso: hanno weberianamente dimostrato che le burocrazie non sanno cambiare la propria cultura nemmeno davanti al loro baratro e, pensando di salvare col totem la propria anima, come dannati marciano invece  verso la condanna infernale, consolati dal colore rosso antico delle fiamme dell’Averno e lasciando quella parte del Paese, che in una democrazia di un sindacato avrebbe bisogno, ancor più sola nel suo disagio.

 

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